Argomento:
Delitti contro la Pubblica Amministrazione Sezione:
Sezione Semplice
(Cass. Pen., Sez. VI, 10 maggio 2022, n. 18510)
stralcio a cura di Fabio Coppola
“(…) Per affrontare la questione è necessario partire dall'esame del testo della legge 9 gennaio 2019, numero 3 (Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici) che ha riformulato le disposizioni oggetto di esame proprio al fine di rendere coerenti le innovazioni sostanziali con il rito del patteggiamento: l'art. 317-bis cod. pen. (interdizione dai pubblici uffici e incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione) ha inciso sulla durata delle pene accessorie dei reati contro la pubblica amministrazione; l'art. 445, comma 1-ter, cod. proc. pen., ha riguardato gli effetti su queste dell'applicazione della pena su richiesta delle parti. Proprio detta ultima disposizione stabilisce, infatti, che le pene accessorie previste dall'art. 317-bis cod. pen. per i reati contro la pubblica amministrazione ivi indicati, tra cui la corruzione contestata all'imputato, non hanno più un'applicazione automatica ed indefettibile, ma sono rimesse alla scelta del giudice ("il giudice può applicare le pene accessorie previste dall'articolo 317 bis del codice penale").
Il problema se detto potere discrezionale riguardi anche il patteggiamento cosiddetto "allargato", in cui l'accordo processuale si riferisce a pene detentive di entità superiore ai due anni, come nella specie, è stato risolto da questa Corte in termini affermativi (Sez. 6, n. 6614 del 12/11/2020, Farina, non massimata).
Quindi, si può concludere che il regime introdotto dalla legge n. 3 del 2019 tempera l'originaria rigidità sanzionatoria: sotto il profilo processuale, incentivando il ricorso al rito del patteggiamento, anche allargato, nei reati contro la pubblica amministrazione; sotto il profilo sostanziale, incrementando ed incoraggiando, con strumenti premiali, la collaborazione degli autori di detti delitti per consentire l'emersione di un fenomeno criminale che mina la credibilità e la trasparenza della pubblica amministrazione. Infatti, allorché sia stata riconosciuta l'attenuante ad effetto speciale di cui all'art. 323-bis, comma 2, cod. pen., proprio come avvenuto nel caso sottoposto al vaglio di questa Corte, laddove il giudice ritenga di applicare l'interdizione dai pubblici uffici (e l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione) la durata della [continua ..]
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