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Buoni postali fruttiferi cointestati e conseguenze in caso di morte di uno dei cointestatari

Danila La China

 

Poste Italiane S.p.a. veniva convenuta in giudizio al fine di accertare il diritto al rimborso di un buono fruttifero postale cointestato, munito della clausola “pari facoltà di rimborso” (cd. PFR), per via del fatto che era sopravvenuto il decesso di uno dei due cointestatari.

L’attrice chiedeva, in primis, la condanna al rimborso dell’intero ammontare del buono fruttifero e, in subordine, al rimborso della quota di propria spettanza, pari al cinquanta per cento del totale del buono.

Il giudice di prime cure accoglieva la domanda subordinata e parte attrice appellava la pronuncia ottenendo, in appello, la condanna della convenuta al rimborso dell’intero ammontare del buono fruttifero, ivi compresi gli interessi calcolati a norma dello stesso titolo e quelli legali dal giorno della domanda al saldo.

Il giudice di secondo grado fondava la sua decisione prendendo le mosse dalla qualificazione del buono fruttifero come titolo di credito nominativo (artt. 2021-2027 c.c.).

Peraltro, secondo il giudice d’appello, ove lo strumento di risparmio sia intestato a più soggetti, si realizza una specie di comunione ordinaria, in ragione della quale sussiste solidarietà attiva dei contitolari nei confronti del comune debitore e la clausola PFR legittima ciascun concreditore alla liquidazione dell’integrale ammontare del buono, senza che il diritto di chiedere l’adempimento dell’intera prestazione possa ritenersi estinto a seguito della morte di uno dei contitolari e della sostituzione degli eredi al concreditore defunto.

D’altronde, a parere del medesimo giudice, non è rinvenibile alcuna disposizione di legge in quest’ultimo senso, contrariamente a quanto prospettato da Poste Italiane, la quale ricorreva per la cassazione della sentenza.

In particolare, Poste Italiane osservava che alla fattispecie de qua debba ritenersi applicabile la disciplina posta dall’art. 187 del D.P.R. 256 del 1998, per cui il rimborso del buono fruttifero cointestato, dopo la morte di un cointestatario, può avvenire solo previa presentazione di quietanza di tutti gli aventi diritto. La ratio della disposizione sarebbe duplice: non far cessare la fruttuosità del titolo in danno di coloro che non siano intervenuti alla quietanza e tutelare il debitore da eventuali pretese degli eredi del de cuius.

Inoltre, la ricorrente rilevava che il riferimento alla disciplina della comunione operato dal giudice d’appello anziché corroborare la decisione, deporrebbe nel senso opposto. Infatti, dalla disciplina della comunione discenderebbe che, nel caso di decesso di uno dei cointestatari, trovi applicazione l’art. 1102 c.c., secondo il quale il godimento esclusivo della cosa comune è possibile solo con il consenso di tutti i partecipanti; mentre, il rimborso della quota potrebbe avvenire solo a seguito dello scioglimento della comunione (art. 1111 c.c.).

Tanto premesso, prima di entrare nel merito della parte motiva della sentenza, giova segnalare che la Corte ha rilevato la sussistenza di un contrasto sincrono tra l’ordinanza interlocutoria n.16683/2020 e l’ordinanza della VI sezione della Corte di Cassazione del 10 giugno 2020 n. 11137, che aveva risolto una fattispecie analoga in senso opposto, ossia in senso favorevole a Poste Italiane.

Tuttavia, ad avviso della Cassazione, quest’ultima decisione appare inidonea ad orientare la sentenza in esame poiché non rende adeguatamente “conto degli argomenti spendibili a sostegno della soluzione”.

Invero, l’incertezza interpretativa origina dall’avvicendarsi di disposizioni non certo cristalline.

In origine, la disciplina dei buoni fruttiferi era contenuta nel libro terzo, capo VI, del D.P.R. 156 del 1973 (testo unico delle disposizioni legislative in materia postale di bancoposta e telecomunicazioni) che, all’art. 178, prevedeva il rimborso dei buoni fruttiferi con PFR senza alcuna riserva, con pagamento a vista dell’intero buono al singolo cointestatario.

Per completezza, si segnala che il detto capo VI, artt.171-182, è stato abrogato dall’art. 7 del D. Lgs. 30 luglio 1999, n. 284 a decorrere dalla data di entrata in vigore dei decreti che stabiliscono nuove caratteristiche dei libretti di risparmio postale e dei buoni fruttiferi postali, ma l’applicabilità al titolo oggetto del giudizio della nuova disciplina è esclusa, in quanto successiva alla sua emissione.

Per la medesima ragione sarebbe da escludersi l’applicabilità alla fattispecie in esame anche dell’art. 203 del regolamento di esecuzione del libro terzo del codice postale e delle telecomunicazioni -  servizi di banco posta (D.P.R. 256 del 1989) il quale - estendendo le norme relative al servizio dei libretti di risparmio postali ai buoni postali fruttiferi - richiede la quietanza di tutti gli aventi diritto (prevista dall’art. 187 del medesimo D.P.R.) per il rimborso del buono fruttifero intestato a  due o più persone, di cui una delle quali sia deceduta, anche in presenza della clausola PFR.

Negli anni, tuttavia, la posizione di Poste Italiane si è assestata su una lettura rigida, fondata sulla pretesa retroattività di queste ultime disposizioni, in virtù della quale si sono susseguiti numerosi casi di rifiuto di rimborso di buoni scaduti, in assenza della citata quietanza, ove uno dei titolari fosse deceduto.

