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Desidera un figlio maschio per rispettare la tradizione: per la Suprema Corte nessuna motivazione culturale può giustificare violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia

Argomento: Del reato consumato e tentato
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Pen., Sez. III, 3 aprile 2023, n. 13786)

Stralcio a cura di Ilaria Romano

“3. (…) Il secondo motivo attiene alla scriminante socioculturale che, nella prospettazione della difesa, avrebbe escluso il dolo o comunque indotto l'imputato a un errore scusabile sull'ignoranza della legge penale italiana. Non è in contestazione quindi la condotta dei maltrattamenti fisici (lesioni personali) e morali (ingiurie e minacce) né quella delle plurime violenze sessuali perpetrate dall'imputato nei confronti della moglie. Correttamente la Corte territoriale ha ravvisato il dolo dell'uomo nella sopraffazione e vessazione imposta alla donna sia durante i maltrattamenti che durante le violenze sessuali. Quanto all'invocata scriminante, è pacifico nella giurisprudenza di legittimità che il motivo culturale sottostante a una condotta illecita sia del tutto irrilevante (tra le più recenti, Sez. 1, n. 7140 del 14/12/2021 …). Più in particolare, questa Sezione ha anche di recente ribadito, dopo una diffusa analisi dei precedenti, che in tema di reati sessuali, non assumono alcun rilievo scriminante eventuali giustificazioni fondate sulla circostanza che l'agente, per la cultura mutuata dal proprio paese d'origine, sia portatore di una diversa concezione della relazione coniugale e dell'approccio al rapporto sessuale, in quanto la difesa delle proprie tradizioni deve considerarsi recessiva rispetto alla tutela di beni giuridici che costituiscono espressione di diritti fondamentali dell'individuo (…) e che in tema di cause di giustificazione, lo straniero imputato di un delitto contro la persona o contro la famiglia non può invocare, neppure in forma putativa, la scriminante dell'esercizio di un diritto correlata a facoltà asseritamente riconosciute dall'ordinamento dello Stato di provenienza, qualora tale diritto debba ritenersi oggettivamente incompatibile con le regole dell'ordinamento italiano, in cui l'agente ha scelto di vivere, attesa l'esigenza di valorizzare la centralità della persona umana, quale principio in grado di armonizzare le culture individuali rispondenti a culture diverse, e di consentire quindi l'instaurazione di una società civile multietnica (…). Va pertanto ribadito nel caso in esame che nessuna motivazione culturale può giustificare, neanche in termini di errore sulla legge penale italiana, violazioni dell'integrità fisica e morale dell'individuo. (…)”

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