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Trasferimento di diritti reali su beni immobili nell'ambito della separazione consensuale o di divorzio a domanda congiunta.

Fabrizio Cesareo

 

Le Sezioni Unite della Cassazione civile, nella sentenza del 29 luglio 2021, n. 21761, si interrogano sulla validità dell’accordo di divorzio, quindi natura ed effetti, sorto nella domanda congiunta di divorzio o di separazione consensuale, relativamente alla possibilità che in essi siano contenuti atti traslativi di diritti reali immobiliari a favore del coniuge oppure dei figli, confermandone il carattere negoziale da un lato e prevedendone l’efficacia immediatamente traslativa delle attribuzioni dall’altro.

Una coppia di coniugi, con ricorso congiunto, hanno chiesto ai Giudici pesaresi la pronuncia della cessazione degli effetti civili del relativo matrimonio concordatario dal quale erano nati due figli; durante il matrimonio i consorti avevano comperato un immobile destinato a casa coniugale e cointestato al 50%. Oltre l’assegno divorzile a favore dell’ex moglie e oltre quello di mantenimento spettate ai figli maggiorenni non economicamente autosufficienti, i consorti contemplavano il trasferimento, da parte del padre, del 50% della nuda proprietà ai figli, nonché, a favore della moglie, del diritto di usufrutto gravante sulla stessa quota trasferita ai figli. Oltre la dichiarazione di conformità dei dati catastali e delle planimetrie dell’appartamento alle risultanze dei registri immobiliari, i consorti presentavano una perizia tecnica giurata con allegata tutta la documentazione inerente le prescrizioni di legge in materia di trasferimenti immobiliari. L’ufficio giudiziario in questione dichiarava con sentenza la cessazione degli effetti civili del matrimonio, stabilendo che le pattuizioni relative al trasferimento dell’appartamento erano da considerarsi dei cd. impegni preliminari di vendita e di acquisto. Dello stesso avviso era la Corte di Appello di Ancona, che riteneva imprescindibile la formalizzazione del trasferimento dell’appartamento mediante atto notarile. Pertanto, i consorti hanno poi presentato ricorso per Cassazione affidato a tre motivi, denunciando la violazione e falsa applicazione degli art. 1322, 1362 e 1376 c.c., nonché dell’art. 19 d.l. n. 78/2010, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.

Il problema che ci si è posto in questo caso concerne la possibilità di far discendere dal verbale dell’udienza presidenziale ex art. 708 c.p.c., poi omologato a livello giudiziario, ovvero dal verbale di comparizione innanzi al collegio nel procedimento sul divorzio su domanda congiunta di cui all’art. 4, comma 16, l. 1° dicembre 1970, n. 898, che racchiude la voluntas dei consorti, i trasferimenti della proprietà di beni immobili oppure di trasferimento o costituzione di altri diritti reali. È ormai prassi quella che vede l’autonomia privata governare i rapporti fra coniugi successivi alla crisi, innescandone una vera e propria privatizzazione. In considerazione dei diritti coinvolti, infatti, si ragiona sulla stipula di un accordo contrattuale, che potrebbe vedersi accostato a clausole atipiche, comunque tutelabili secondo l’art. 1322, comma 2, c.c. e che mira a infondere compiutezza al regolamento dei rapporti fornendo una maggiore serenità familiare. Autonomia che trova la sua esplicazione nel fatto che con il decreto di omologazione della separazione consensuale, ovvero con la sentenza che indaga la fondatezza delle premesse per la pronuncia di divorzio, non si possono integrare o modificare le dichiarazioni delle parti, stante la sola possibilità di ricevere o meno l’accordo integralmente.

Chiarita la funzione negoziale dell’accordo, i giudici di Piazza Cavour si son chiesti se e come il verbale di separazione omologato dal tribunale o la sentenza che prenuncia il divorzio su domanda congiunta possano essere soggetti a trascrizione nei registri immobiliari, stanti gli effetti ex artt. 2643 e 2645 c.c. e nello specifico dibattuto è il tema di cui all’art. 2657 c.c., relativamente al titolo per trascrivere. Proprio in tale ambito si collocano la serie di prescrizioni relative alle informazioni concernenti la conformità catastale, ex art. 29, comma 1-bis, l. 27 febbraio 1985, n. 52, introdotta dal d.l. 31 maggio 2010, n. 78, che devono essere contenute negli atti comportanti la circolazione di alcuni beni immobili. La rilevanza della predetta norma costituisce il centro della discussione interpretativa in materia, sicché da identificare l’organo competente all’accertamento della sussistenza dei requisiti di conformità catastale; in considerazione del fatto che il precetto anzidetto si riferisce al notaio per la verifica dell’allineamento soggettivo. Ovverosia, ci si è chiesti se possa essere il magistrato, oppure il suo ausiliario, il deputato al controllo delle menzioni, delle dichiarazioni di conformità catastale e dell’allineamento soggettivo.