La sentenza in commento, nel respingere il ricorso di Poste, ben fa a soffermarsi subito sull’inequivocabile portata del testo della clausola PFR, anche considerato il fermo orientamento della giurisprudenza di legittimità, che dà peso predominante ai dati risultanti dal testo dei buoni postali (Cass. 31 luglio 2017, n. 19002; Cass. 28 febbraio 2018, n. 4761).

Inoltre, la Corte provvede a sgombrare il campo dal malinteso in cui è incorsa la ricorrente circa il riferimento alla disciplina della comunione dei diritti reali, affermando che: “la conformazione dei buoni postali cointestati rinvia, in sé stessa, alla figura della contitolarità nei diritti di credito, che nulla hanno a che vedere con i diritti reali”.

In particolare, nel caso di specie si discute della legittimazione attiva alla prestazione, ossia di un profilo diverso da quello “attinente alla (con)titolarità del relativo diritto (esemplare, al riguardo, è la norma dell’art. 1992 c.c.)”.

Ma, soprattutto, la pronuncia in commento esclude l’applicabilità ai buoni fruttiferi – per il tramite dell’art. 203 - del citato art. 187, concernente i libretti di risparmio, in quanto ravvisa una disomogeneità morfologica tra i due prodotti, nonostante sia i libretti di risparmio che i buoni fruttiferi appartengano “alla specie dei titoli di legittimazione, ex art. 2002 c.c. e non hanno invece natura di titoli di credito”, come erroneamente asserito dal giudice di secondo grado.

Tra i due “prodotti” occorre rilevare una fondamentale differenza consistente in una deroga al principio generale di libera cedibilità dei crediti fissata dall’art. 1260 c.c., poiché l’art. 204, comma 3, del D.P.R. 256/1989 sancisce l’intrasferibilità del credito portato dai buoni postali.

In sostanza, “i buoni postali fruttiferi si caratterizzano per un marcato rafforzamento del diritto di credito dell’intestatario sulla somma portata dal documento ad ottenerne il rimborso a vista”.

Orbene, stante la predetta peculiarità dei buoni fruttiferi ed attesa la clausola di salvezza di cui all’art. 203 del regolamento di esecuzione in parola, secondo la quale le norme relative ai libretti di risparmio sono estese ai buoni postali fruttiferi “in quanto applicabili e sempreché non sia diversamente disposto dalle norme del presente titolo VI”, la Corte ritiene insussistente l’identità di ratio che giustificherebbe l’applicabilità del citato art. 203 ai buoni fruttiferi postali.

 Per di più, avallando la tesi sostenuta da Poste Italiane - che propende per l’estensione analogica della disciplina dettata per i libretti di risparmio ai buoni fruttiferi postali cointestati a due o più persone e muniti della clausola “pari facoltà di rimborso” - il decesso di uno dei cointestatari precluderebbe il rimborso dell’intero agli altri con la conseguenza che si finirebbe per obliterare proprio il carattere essenziale per il quale detti buoni, dotati della menzionata clausola, si connotano.

La decisione, però, si spinge oltre e contraddice anche l’assunto della ricorrente, secondo il quale la disciplina dei buoni fruttiferi postali non regolerebbe il caso di morte di uno dei cointestatari; mentre, dettando l’art. 208 del D.P.R. 256 del 1989 una specifica disciplina riservata alla riscossione dei buoni postali, i quali “sono rimborsabili a vista” senza alcuna eccezione o specificazione, invero disciplina allo stesso modo anche il rimborso in caso di morte di un contitolare.

Né, in assenza della detta quietanza, per paralizzare il rimborso a vista rileva la circostanza della eventuale lesione dei diritti degli eredi del cointestatario defunto.

Al proposito, la Corte richiama la recente decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF n. 22747/2019, secondo cui “la normativa esaminata non tutela gli interessi dei coeredi, i quali potranno venire eventualmente a conoscenza aliunde dell’esistenza dei buoni intestati anche a propri danti causa e agire nei confronti del coerede davanti al giudice ordinario”.

Le argomentazioni della Corte appaiono condivisibili poiché valorizzano l’univocità del dato testuale del buono fruttifero munito di clausola PFR e smentiscono la legittimità della prassi di Poste Italiane, che non appare suffragata da solidi indici normativi, ma più che altro arroccata su una posizione aprioristicamente “difensiva”.

Probabilmente, però, vista la particolare importanza della questione ed il rilevante contenzioso generato, sarebbe stato opportuno rimettere la decisione alle sezioni unite, ex art. 374 c.p.c., quantomeno per evitare ulteriori contrasti tra le sezioni semplici e conseguente incertezza del diritto.

 

Argomento: Delle obbligazioni
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. I, 13 settembre 2021, n. 24639)

stralcio a cura di Antonia Luigia Corrado

"(...)Per quanto concerne la questione relativa ai buoni fruttiferi postali, recanti la clausola “pari facoltà di rimborso”, la Prima Sezione Civile, con la Sentenza n. 24639, ha affermato il principio di diritto in forza del quale, coloro i quali hanno sottoscritto il buono, hanno pari titolarità sulla somma depositata e sui relativi interessi, ergo, ciascuno degli intestatari, può chiedere il pagamento dell’intero non essendo applicabile la disciplina prevista dall’art. 187 d.P.R. n. 256 del 1989 per i libretti di risparmio postali, che subordina il rimborso del saldo alla quietanza di tutti gli aventi diritto. Pertanto, dalla pronuncia si evince la differenza sostanziale tra libretti postali e buoni fruttiferi, ove il credito portato non è cedibile inter vivos, quindi la morte di uno dei contitolari del buono conferma la legittimazione al rimborso in capo agli altri, senza coinvolgere gli eventuali eredi del defunto.(...)"

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