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Abbandono e maltrattamento di animali: la Cassazione chiarisce i limiti tra le due fattispecie

Simone Rizzuto 

Con la sentenza n. 2511, resa il 9 novembre 2021 e depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2022, la terza Sezione penale della Cassazione è intervenuta in merito alla individuazione dei criteri discretivi sussistenti fra il reato previsto e punito dall’art. 544-ter c.p. e quello di cui all’art. 727 della medesima codificazione.

La vicenda giudiziaria, sottoposta allo scrutinio degli Ermellini, traeva scaturigine da una ipotesi di maltrattamento inferto a un animale (nella fattispecie, una gallina), ricondotta, da parte della Corte di appello di Lecce, nel paradigma normativo dell’art. 544-ter c.p.

La citata Corte territoriale, in particolare - confermando le statuizioni contenute nella pronuncia di primo grado, emanata dal Tribunale di Lecce - condannava alla pena di euro 5.000,00 di multa il proprietario dell’animale, imputato «per avere, per crudeltà o senza necessità, cagionato una lesione ad un animale ovvero sottoposto a comportamento e fatiche insopportabili per le sue caratteristiche etologiche»; all’agente, in particolare, veniva contestato di avere «costretto, per un lungo periodo di tempo, una gallina all’interno di una piccola gabbia tale da impedire all’animale ogni ben minimo movimento e da rendergli impossibile anche la semplice apertura alare esponendola in tali condizioni al frastuono causato sulla pavimentazione in lamiera di numerosi visitatori della mostra cui l’animale era stato esposto».

Avverso la sentenza di appello veniva proposto ricorso per cassazione, mediante il quale l’imputato censurava la violazione della legge penale (artt. 544-ter e 727 c.p.), l’insussistenza del delitto di cui all’art. 544-ter c.p., nonché l’omessa derubricazione del fatto contestato nella fattispecie contravvenzionale contemplata dall’art. 727 c.p., invocando, per l’effetto, l’annullamento, con o senza rinvio, dell’avversato provvedimento giurisdizionale.

Il ricorrente, segnatamente, sottolineava come le sofferenze, patite dalla gallina, non potessero ricondursi sotto l’egida normativa dell’art. 544-ter c.p., atteso che la Corte territoriale aveva escluso comportamenti di «crudeltà, sevizie, fatiche o lavori insopportabili». I giudici di secondo grado, nello specifico, tralasciando le valutazioni espresse dal consulente tecnico di parte in punto di idoneità e adeguatezza della gabbia ove la gallina era ospitata, enucleavano la penale responsabilità dell’imputato dalle mere «impressioni» di alcuni avventori della manifestazione artistica - luogo del commesso reato - omettendo, inoltre, qualsivoglia motivazione in ordine alla sussistenza del dolo del delitto, anche con riguardo al disposto dell’art. 19-ter delle disposizioni di coordinamento e transitorie per il codice penale, stante l’impiego dell’animale nell’àmbito di un evento di carattere culturale.

Sulla scorta delle censure defensionali sinteticamente riportate, veniva sollecitata una diversa e meno grave qualificazione giuridica del fatto ascritto al soggetto agente, sussumibile nello schema legale delineato dall’art. 727 c.p., con la conseguente richiesta di declaratoria di estinzione del reato per decorso del termine prescrizionale massimo, pari a cinque anni.

Il Giudice di legittimità, dal canto proprio, riteneva fondato il motivo d’impugnazione afferente alla derubricazione del fatto nella fattispecie contravvenzionale dell’art. 727 c.p., con conseguente declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione.

Il percorso motivazionale divisato in sentenza - succinto, ma oltremodo intellegibile - focalizza l’attenzione sui discrimina intercorrenti fra gli artt. 544-ter e 727 c.p.: la differenza fra le citate fattispecie, infatti, ad avviso dei giudici di legittimità, può rintracciarsi nel fatto che, mentre «con il delitto di cui all’art. 544 ter c.p. si punisce chi con dolo, "con crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale o lo sottopone a sevizie o comportamenti o fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche", con la contravvenzione dell’art. 727 c.p., si punisce, invece, chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze″».

La Cassazione, dunque, sembra rimarcare e puntualizzare le differenze sussistenti in punto di tipicità del fatto normativamente incriminato, con l’ulteriore precisazione che, mentre la condotta stigmatizzata dal delitto di cui all’art. 544-ter c.p. può essere rimproverata al soggetto attivo soltanto a titolo di dolo, quella perpetrata dall’autore della contravvenzione ex art. 727 c.p. può essere imputata a questi, indifferentemente, a titolo di dolo o colpa. La natura colposa di quest’ultimo illecito penale determina, quale logico corollario, che il vaglio delle modalità di detenzione dell’animale debba prescindere da quello relativo alla coscienza e volontà di maltrattare lo stesso (Cass. pen., Sez. III, 28 ottobre 2021, n. 780).

Sempre nel tentativo di sussumere correttamente la condotta materiale posta in essere dal proprietario della gallina, i giudici di legittimità sottolineavano come la figura delittuosa rubricata «Maltrattamento di animali» potesse considerarsi integrata soltanto «dalla detenzione degli animali con modalità tali da integrare gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura, avuto riguardo, per le specie più note (quali, ad esempio, gli animali domestici), al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali […]» (Cass. pen., Sez. III, 4 giugno 2014, n. 37859, Rv. 260184).

In una cornice argomentativa così delineata, occorre osservare come le sofferenze, penalmente rilevanti ex art. 544-ter c.p., possano ricomprendere non soltanto i processi di carattere patologico, ma anche i «meri patimenti» (Cass. pen., Sez. III, 8 febbraio 2019, n. 14734).

