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L'omicidio realizzato a seguito di atti persecutori: concorso di norme o reato complesso?

nota di Mariarita Cupersito

 

Con la sentenza Cass. Pen., SS.UU., 26 ottobre 2021, n. 38402, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno esaminato la natura del delitto di omicidio aggravato per essere stato commesso dall’autore del reato di atti persecutori, dando risposta al quesito “se, in caso di omicidio commesso dopo l'esecuzione di condotte persecutorie poste in essere dall'agente nei confronti della medesima persona offesa, i reati di atti persecutori e di omicidio aggravato ai sensi dell'art. 576, comma 1, n. 5.1 c.p. concorrano tra loro o sia invece ravvisabile un reato complesso, ai sensi dell'art. 84, comma 1, c.p.
La conclusione cui sono pervenuti i giudici di legittimità è che tale fattispecie integri un reato complesso, in ragione della unitarietà del fatto.
La pronuncia rappresenta il punto di arrivo di un dibattito interpretativo, sviluppatosi nel corso di un anno, incentrato sul rapporto tra la fattispecie di omicidio aggravato e il delitto di atti persecutori di cui all’art. 612-bis c.p., ma al cui centro si colloca l’istituto del reato complesso di cui all’art. 84 c.p.; la soluzione delineata dalle Sezioni Unite, infatti, si basa proprio sui profili dogmatici di tale istituto attraverso i quali si è ritenuto di dover escludere il concorso tra i reati in esame.
Un primo orientamento (Cass. pen., sez. I, 14/05/2019 n. 20786) ritiene che la circostanza aggravante di cui all’art. 576, comma 1, n. 5.1 c.p., abbia natura soggettiva in quanto fondata sull'identità dell'autore dei due reati invece che sulla relazione tra i reati stessi, concludendone che l'elemento aggravante non sia pertinente alla condotta.
Secondo tale orientamento, ai fini della configurabilità del reato complesso di cui all’art. 84, c.p., è necessaria l'interferenza fra le norme incriminatrici su un fatto oggettivo che sia comune agli ambiti applicativi delle stesse. L'attenzione normativa è dunque concentrata sui fatti, dovendosi intendere con tale espressione i profili oggettivi e non anche la relazione soggettiva tra il fatto e il suo autore, posto che il rapporto è tra eventi umani.
Questa conclusione troverebbe conferma dal raffronto tra la circostanza aggravante in questione e quella di cui al n. 5 dello stesso  art. 576 c.p. (l’aver commesso il fatto “in occasione della commissione di taluno del delitti previsti dagli artt. 572, 600-bis, 600-ter, 609-bis, 609-quater e 609-octies”) basata su un legame tra reati esplicitamente escluso nel caso di omicidio commesso dall’autore del reato di atti persecutori.
La riconducibilità del caso alla previsione dell'art. 15 c.p. sarebbe da escludersi, infine, per l'insussistenza del rapporto di specialità che la richiamata norma presuppone. Come precisato da Cass. pen., Sez. Un., n. 20664/2017, Stalla, l’art. 15 c.p. richiede che fra le norme richiamate dal caso concreto vi sia un rapporto di specialità in astratto, che pacificamente non figura fra le incriminazioni di omicidio volontario ed atti persecutori. Non assume rilievo neanche la clausola di riserva di cui all’art. 612-bis, comma 1, c.p. (“salvo che il fatto costituisca più grave reato”), data la diversità oggettiva tra il fatto che integra il delitto di cui all'art. 575 c.p. e quello riconducibile allo stesso art. 612-bis c.p., che oltretutto differiscono anche per avere rispettivamente natura istantanea e abituale.
Un secondo orientamento (Cass. Pen, sez. III, 13/10/2020, n. 30931) avalla invece l’ipotesi del reato complesso in cui la fattispecie dell’omicidio aggravato assorbe il disvalore degli atti persecutori, argomentando che ad aggravare il reato di omicidio non è la sua commissione da parte del persecutore in quanto tale, bensì che l’omicidio sia preceduto dalle condotte persecutorie.
Elemento costitutivo della circostanza aggravante è che l’autore del reato di omicidio è la stessa persona che ha compiuto gli atti persecutori ai danni della medesima vittima; ciò comporta che il reato di cui all’art. 612-bis c.p., rientri totalmente nella fattispecie aggravante e che la relativa pena sia aggravata non perché l'omicidio è commesso da un persecutore, ma perché tale delitto è preceduto da una condotta persecutoria della quale l’omicidio costituisce l'esito.
In tale prospettiva, il concorso dei due reati porterebbe invece ad addebitare per due volte il disvalore degli atti persecutori al soggetto agente.
