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Scriminante della legittima difesa domiciliare: occorre che l´arma sia detenuta legittimamente

Vittorio Marcello Chindamo 

L’arresto giurisprudenziale in esame nasce dal ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’Assise d’Appello ha confermato la condanna ai danni dell’imputato per omicidio volontario, già inflitta dal Giudice di prime cure, escludendo l’applicabilità, al caso di specie, dell’art. 52 c.p., che consente la c.d. legittima difesa “domiciliare”.

Tale scriminante, introdotta con legge 13 febbraio 2006 n. 59 e recentemente novellata ad opera della legge 26 aprile 2019 n. 36, si colloca ai confini tra la legittima difesa e l’uso legittimo delle armi.

I due interventi legislativi, hanno modificato gli artt. 52 e 55 c.p., introducendo nuove disposizioni fondate sul diritto dei privati all’autodifesa nel proprio domicilio o, comunque, in un luogo ad esso equiparabile.

In particolare, stando all’attuale formulazione dell’art. 52, II comma c.p., in caso di violazione di domicilio, sia che il soggetto si introduca nell'abitazione altrui o in un altro luogo di privata dimora (art. 614, co. 1, c.p.) sia che vi si trattenga contro la volontà di chi ha diritto di escluderlo (art. 614, co. 2, c.p.), sussiste sempre il rapporto di proporzione tra offesa e difesa se taluno, legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati, usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo “al fine di difendere la propria o altrui incolumità, o i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione”.
In sostanza, al ricorrere dei requisiti suddetti, il giudice non avrà ragione di apprezzare la proporzionalità nella reazione.

Il nuovo lemma “sempre”, dopo la parola “sussiste”, ha dato origine, a seguito della novella del 2019 che lo ha introdotto, a non poche divergenze interpretative, dal momento che, nel suo significato più strettamente letterale, pare che, fermi gli altri presupposti della scriminante, il rapporto di proporzionalità tra difesa e offesa sia presunto in ogni caso.

La presunzione diventa ancora più ampia - perché relativa non solo ad uno (la proporzionalità) ma a tutti i requisiti della scriminante (attualità del pericolo, inevitabilità e proporzionalità della reazione) - in riferimento al nuovo art. 52, IV comma, c.p. che ha introdotto un’ipotesi ulteriore, relativa ai casi di violazione di domicilio aggravata (art. 614, co. 4, c.p.) posta in essere con violenza, minaccia o uso di armi da parte di una o più persone.

La I Sezione della Corte di Cassazione, relativamente al caso esaminato, si è espressa nel modo seguente: “Quanto all'innovazione costituita dall'inserimento ex novo di un comma 4 dell'art. 52 c.p., a proposito del quale si è parlato di legittima difesa "presunta" ("Nei casi di cui ai commi 2 e 3 agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone"), è stato affermato che essa "non consente un'indiscriminata reazione contro colui che si introduca fraudolentemente nella dimora altrui, ma postula che l'intrusione sia avvenuta con violenza o con minaccia dell'uso di armi o di altri strumenti di coazione fisica, così da essere percepita dall'agente come un'aggressione, anche solo potenziale, alla propria o altrui incolumità, atteso che solo quando l'azione sia connotata da tali note modali può presumersi il rapporto di proporzione con la reazione"

Di tal che, è stata presa in considerazione, innanzitutto, la violazione di domicilio ai danni dell’imputato.

A tal riguardo, la Suprema Corte ha avallato la tesi difensiva in forza della quale il delitto in questione si sarebbe sì consumato, ma nella forma di cui al comma 2 dell’art. 614: la persona offesa infatti, invitata ad entrare, si sarebbe poi trattenuta all’interno del domicilio dell’imputato contro l’espressa volontà di quest’ultimo.

In secondo luogo, all’esito della colluttazione sorta tra i due, l’imputato ha estratto una pistola ed esploso tre colpi, uno dei quali aveva colpito mortalmente la vittima.

È stato accertato, però, che l’arma in questione non era legittimamente detenuta: per tale ragione, i Giudici hanno escluso la sussistenza dei requisiti della c.d. legittima difesa "domiciliare".

Tale requisito, in effetti, si pone in rapporto di coerenza con una legislazione nazionale molto severa in materia di armi.

