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Attribuzione testamentaria di beni determinati: legato o successione universale?

Ida Faiella

 

 

La sentenza in commento verte su una successione testamentaria a seguito della quale la de cuius disponeva dei propri beni, dichiarando di volere lasciare in eredità al coniuge la parte di sua proprietà, di determinati immobili. La causa è stata promossa dal fratello della de cuius il quale ha rivendicato la sua qualità di erede legittimo in concorso con il coniuge superstite. Nelle more, il coniuge superstite aveva ottenuto dal Tribunale di Gorizia un certificato di eredità nel quale si assumeva che fosse l'unico erede della moglie, di conseguenza tanto il Tribunale quanto la Corte di Appello hanno confermato il certificato di eredità rilasciato dal Tribunale di Gorizia. La Suprema Corte, con la Sentenza in commento, si è soffermata sull’istituzione ex re certa ossia sulla possibilità per il testatore di effettuare una chiamata ereditaria omettendo la determinazione di una quota patrimoniale ed indicando meramente i singoli beni che andranno a costituire il lascito ereditario.

Il caso di specie, se pur apparentemente semplice, solleva, in realtà, una questione estremamente complessa e delicata: per potersi avere l’istituzione ex re certa è necessario porre in essere un’attenta interpretazione della disposizione testamentaria, individuando l’esatta volontà del testatore e distinguendo tra la mera attribuzione del bene determinato costituente legato e la volontà dello stesso di voler “lasciare” quel determinato bene quale quota del suo patrimonio, costituendosi in tal caso una successione a titolo universale e quindi istituzione di erede (si v. Cass. n. 6125/2020; n. 24163/2013).

Orbene, il criterio cardine che permette la distinzione tra un legato ed un’istitutio di erede è enucleato dall’art. 588, comma 2, c.c. il quale prevede che “l'indicazione di beni determinati o di un complesso di beni non esclude che la disposizione sia a titolo universale, quando risulta che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio”; per poter incardinare le disposizioni testamentarie in uno o nell’altro genere, ossia titolo universale o particolare, occorre verificare se esse comprendano l’universalità o una quota dei beni ereditari. La parte conclusiva del testo cede rispetto alla funzione dal momento che assume rilevanza primaria il contenuto della disposizione testamentaria[1], ossia il fatto che essa comprenda l’universalità o una quota[2] dei beni del testatore.

Per una distinzione degli istituti è quindi indispensabile il concetto di quota, nel momento in cui il testatore attribuisce l’universalità del patrimonio o di una quota dello stesso vi sarà indubbiamente l’istituzione ex re, diversamente, l’attribuzione di un bene determinato costituirà legato, di tal guisa l’assegnazione del bene o del complesso dei beni al beneficiario avrà come conseguenza “naturale” la determinazione della quota ereditaria.

Scopo dell’indagine sulla volontà del testatore è quello di verificare se, nonostante l’attribuzione di beni determinati, egli abbia inteso mantenere fermo il concetto di quota, considerando quei beni in rapporto al complesso del patrimonio (composto non soltanto dai beni menzionati nel testamento ma anche quelli di cui il testatore non abbia disposto). L’attività esegetica non può certo limitarsi ad una ricostruzione della volontà del testatore attenendosi meramente al testo, sarà altresì necessario valutare il contesto che lo circonda e lo influenza.

In conformità con l’orientamento dottrinario la Sentenza in commento statuisce che “Di fronte all'attribuzione testamentaria di beni determinati occorre vedere quale sia stata la intenzione  del testatore, se di attribuire quei beni e soltanto quelli come beni determinati e singoli, ed allora si avrà successione a titolo particolare o legato, ovvero se, pur indicando nominativamente quei beni, il testatore abbia inteso lasciarli quale quota del suo patrimonio, ed allora si avrà successione a titolo universale e istituzione di erede (Cass. n. 6125/2020; n. 24163/2013). Trattasi comunque di una quaestio voluntatis, che va esaminata dal giudice di merito in base ai canoni ermeneutici fondamentali (Cass. n. 5773/1980). E' certamente ammesso il ricorso a qualunque mezzo utile ai fini della ricostruzione della volontà del testatore (Cass. n. 4582/1980); si deve tuttavia convenire con chi suggerisce un'applicazione ermeneutica rigorosa della disposizione (cfr. Cass. n. 42121/2021; n. 5625/1985; n. 3304/1981; n. 3452/1973). Il carattere universale della disposizione potrà essere riconosciuto solo qualora, dopo attento esame di tutto il complesso delle disposizioni testamentarie, resti accertata l'intenzione del testatore di considerare i beni assegnati come una quota della universalità del suo patrimonio (Cass. n. 5414/1978). Si osserva giustamente che può esservi istituzione ex re certa anche se questa non costituisce una quota rilevante del patrimonio del testatore (Cass. n. 1029/1971).”