Le Sezioni Unite hanno aderito a questo secondo orientamento, escludendo innanzi tutto la sussistenza del rapporto di specialità di cui all’art. 15 c.p. tra le due fattispecie incriminatrici.
Riprendendo le pronunce Cass. pen. Sez. Un., n. 20664/2017, Stalla, Cass. pen. Sez. Un., n. 1963/2011, Di Lorenzo, e Cass. pen. Sez. Un., n. 1235/2011, Giordano, i giudici confermano che l’applicabilità di una sola delle ipotesi incriminatrici ricorre solo nel caso in cui, confrontando le fattispecie astratte e gli elementi costitutivi che le definiscono, debba escludersi il presupposto della convergenza di norme.
I due delitti in esame, l’omicidio volontario e gli atti persecutori, non hanno elementi in comune né sotto il profilo della condotta, né dell’evento né per quanto riguarda il bene giuridico tutelato; il delitto di atti persecutori è inoltre punibile nel caso in cui il fatto non costituisca più grave reato, come può appunto considerarsi il reato di omicidio.
Esclusa l’applicazione dell’art. 15 c.p., le Sezioni Unite trovano la soluzione al quesito nell’art. 84 c.p., per la cui configurabilità così come delineato dal legislatore è richiesta la coesistenza di tre condizioni: che la circostanza aggravante del reato complesso abbia ad oggetto "un fatto oggettivamente identificabile come tale"; che tale fatto sia previsto come reato da una diversa norma incriminatrice e inserito "nella completa configurazione tipica" nella struttura del reato complesso; che esso, infine, sia previsto dalla norma incriminatrice configurante il reato complesso "quale componente necessaria della relativa fattispecie astratta, non essendone rilevante l'eventuale ricorrenza nel caso concreto quale occasionale modalità esecutiva della condotta".
Ulteriore elemento necessario per la configurabilità del reato complesso è ravvisabile nell’unitarietà dell’azione complessiva che include i fatti criminosi.
Tale unità è ravvisabile quando l’azione "si presenta come articolata non solo nella contestualità dei singoli fatti criminosi sussunti della fattispecie assorbente, ma anche nella loro collocazione in una comune prospettiva finalistica" escludendo i casi in cui tra i due reati vi sia un mero rapporto di contingenza o occasionalità).
Basandosi su tale ricostruzione dell’Istituto del reato complesso, le Sezioni Unite riconducono l’omicidio volontario aggravato ai sensi dell’art. 576, comma 1, n. 5.1 , c.p. nell’alveo dell’art. 84 c.p. argomentando che la fattispecie del reato di atti persecutori è richiamata nella previsione circostanziale mediante la citazione della relativa norma incriminatrice, nonché che la circostanza aggravante attribuisce analogo risalto all'essere i due reati diretti contro la medesima persona, e quindi all'identità della vittima dei reati.
Le Sezioni Unite osservano poi che la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 612-bis c.p. è riportata all'interno della fattispecie aggravante nella sua integrale tipicità. L’omicidio volontario è dunque aggravato non per le caratteristiche personali del soggetto agente, cioè l’essere persecutore, ma per la sua condotta, cioè il fatto persecutorio commesso. Tale fatto costituisce appunto la fattispecie astratta di reato complesso in forma circostanziata. “Il fatto persecutorio è in quanto tale, e non solo per il suo significato in termini di capacità criminale del soggetto agente, (...) costitutivo della fattispecie astratta di un reato a questo punto complesso nella forma circostanziata", concludono i giudici. Interpretazione confermata anche nel contenuto dei lavori preparatori al d.l. 11/2009, introduttivo della circostanza aggravante esaminata: scopo del legislatore era infatti quella di punire con maggiore incisività un unico fatto inteso nel suo complesso e ritenuto meritevole di un aggravamento di pena "per la sua oggettiva valenza criminale, ossia lo sviluppo omicidiario di una condotta persecutoria". La ragione di questo stesso aumento di pena previsto dall'art. 576, co. 1, n. 5.1, cod. pen., risiede nella considerazione che l'omicidio della vittima rappresenta l'esito finale di un iter criminoso scaturito proprio tramite modalità persecutorie. La Cassazione compone dunque il richiamato contrasto giurisprudenziale, concludendo che "la fattispecie in esame presenta le caratteristiche strutturali del reato complesso circostanziato, che include il reato di atti persecutori in una specifica forma aggravata del reato di omicidio" in cui gli atti persecutori e l'omicidio "presentano non solo contestualità spazio-temporale, ma si pongono altresì in una prospettiva finalistica unitaria”.