Il nodo cruciale è però relativo alle clausole di trasferimento di immobili aventi efficacia reale, e non soltanto obbligatoria. Gli Ermellini, nello sviscerare le posizioni giurisprudenziali e dottrinali sul punto, non reputano ammissibile ricevere, da parte dei tribunali, accordi di separazione o divorzio contenenti trasferimenti immobiliari con effetti reali. Posizione che ricade sull’adeguatezza del verbale presidenziale, sebbene omologato, a costituire valido titolo per la trascrizione, posto che l’autorità giudiziaria sarebbe sfornita del potere di ricevere dichiarazioni negoziali per poi riportarle successivamente in atto pubblico. In tal guisa, però, pare opportuno ricordare che il giudice riceve l’accordo integralmente, pertanto, vi è la possibilità che in esso siano contenuti anche atti immediatamente traslativi. Con riguardo agli orientamenti assunti, le corti di merito sposano la cd. natura bifasica del procedimento che vede la possibilità per i consorti di inserire un cd. impegno di disposizione del bene con efficacia meramente obbligatoria; vedendo in un secondo momento l’intervento del notaio innanzi al quale redigere l’atto pubblico e nel caso il consenso sia carente in uno dei due coniugi, procedere secondo quanto previsto ex art. 2932 c.c.[1]. L’effetto reale, quindi, si verifica in modo succedaneo alla pattuizione dell’atto notarile. Le Sezioni Unite, invece, abbracciano la cd. natura liberale: la valenza assunta dalle manifestazioni di volontà atte a determinare i rapporti patrimoniali dei consorti successivi alla crisi[2]. Autonomia che ancora una volta conferma di essere l’epicentro della questione, piuttosto che puntare sul cd. effetto devolutivo all’ufficio giudiziario e perciò sposando l’obiettivo di deflazionare il contenzioso.

Accertata la natura negoziale dell’accordo riportato a verbale dell’udienza presidenziale, il dubbio continua a permeare l’idoneità dello stesso a ricoprire titolo idoneo per la trascrizione nei registri immobiliari. Difatti, il notaio sembra l’unico soggetto al quale ascrivere la capacità di riportare manifestazioni di volontà, in atto pubblico, volte a realizzare trasferimenti di beni immobili; ovviamente il presupposto è da rinvenirsi nell’interpretazione stringente dell’art. 2699 c.c., quindi sulla non equiparazione della attività notarile a quella giurisdizionale, relativamente all’atto pubblico redatto con le opportune formalità da un notaio autorizzato a conferirgli pubblica fede. Affinché, pertanto, si configuri la fattispecie dell’atto pubblico è d’uopo che la norma attribuisca allo specifico pubblico ufficiale una connessa funzione certificatrice; ribadendo, dunque, che il giudice che sottoscrive il verbale di udienza sarebbe pubblico ufficiale fornito di poteri similari, a differenza del notaio che garantisce anche con la sua responsabilità professionale. Pare opportuno ricordare che al notaio spetta un mero accertamento della documentazione prodotta, mai un controllo diretto della corrispondenza del dichiarato al vero e sulle parti grava la responsabilità di quanto riportato[3].

Atteso che viene ad esistenza una nullità formale e non sostanziale, sembra potersi desumere che l’accertamento relativo all’esistenza dei riferimenti e delle dichiarazioni catastali sia di natura estrinseca per tutti i pubblici ufficiali, quindi, indistintamente potrà effettuarsi sia dal notaio rogante che da altri soggetti come il giudice o il suo ausiliario, come affermato dalle Sezioni Unite relativamente alle menzioni urbanistiche. Orbene, non si può esitare circa la natura di atto pubblico del verbale di udienza racchiudente la voluntas dei consorti sottoposto al magistrato e redatto dal suo ausiliario, in quanto il carattere pubblico concerne la sfera documentale e non il suo contenuto; sicché anche a tale documento vanno riconosciute le caratteristiche ex art. 2699 c.c., proprio perché anche il giudice e il suo ausiliario sono pubblici ufficiali. Condizioni della separazione che inglobano sia interessi personali che patrimoniali, oltre a quelli legati alla filiazione, questo a dimostrazione del fatto che il magistrato, all’atto di omologa, non può riferirsi solo parzialmente ad esso, con il rischio di realizzare un inadempimento, comunque tutelato dall’art. 2932 c.c., in quanto si andrebbe incontro ad una modifica successiva innanzi al notaio.