La questione in questa sede analizzata è stata oggetto di numerose statuizioni da parte degli Ermellini, nell’ordine si possono segnalare le seguenti: Cass. Civ. 10 ottobre 2012 n. 17266 sul criterio di distinzione tra legato ed istituzione ex re certa; Cass. Civ. 25 ottobre 2013, n. 24163 anch’essa incentrata sul criterio interpretativo distintivo la quale precisa che si è in presenza di un apprezzamento di fatto, riservato ai giudici del merito e, quindi, incensurabile in cassazione, se congruamente motivato; ed ancora Cass. Civ., SS.UU., 28 giugno 2018, n. 17122, che affrontando il tema del rapporto tra is ex re e successione legale, apre lo sbocco dell’apertura della successione legale sui beni non compresi nei lasciti. Da ultimo, con la sentenza della Cass. Sez. II del 31/12/2021, n. 42121, la Suprema Corte oltre a ribadire l’importanza della valutazione dell’intenzione del testatore richiama altresì la possibilità del concorso tra l’istituito ex re e l’erede legittimo.

Una volta determinata la quota, il problema, non poco frequente, sorge allorquando il de cuius (come nel caso de quo) non abbia disposto di tutti i suoi beni. Sul punto si è a lungo interrogata la dottrina, giungendo a conclusioni differenti.

Una parte della dottrina ha ritenuto di dover escludere l’ipotesi di attribuzione all’istituto ex re certa di tutti quei beni di cui il de cuius non abbia disposto, ritendo che questi ultimi debbano essere assegnati esclusivamente agli eredi legittimi; d’altro canto, tesi diametralmente opposta ritiene che tutti i beni debbano essere assegnati all’istituito ex re, immaginandolo come erede universale. Quest’ultima tesi, come è noto, ha forgiato le decisioni della Cassazione (si vedano le sentenze Cass. Civ. 11 giugno 2015, n. 12158Cass. Civ., SS.UU., 28 giugno 2018, n. 17122).

Orbene, da siffatta interpretazione si scosta notevolmente la più recente giurisprudenza, come nel caso de quo, infatti, nel momento in cui il testatore assegna un determinato bene (quota) del suo patrimonio, è innegabile che per l’assegnazione dei restanti beni si apra la successione legittima.

Il problema della tesi che esclude l’istituito ex re dal riparto dei beni residui è duplice, da un lato si andrebbe a disattendere la volontà del testatore di considerare quegli stessi beni quale quota del patrimonio, limitando l’istituito all’acquisto esclusivo del bene assegnatogli (estromettendolo, quindi, dall’acquisto della quota di patrimonio realmente spettantegli); dall’altro si potrebbe incorrere in un’errata interpretazione del testamento violando la norma interpretativa precedentemente introdotta.