I richiamati arresti nomofilattici sembrano essere in linea con quanto prescritto dall’art. 544-ter c.p. - contestato, ab origine, all’imputato - in forza del quale la condotta dell’agente deve cagionare all’animale, «per crudeltà o senza necessità», «una lesione», ovvero la sottoposizione dello stesso «a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche».

Tale fattispecie delittuosa, alla luce della littera legis, viene in rilievo quale reato di durata, sub specie di reato a condotta permanente, nell’àmbito del quale il bene giuridico ex lege preservato - identificato non già nella tutela della vita e della salute degli animali, bensì nel sentimento dell’uomo verso gli animali - subisce un’offesa entro un apprezzabile lasso temporale, continuato e ininterrotto, con una conseguente scissione fra il momento perfezionativo e quello consumativo del reato.

La suprema Corte, dunque, operando una trasposizione dei richiamati principi di diritto al caso sottoposto alla propria cognizione giudiziale, osservava come la gallina, rinchiusa in una gabbia durante l’espletamento di un evento culturale, giammai fosse stata trattata con crudeltà - mediante, cioè, un contegno «eccedente rispetto alla normalità causale, che determina sofferenze aggiuntive ed esprime un atteggiamento interiore specialmente riprovevole» (Cass. pen., SS. UU., 23 giugno 2016, n. 40516)  - ovvero avesse subito lesioni, di talché la condotta del proprietario avrebbe potuto e dovuto integrare gli estremi non già di quella prevista e punita dall’art. 544-ter c.p., bensì di quella sanzionata ex  art. 727 c.p., anche in base a quell’orientamento pretorio secondo il quale non può integrare la fattispecie di maltrattamento di animali, «in relazione alla sottoposizione degli stessi a comportamenti insopportabili per le loro caratteristiche etologiche, la detenzione di volatili all’interno di gabbie di ampiezza insufficiente» (Cass. pen., Sez. III, n. 6656, del 12 gennaio 2010, depositata il 18 febbraio 2010, Rv. 246185; Cass. pen., Sez. V, n. 15471, del 19 gennaio 2018, depositata il 6 aprile 2018, Rv. 272851).

L’integrata fattispecie contravvenzionale, inoltre, si considerava attinta dalla maturata prescrizione, a cagione dello spirare del termine quinquennale, decorrente dal momento di consumazione del fatto-reato.

Sempre i giudici di legittimità, nella parte conclusiva del referto motivazionale, escludevano la possibile applicazione delle cause di non punibilità contemplate dall’art. 129, comma II, c.p.p. Queste ultime, infatti, concorrendo una causa di estinzione del reato (ossia, la prescrizione), si sarebbero dovute evincere «dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di constatazione, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di apprezzamento e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento» (Cass. pen., SS. UU., 28 maggio 2009, n. 35490, Rv. 244274).

Nel caso di specie, invece, veniva acclarata la circostanza per la quale la gallina fosse stata rinchiusa «in una gabbia per canarini» ed ivi esposta al frastuono prodotto dal calpestio di una lamiera posta sulla pavimentazione, da parte degli ospiti del raduno artistico.

Conclusivamente, la gravata sentenza veniva annullata senza rinvio, previa riqualificazione del fatto-reato nella fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 727 c.p. e l’imputato, nondimeno, veniva condannato alla rifusione delle spese legali sostenute dalla costituita parte civile, ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, per la cui determinazione veniva ritenuta competente la Corte di appello di Lecce.  

Argomento: abbandono animali, maltrattamento animali
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Pen., Sez. III, 24 gennaio 2022, n. 2511)
Stralcio a cura di Ilaria Romano

“RITENUTO IN FATTO1. La Corte di appello di (…) ha confermato la decisione del Giudice del Tribunale di (…) che aveva condannato (…) alla pena di euro 5.000,00 di multa per il reato di cui all'art. 544 ter cod. pen. per avere, per crudeltà o senza necessità, cagionato una lesione ad un animale ovvero sottoposto a comportamento e fatiche insopportabili per le sue caratteristiche etologiche; in particolare per aver costretto, per un lungo periodo di tempo, una gallina all'interno di una piccola gabbia tale da impedire all’animale ogni ben minimo movimento e da rendergli impossibile anche la semplice apertura alare esponendola in tali condizioni al frastuono causato sulla pavimentazione in lamiera di numerosi visitatori della mostra cui l’animale era stato esposto. (…)CONSIDERATO IN DIRITTO(…)3. È fondato il motivo del ricorso sulla derubricazione in contravvenzione, art. 727 del cod. pen. e dichiarazione di prescrizione.La differenza tra i due reati è evidente perché con il delitto di cui all'art. 544 ter del cod. pen. si punisce chi con dolo, "con crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale o lo sottopone a sevizie o comportamenti o fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche", con la contravvenzione dell'art. 727 cod. pen. si punisce, invece, chiunque "detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze".In tema di maltrattamento di animali, il reato permanente di cui all'art. 727 cod. pen. è integrato dalla detenzione degli animali con modalità tali da arrecare gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura, avuto riguardo, per le specie più note (quali, ad esempio, gli animali domestici), al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo di un canile in cui gli animali erano ospitati in misura superiore ai limiti consentiti dalla legislazione regionale). (…).Nel nostro caso non può certamente riconoscersi una crudeltà o lesioni alla gallina, ma solo sofferenze, per altro limitate all’esposizione della gallina in una gabbia, in una manifestazione artistica.Infatti, "Non integra il reato di maltrattamento di animali, in relazione alla sottoposizione degli stessi a comportamenti [continua ..]

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