Argomento:
Riparazione per ingiusta detenzioneSezione:
Sezione Semplice
(Cass. Pen., Sez. IV, 20 luglio 2022, n. 28452)
Stralcio a cura di Giulio Baffa
“2. A seguito dell’intervento della Corte Costituzionale con la sentenza n. 310 del 1996, l’art. 314 c.p.p., è stato dichiarato illegittimo nella parte in cui non prevede il diritto all’equa riparazione anche per la detenzione ingiustamente patita a causa di erroneo ordine di esecuzione, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., e per violazione dell’art. 5 della Convenzione E.D.U., che prevede il diritto alla riparazione a favore della vittima di arresto o di detenzioni ingiuste senza distinzione di sorta.3. In ordine ai presupposti per il riconoscimento del diritto, l’interprete ha adottato un iniziale criterio, in base al quale il diritto alla riparazione non è configurabile ove la mancata corrispondenza tra pena inflitta e pena eseguita sia determinata da vicende, successive alla condanna, che riguardano la determinazione della pena eseguibile (…). Tale indirizzo faceva espresso rinvio alla sentenza Corte Cost. n. 219 del 2 aprile 2008 con la quale la Consulta (in un caso di pena definitivamente inflitta in misura inferiore alla custodia cautelare sofferta) aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 314 c.p.p., nella parte in cui condizionava il diritto all’equa riparazione al proscioglimento nel merito dalle imputazioni, ritenendo che in quella sede, in definitiva, il giudice delle leggi avesse legittimato le soluzioni offerte dal giudice di legittimità con riferimento ai casi di reati prescritti o di amnistia e remissione di querela. Sulla scorta di tale lettura del dato normativo, quindi, si era ritenuto che, in tali ipotesi, il diritto alla riparazione potesse essere riconosciuto, ove la durata della custodia cautelare sofferta fosse superiore alla misura della pena astrattamente irrogabile o irrogata, ma solo nei limiti dell’eccedenza (…). Con la conseguenza che il diritto all’equa riparazione veniva, invece, escluso in tutti i casi in cui la mancata corrispondenza tra detenzione cautelare e pena eseguita conseguisse a vicende posteriori alla condanna, connesse al reato o alla pena ((…), principio affermato in relazione ad un caso di ammissione al beneficio della liberazione anticipata, cui era conseguita la riduzione della pena originariamente inflitta con eccedenza, quindi, della detenzione subita in concreto dal condannato).4. Nelle successive pronunce, tuttavia, la Corte di legittimità si è orientata [continua ..]
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