Ebbene, volendo partire dalla più ampia definizione di eredità quale insieme di tutti i diritti ed obblighi (quindi rapporti giuridici attivi e passivi) è evidente che limitare l’acquisto di un solo determinato bene, e non della quota, in capo all’istituito ex re costituirebbe una violazione del concetto di eredità stessa, ed ecco quindi il plasmarsi dell’ormai acclarato principio del concorso del successore legittimo con il chiamato ex re certa. Infatti, la Suprema Corte, nella sentenza in commento così argomenta: “La giurisprudenza della Suprema Corte ha chiarito in passato che l'institutio ex re certa vale a determinare la quota dell'istituito, non già ad attribuirgli la qualità di unico erede (Cass. n. 737/1963). La possibilità del concorso fra l'istituito ex re e l'erede legittimo è stata in tempi recenti riconosciuta da Cass. n. 17868/2019. E' stato precisato che in mancanza di una manifestazione contraria all'apertura della successione legittima, i beni consapevolmente esclusi sono attribuiti al chiamato ex lege. (arg. ex art. 734 c.c.). La quota dell'istituito ex re è determinata, perciò, in base al rapporto fra le cose attribuite e il valore globale dei beni che il testatore sapeva di possedere in quel dato momento, tenuto conto anche di quelli non contemplati nel testamento. Nella quota differenziale, formata dalle altre cose dell'asse, succede l'erede legittimo; nella stessa proporzione, in forza della virtù espansiva che costituisce connotato essenziale della vocazione a titolo universale, si ripartiranno fra erede testamentario e legittimo i beni ignorati dal testatore o sopravvenuti dopo la confezione della scheda (Cass. n. 9487/2021).”

Alla luce delle predette osservazioni, possiamo concludere che, a seguito di un lungo percorso dottrinario e giurisprudenziale, la Suprema Corte ha finalmente chiarito una questione tanto artificiosa quanto delicata, superando l’orientamento precedente che escludeva a priori il concorso tra l’istituzione ex re certa e la successione legale.

 

[1] G. Amadio, L’oggetto della disposizione testamentaria, cit., 899.

[2] L. Coviello, L’istituzione di erede ed il lascito di beni determinati, in Foro it., 1931, I, 1, 1157 ss..

Argomento: Delle successioni
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. II, 5 agosto 2022, n. 24310)

stralcio a cura di Giulia Solenni

1.(…) Di fronte all'attribuzione testamentaria di beni determinati occorre vedere quale sia stata la intenzione del testatore, se di attribuire quei beni e soltanto quelli come beni determinati e singoli, ed allora si avrà successione a titolo particolare o legato, ovvero se, pur indicando nominativamente quei beni, il testatore abbia inteso lasciarli quale quota del suo patrimonio, ed allora si avrà successione a titolo universale e istituzione di erede (Cass. n. 6125/2020; n. 24163/2013). Trattasi comunque di una quaestio voluntatir, che va esaminata dal giudice di merito in base ai canoni ermeneutici fondamentali (Cass. n. 5773/1980). È certamente ammesso il ricorso a qualunque mezzo utile ai fini della ricostruzione della volontà del testatore (Cass. n. 4582/1980); si deve tuttavia convenire con chi suggerisce un'applicazione ermeneutica rigorosa della disposizione (cfr. Cass. n. 42121/2021; n. 5625/1985; n. 3304/1981; n. 3452/1973). Il carattere universale della disposizione potrà essere riconosciuto solo qualora, dopo attento esame di tutto il complesso delle disposizioni testamentarie, resti accertata l'intenzione del testatore di considerare i beni assegnati come una quota della universalità del suo patrimonio (Cass. n. 5414/1978). Si osserva giustamente che può esservi istituzione ex re certa anche se questa non costituisce una quota rilevante del patrimonio del testatore 1.2. In materia di istituzione ex re certa uno dei problemi maggiormente dibattuti attiene alla destinazione dei cespiti dei quali il testatore non abbia espressamente disposto, o perché da lui ignorati, o perché da lui volontariamente taciuti o, ancora, perché sopravvenuti al momento della confezione del testamento. La giurisprudenza della Suprema Corte ha chiarito in passato che l'institutio ex re certa vale a determinare la quota dell'istituito, non già ad attribuirgli la qualità di unico erede (Cass. n. 737/1963). La possibilità del concorso fra l'istituito ex re e l'erede legittimo è stata in tempi recenti riconosciuta da Cass. n. 17868/2019. È stato precisato che in mancanza di una manifestazione contraria all'apertura della successione legittima, i beni consapevolmente esclusi sono attribuiti al chiamato ex lege. (arg. ex art. 734 c.c.). La quota dell'istituito ex re è determinata, perciò, in base al rapporto fra le cose attribuite e il valore [continua ..]

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