Sezione: Sezioni Unite

(Cass. Pen., SS.UU., 26 ottobre 2021, n. 38402)

stralcio a cura di Giovanni de Bernardo 

“1. La questione rimessa alle Sezioni Unite può essere formulata nei seguenti termini: "Se, in caso di omicidio commesso dopo l'esecuzione di condotte persecutorie poste in essere dall'agente nei confronti della medesima persona offesa, i reati di atti persecutori e di omicidio aggravato ai sensi dell'art. 576 c.p., comma 1, n. 5.1 concorrano tra loro o sia invece ravvisabile un reato complesso, ai sensi dell'art. 84 c.p., comma 1". (…) La soluzione del quesito richiede a questo punto una preliminare riflessione sulla fattispecie del reato complesso, come tale nominata nella rubrica dell'art. 84 c.p., e descritta, nel comma 1 di detto articolo, quale sussunzione, come elementi costitutivi o circostanze aggravanti di un reato, di fatti di per sé costituenti autonomi reati. 4.1. (…) nel testo della norma citata si individuano chiaramente due distinte ipotesi, rispettivamente denominate in dottrina come "reato composto", costituito da elementi che di per sé integrererebbero altre figure criminose, e come "reatocomplesso circostanziato", nel quale, ad una fattispecie-base, distintamente prevista come reato, si aggiunge quale circostanza aggravante un fatto autonomamente incriminato da altra disposizione di legge. La seconda di tali ipotesi è quella che evidentemente ricorrerebbe nel caso proposto alle Sezioni Unite secondo una delle interpretazioni giurisprudenziali in contrasto, per la quale il reato-base di omicidio volontario è aggravato dalla commissione di un fatto costituente il diverso reato di atti persecutori. (…) 4.2. E' in primo luogo necessario che l'elemento costitutivo o la circostanza aggravante del reato complesso abbiano ad oggetto un fatto oggettivamente identificabile come tale. Ne segue che la fattispecie in esame non ricorre allorché la norma incriminatrice, in tesi assorbente, consideri in questa prospettiva una mera qualificazione soggettiva del soggetto agente. (…) 4.3. Occorre, altresì, che il fatto di cui sopra sia inserito nella struttura del reato complesso nella completa configurazione tipica con la quale è previsto quale reato da altra norma incriminatrice. (…) 4.4. Il fatto deve, infine, essere previsto dalla norma incriminatrice, che si assume configurare un reato complesso, quale componente necessaria della relativa fattispecie astratta, non essendone rilevante l'eventuale ricorrenza nel caso concreto quale occasionale [continua ..]

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