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Il reclamo avverso i risultati delle elezioni per il rinnovo del consiglio dell'ordine degli avvocati

Roberto Landi

 

 

La decisione in esame muove da un reclamo proposto da alcuni Avvocati, candidati non eletti alle elezioni per il rinnovo del Consiglio dell’Ordine forense, nei confronti del Consiglio dell’Ordine nonché nei riguardi dei colleghi candidati eletti, al fine di ottenere l’annullamento dell’elezione di questi ultimi, siccome nella situazione di incompatibilità prevista dall’art.3, comma 3, della legge n.113/2017, e la proclamazione degli eletti, con sostituzione di quelli decaduti con quelli che seguivano nella graduatoria.

La decisione del C.N.F., poi, veniva impugnata dinanzi le Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Nell’ambito della pronuncia, le Sezioni Unite, attestandosi su precedenti conformi, tratteggiano le specifiche del contenzioso elettorale forense ed in particolare, il primo aspetto meritevole di disamina concerne la facoltà, riconosciuta agli iscritti all’Ordine, di presentare un reclamo in forma collettiva.

Il C.N.F., sulla scorta della giurisprudenza amministrativa, aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso sul presupposto che i reclamanti (elettori, candidati eletti e candidati non eletti), fossero in conflitto di interessi tra di loro, giacchè “trattandosi di ricorso collettivo, se poteva dirsi rispettato il requisito, positivo, di ammissibilità (ovvero l’identità di posizioni sostanziali e processuali in rapporto a domande giudiziali fondate sulle stesse ragioni difensive), difettava, invece, il requisito negativo (ovvero l’assenza di conflitto di interessi, anche potenziale), tra i reclamanti”.

Il conflitto di interesse, secondo la ricostruzione operata dal C.N.F., si radicava ipso facto nella tripartizione dei reclamanti in: a) candidati eletti e consiglieri in carica; b) candidati non eletti; c) iscritti all’ordine degli Avvocati non candidati.

A contrario, i reclamanti non ravvisavano alcuna parvenza conflittuale, giacché con il ricorso avevano fatto valere la quaestio del divieto di terzo mandato consecutivo, attinente all’elettorato passivo; pertanto, rispetto alla predetta questione, gli stessi avrebbero vantato un interesse collettivo omogeneo.

Secondo l’orientamento consolidato della Cassazione, il reclamo proponibile, ai sensi della L. n. 242 del 2012, art. 28, comma 12, avverso i risultati delle elezioni per il rinnovo del consiglio dell’ordine degli avvocati si caratterizza, quale azione popolare, per la legittimazione diffusa, sia pure riferita agli iscritti all’albo, ed a carattere neutro - siccome riconosciuta indipendentemente dalla configurazione di una ulteriore, specifica situazione sostanziale qualificata in favore dell’istante - prevista dal legislatore allo scopo di tutelare l’interesse (pubblico) al corretto funzionamento del sistema democratico-rappresentativo dei Consigli degli Ordini degli Avvocati”.

Ne consegue, da un lato, l’ammissibilità di una proposizione della domanda in forma collettiva, da parte di più avvocati con un unico atto e, dall’altro, la non configurabilità di un conflitto di interessi tra i reclamanti medesimi, risultando irrilevanti le ragioni soggettive sottese all’azione”[1].

Ciò premesso, la Suprema Corte avalla l’interpretazione dell’art. 28, comma 12, L. n. 247/2012[2] – che riconosce a ciascun iscritto all’Ordine, quale titolare di interesse diffuso, la legittimazione al reclamo al C.N.F. avverso i risultati delle elezioni per il rinnovo del C.O.A. – secondo cui la disposizione “è inequivoca nell’escludere che l’esperimento dell’azione debba comportare il conseguimento di uno specifico vantaggio in favore di colui (o di coloro) che la propone (o la propongono) e, quindi, implica l’ammissibilità di un rimedio impugnatorio (con lo strumento del reclamo) sotto forma di azione collettiva, che si inquadra nel più ampio genus dell’azione popolare”.

Rebus sic stantibus, le Sezioni Unite hanno cassato la pronuncia del C.N.F. con rinvio per consentire l’esame del merito, assorbito dalla previa pronuncia in rito, ostando ad una pronuncia sostitutiva qualsivoglia accertamento sulle singole posizioni coinvolte[3].

Di poi, la seconda questione di rilievo affrontata dagli Ermellini concerne le modalità di instaurazione del contraddittorio.