Con riguardo all’aspetto della pubblicità immobiliare e in riferimento alla separazione legale ovvero al divorzio, una differenza significativa rispetto alla possibilità di trascrivere il verbale omologato sembra riscontrabile nel caso di vicende traslative o costitutive di diritti reali su beni immobili nell’ambito della negoziazione assistita. Difatti, in virtù dell’art. 6 d.l. 12 settembre 2014, n. 132, l’accordo realizzato in sede di negoziazione, di fronte ad un avvocato per parte, può includere trasferimenti immobiliari soggetti a trascrizione. Il rilievo qui è come applicare l’art. 2657 c.c., in virtù del fatto che il verbale comprendente l’accordo di negoziazione assistita non è atto pubblico né scrittura privata autenticata o giudizialmente accertata né sentenza; ad adiuvandum sembra giungere l’art. 5, comma 3, d.l. n. 162/2014, secondo cui, per formalizzare la trascrizione, è fondamentale che la sottoscrizione del processo verbale dell’accordo sia autenticata da un pubblico ufficiale a questo deputato. Alcune pronunce di merito sono, per l’appunto, intervenute ritenendo bastevole il nulla osta rilasciato dal Procuratore della Repubblica per trascrivere le convenzioni di negoziazione che consente alla pattuizione di esplicarne gli effetti[4]. Dal dossier di accompagnamento della legge-delega 26 novembre 2021, n. 206, relativa alla riforma della giustizia civile, nell’ottica di incentivare il ricorso ad adr nell’ambito della crisi familiare, si desume che la regolarità dei trasferimenti immobiliari potrà essere assicurata sia dalla presenza di un avvocato per ciascuna parte, sia dalla rigorosa disciplina dettata per la validità degli atti di trasferimento immobiliare; inoltre, l’art. 1, comma 4, lett. u), l. n. 206/2021, prevede la specificazione che gli accordi conseguiti in sede di negoziazione assistita possono determinare trasferimenti immobiliari con effetti obbligatori.

Un ultimo aspetto analizzato concerne la predisposizione di protocolli in cui si evincono forme e modalità tramite le quali concretizzare trasferimenti immobiliari racchiusi negli accordi di separazione consensuale o divorzio congiunto.

Infine, alla luce di quanto prospettato, ci si chiede se sia possibile un controllo professionale del notaio, quale pubblico ufficiale o quanto meno ipotizzare un intervento legislativo risolutivo che individui il soggetto deputato ai controlli de quo[5].

 

[1] Trib. Milano, 21 maggio 2014.

[2] Cass. civ., 14 marzo 2006, n. 5473; Cass. civ., 23 dicembre 1988, n. 7044;.

[3] Sul punto si v. art. 29, comma 1-ter, l. n. 52/1985, introdotto dall’art. 8, comma 1-bis, d.l. 24 aprile 2017, n. 50.

[4] Trib. Pordenone, 16 marzo 2017; trib. Roma, 17 marzo 2017; contra App. Trieste, 6 giugno 2017, n. 207.

[5] Per maggiori approfondimenti si l. Bernes A., Trasferimenti immobiliari nella composizione consensuale della crisi coniugale, in Giur. it., 2022, p. 1596 ss.; Infantino D., Trasferimenti immobiliari in sede di separazione e divorzio, in Nuova giur. civ., 2022, p. 70 ss.; Donzelli R., Note a margine delle Sezioni Unite sui trasferimenti immobiliari nella separazione e nel divorzio consensuali, in Giur. it., 2022, p. 873 ss.; Campione F., Divorzio su domanda congiunta e trasferimenti immobiliari: questioni processuali, in Dir. fam. pers., 2021, p. 1618 ss.; Arceri A., Le Sezioni Unite sui trasferimenti immobiliari in fase di separazione consensuale e divorzio a conclusioni congiunte, in Fam. dir., 2021, p. 1093 ss.

Argomento: Delle persone e della famiglia
Sezione: Sezioni Unite

(Cass. Civ., SS.UU., 29 luglio 2021, n. 21761)

stralcio a cura di Ilaria Marrone

(...)le clausole dell’accordo di divorzio a domanda congiunta, o di separazione consensuale, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili, o di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi, o dei figli, al fine di assicurarne il mantenimento, sono valide in quanto il predetto accordo, inserito nel verbale di udienza redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è stato attestato, assume forma di atto pubblico ex art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo la sentenza di divorzio (che, rispetto alle pattuizioni relative alla prole e ai rapporti economici, ha valore di pronuncia dichiarativa) ovvero dopo l’omologazione, valido titolo per la trascrizione ex art. 2657 c.c., presupponendo la validità dei trasferimenti l’attestazione del cancelliere che le parti abbiamo prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui all’art. 29, comma 1-bis, della l. n. 52 del 1985, mentre non produce la nullità del trasferimento il mancato compimento, da parte dell’ausiliario, dell’ulteriore verifica soggettiva circa l’intestatario catastale dei beni e la sua conformità con le risultanze dei registri immobiliari.(...)

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