Occorre ricordare che la stessa definizione strutturale della fattispecie scriminante di cui all'art. 52 c.p., comma 2, richiede che la condotta difensiva sia compiuta da persona "legittimamente presente" nei luoghi oggetto dell'illecita intrusione o dell'illecito trattenimento e che, eventualmente, faccia uso di un'arma "legittimamente detenuta”. Secondo gli Ermellini: “Il doppio ricorso all'avverbio "legittimamente" nella stessa disposizione esprime un'evidente esigenza di coerenza interna della norma, che sarebbe vanificata da un'insanabile contraddizione qualora si ammettesse che una "legittima" presenza all'interno dei luoghi di cui all'art. 614 c.p. potesse accompagnarsi all'uso di un'arma "illegittimamente" detenuta”.

Il legislatore, dunque, proprio perché la legittima difesa, anche e soprattutto nella sua versione "domiciliare", è e resta una facoltà di autotutela riconosciuta al consociato dall'ordinamento, ha inteso vincolare il rapporto di "proporzione" di cui al comma 1 alla presenza di due parametri di stretta legalità: la presenza "legittima" all'interno dei luoghi previsti dall'art. 614 c.p. e l'uso di un'arma "legittimamente" detenuta.

La pronuncia della Suprema Corte è da accogliere con favore, avuto riguardo alla corretta interpretazione letterale della norma nonché ad una sua lettura costituzionalmente orientata e, pertanto, improntata ai principi cardini dell’ordinamento penale italiano.

Il fondamento politico-criminale della legittima difesa, infatti, va rinvenuto in un bilanciamento di interessi contrapposti, rispetto al quale il legislatore privilegia l'interesse dell'aggredito a difendersi a quello dell'aggressore, purché la difesa avvenga nei limiti stabiliti dall'art. 52 c.p.: in presenza di un'aggressione ingiusta, deve esservi una reazione legittima e proporzionata.

D’altronde, riconoscere una facoltà di autotutela in capo ai singoli consociati senza “preoccuparsi” dei relativi presupposti applicativi, non sarebbe coerente con la natura dell’autotutela stessa nella forma della legittima difesa, che deve considerarsi un’alternativa del tutto eccezionale rispetto all’intervento della forza pubblica al fine di reprimere eventuali reati: solo in presenza di stringenti requisiti legali, infatti, una condotta illecita può ritenersi “scusata”, per quanto potenzialmente lesiva del bene vita, tutelato dall’art. 2 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.

In conclusione, l’obbligo di rispettare il diritto alla vita - come già osservato nel 2020 dalla Suprema Corte con sent. n. 13191 - “non solo non tollera presunzioni di necessità” ma impone “una puntuale e concreta verifica della necessità della condotta realizzata per la quale è invocata la scriminante della legittima difesa”.

Argomento: Del reato consumato e tentato
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Pen., Sez. I, 27 aprile 2021, n. 15851)

stralcio a cura di Ilaria Romano

“2.1. Va premesso che la legge 26 aprile 2019, n. 36, ha introdotto delle ulteriori modifiche nella struttura della scriminante della legittima difesa, dopo quelle già apportate all'art. 52 cod. pen. dalla legge 13 febbraio 2006, n. 59 (cd.legittima difesa “domiciliare"), ampliandone l'area applicativa in modo da determinare, a date condizioni, il venir meno dell'antigiuridicità del fatto. Sull'argomento è utile dar conto di alcune recenti e condivisibili pronunce emesse da questa Corte di legittimità che, con riguardo alla prima modifica - costituita dall’inserimento dell'avverbio "sempre" nel testo del comma secondo, precedentemente aggiunto (insieme al terzo) dalla I. n. 59/2006 ("Nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere": cd. legittima difesa "domiciliare") -, ha precisato trattarsi di una parola semplicemente rafforzativa della "presunzione di proporzione" già prevista dalla norma, e ne ha chiarito il significato complessivo nel senso che l'uso di un’arma, legittimamente detenuta, rappresenta sempre reazione proporzionata nei confronti di chi si sia illecitamente introdotto, o illecitamente si trattenga, all'interno del domicilio o dei luoghi a questo equiparati, solo «a patto che il pericolo dell'offesa ad un diritto personale o patrimoniale sia attuale e che l'impiego dell'arma sia concretamente necessario a difendere l’incolumità propria o altrui, ovvero anche soltanto i beni, ma, in tale ultima ipotesi, deve ricorrere un pericolo di aggressione personale e non deve esservi desistenza da parte dell’intruso» (…). Quanto all'innovazione costituita dall'inserimento ex novo di un quarto comma dell’art. 52 cod. pen., a proposito del quale si è parlato di legittima difesa "presunta" ("Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone"), è stato affermato che essa «non consente un'indiscriminata reazione contro colui che si introduca fraudolentemente nella dimora altrui, [continua ..]

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