Mutuando un indirizzo risalente[4], accolto anche dal C.N.F., la Suprema Corte asserisce che il reclamo proposto avverso il risultato delle elezioni dei Consigli degli ordini professionali, D. Lgs. Lgt. 23 novembre 1944, n. 382, “ex” art. 6 (applicabile anche alla disciplina della professione forense, in virtù della disposizione contenuta nell’art. 18 dello stesso decreto), è ammissibile, una volta che sia tempestivamente depositato o presentato presso il Consiglio nazionale entro il termine di dieci giorni dalla proclamazione, pur in difetto di preventiva notifica anche ad uno solo degli eletti, competendo all’organo di giurisdizione domestica, deputato all’esame del reclamo, disporre che il contraddittorio sia costituito nei confronti dei consiglieri risultati eletti, che, in quanto titolari di un diritto soggettivo alla conservazione elettorale, devono essere chiamati a partecipare al giudizio.

Il differente quadro normativo di riferimento alla base dei precedenti conformi alla tesi sostenuta dal C.N.F. nella decisione impugnata, non assume rilevanza, stante il tenore letterale della norma di cui all'art. 59 che (...) si limita a prevedere che il reclamo debba essere depositato e che la diversa soluzione, che invece pretende la preventiva notifica del reclamo, non trova però conforto nella lettera della legge, che appunto prevede il solo deposito ed appare piuttosto correlata alla diversa esigenza di impedire che la parte impugnante possa incorrere in una decadenza nel caso in cui, pur essendosi attivata, con un comportamento che denota in maniera inequivoca la volontà di proporre reclamo, quale è appunto l'avvenuta notifica dell'atto di impugnazione, ritardi solo nel deposito.

La lettera della legge, invece, prescrive “che la proposizione del reclamo avvenga con il deposito presso la sede del COA, ed è la legge stessa che poi individua le modalità di attivazione del contraddittorio, affidate all'iniziativa officiosa dello stesso C.O.A.”.

Il reclamo, dunque, risulta efficacemente proposto con il semplice deposito, rimettendosi all’iniziativa del C.O.A., e non della parte reclamante, la susseguente instaurazione di un contraddittorio effettivo ed integrale.

 

 

[1] Cass., Sez. Unite, 18 dicembre 2020, n. 29106.

[2] Contro i risultati delle elezioni per il rinnovo del consiglio dell’ordine ciascun avvocato iscritto nell’albo può proporre reclamo al CNF entro dieci giorni dalla proclamazione. La presentazione del reclamo non sospende l’insediamento del nuovo consiglio.

[3] Cfr., ex multis, Cass., 12/03/2015, n. 4975; Cass., 27/02/2004, n. 4063; Cass., 02/06/2000, n. 7367; Cass., 25/03/1996, n. 2629.

[4] Cass., Sez. Un., 20 febbraio 2003, n. 2602. Conf., da ultimo, Cass., Sez. Un., 26 marzo 2021, n. 8566.

Argomento: Ordinamento della professione forense
Sezione: Sezioni Unite

(Cass. Civ., SS.UU., 20 maggio 2021, n. 13872)

stralcio a cura di Eleonora Branno

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"5.1 (…) (pubblico) al corretto funzionamento del sistema democratico- rappresentativo dei Consigli degli Ordini degli avvocati. Ne consegue, da un lato, l'ammissibilità di una proposizione della domanda in forma collettiva, da parte di più avvocati con un unico atto e, dall'altro, la non configurabilità di un conflitto di interessi tra i reclamanti medesimi, risultando irrilevanti le ragioni soggettive sottese all'azione». Si è valorizzata, in quella pronuncia, l'interpretazione dell'art.28, comma 12, della legge n.247/2012 il quale stabilisce che "contro i risultati delle elezioni per il rinnovo del Consiglio dell'Ordine ciascun avvocato iscritto all'albo può proporre reclamo al CNF entro dieci giorni dalla proclamazione", evidenziando che la stessa portata letterale della disposizione normativa è inequivoca nell'escludere che l'esperimento dell'azione debba comportare il conseguimento di uno specifico vantaggio in favore di colui (o di coloro) che la propone (o la propongono) e, quindi, implica l'ammissibilità di un rimedio impugnatorio (…) Tale indirizzo è stato, pertanto, ritenuto adattabile anche al citato art.28, poiché, afferendo la norma alla regolarità dei risultati elettorali, non investe le posizioni dei singoli elettori, ma tutto il corpo elettorale(…)"

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