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La designazione del beneficiario dei vantaggi di un'assicurazione sulla vita è atto inter vivos, con effetti post mortem

Elisa Angela Cravero

 

 

Con la pronuncia resa dalla Suprema Corte a Sezioni Unite del 30.4.2021, la Cassazione ha definitivamente preso posizione (contraria) rispetto all’orientamento diffusosi nel 2015, dalle Sezioni Semplici del medesimo consesso, che, in tema di polizza assicurativa a favore degli eredi, pretendeva l’applicazione delle norme successorie sia per l’individuazione dei soggetti beneficiari, sia per la misura delle quote spettanti ai medesimo in virtù del liquidando indennizzo.

Invero, come è ben rappresentato dalle motivazioni ampiamente argomentate nel testo integrale della sentenza in commento, la giurisprudenza maggioritaria (dalla più risalente sentenza del 1994, ripresa nel 2000 alle ordinanze nn. 26606/2016 e 25635/2018) è sempre stata propensa a riconoscere natura contrattuale in capo alla polizza stipulata dal contraente a favore di soggetto terzo nel caso di morte del primo, nel senso che “il diritto del beneficiario alla prestazione dell’assicuratore trova fondamento nel contratto ed è autonomo, cioè non derivato da quello del contraente”. Pertanto, nel caso di espressa indicazione degli eredi quali beneficiari, l’orientamento prevalente applicava la materia successoria unicamente nell’accertamento della qualità di erede, indipendentemente dalla delazione, lasciando alle norme in tema di interpretazione della volontà dello stipulante la determinazione del criterio di ripartizione dell’indennizzo, che, in caso contrario, residuava spazio all’eguaglianza delle quote.

Tale principio, tuttavia, aveva condotto gli Ermellini nel 2015 (con sentenza n. 19210) a interrogarsi non tanto sull’origine del diritto di liquidazione delle somme da parte dell’assicuratore, quanto sulla presunzione della volontà dello stipulante nel ritenere che i destinatari indicati quali “eredi testamentari o legittimi” dovessero necessariamente essere individuati secondo la successione vocata, con conseguente ripartizione della quota secondo le porzioni ereditarie, di fatto trattando il credito di cui alla polizza quale credito trasmissibile iure successionis e ricadente in comunione ordinaria, con conseguenze fortemente divergenti rispetto a quanto sopra esposto, in applicazione dell’art. 1920 c. 3 c.c.

Dunque, al fine di comporre il contrasto esistente in materia, le Sezioni Unite sono intervenute per chiarire definitivamente 3 punti emersi dalla scia delle sentenze di cui sopra e precisamente:

"a) se in materia di assicurazione sulla vita in favore di un terzo, in presenza della diffusa formula contrattuale, presente anche nel contratto in esame e genericamente riferita ai "legittimi eredi", detta espressione sia meramente descrittiva di coloro che, in astratto, rivestono la qualità di eredi legittimi o se debba intendersi, invece, che sia riferita ai soggetti effettivamente destinatari dell'eredita'. b) se la designazione degli eredi in sede testamentaria possa interferire, in sede di liquidazione di indennizzo, con la individuazione astratta dei legittimi eredi. c) se, in tale seconda ipotesi, il beneficio indennitario debba ricalcare la misura delle quote ereditarie spettanti ex lege o se la natura di "diritto proprio" sancita dalla norma (cfr. articolo 1920 c.c., u.c.) imponga una divisione dell'indennizzo complessivo fra gli aventi diritto in parti uguali".

Con riferimento al primo quesito, la Corte ha richiamato l’espressa applicazione della disciplina del contratto a favore di terzo, specificando come, nel caso della polizza vita, il diritto del terzo sorga per il solo fatto della designazione, cosicché egli possa rivolgersi direttamente al promittente assicuratore per ottenere la prestazione. Ebbene, tale terzo, qualora individuato direttamente nelle condizioni di polizza quale “erede” senza alcuna specifica, implica l’assunzione della qualità di beneficiario direttamente in capo ai delati per testamento o per legge “delineando così una pluralità di creditori per una identica prestazione divisibile e un’identità di causa credendi”.

Se ne ricava, dunque, l’esclusione della natura mortis causa del negozio, il quale si definisce semmai come negozio inter vivos ma con effetti differiti, post mortem dello stipulante, con conseguente irrilevanza delle vicende relative alla successione (accettazione o rinuncia all’eredità), divenendo invece decisiva, ai fini della questione sub a), la qualifica di chiamato all’eredità rivestita al momento della morte del contraente, atteso che l’indennizzo non entra a far parte del patrimonio del defunto”.

Invero, riprendendo l’orientamento già espresso nel 2016, trovando il diritto dei beneficiari fonte nel contratto di assicurazione, non vi è alcuna coincidenza con i soggetti che siano poi stati effettivamente chiamati all’eredità, dovendo intendersi la qualifica di “eredi legittimi” unicamente descrittiva e di individuazione dei terzi rispetto al contratto, segnatamente coloro che, in astratto, avendo riguardo alla qualità esistente al momento della morte dell’assicurato, siano i successibili per legge, indipendentemente della effettiva vocazione.

Si ricordi come rientrino nel patrimonio del defunto unicamente quei diritti di credito di cui alle polizze i cui beneficiari non siano in qualche modo determinati o determinabili. Identico discorso deve essere fatto circa l’erede del beneficiario premorto allo stipulante, posto che in tal caso, seppur il primo terzo sia stato identificato, il diritto di credito entrato nella sua sfera deve necessariamente essere ricondotto in quelli trasmissibili iure hereditatis e certamente non iure proprio, in applicazione delle norme successorie.

Proseguendo poi con il secondo quesito di cui sub b), sulla scorta di quanto sin qui esposto, è evidente come “ove il contraente assicurato abbia designato specificatamente come beneficiari i propri eredi legittimi, la successiva istituzione di uno o più eredi testamentari non opera quale nuova designazione né quale revoca del beneficio attribuito con la polizza, quest’ultima configurandosi solo se fatta con le forme dell’art. 1921 c.c. e allorché comunque risulti una inequivoca volontà o tal senso”.

Operano, infatti, su piani distinti, l’intenzione di disporre delle proprie sostanze e l’assegnazione a terzi del diritto contrattuale alla prestazione assicurativa.

Ne discende, dunque, l’applicazione degli artt. 1920 e ss c.c. anche per quanto sub c), atteso che, trattandosi di atto inter vivos, non possano certamente operare le regole sulla comunione ereditaria, valevoli per i crediti del de cuius, come anche l’automatica ripartizione dell’indennizzo tra i coeredi in ragione delle rispettive quote. Tuttavia, è bene precisare come, in caso di premorienza di uno degli eredi del contraente (erede già identificato quale beneficiario della polizza), il diritto di credito venga trasmesso per rappresentazione, anche in applicazione dell’art. 1412 c.2 c.c., non accrescendosi le quote degli altri eredi dello stipulante, proprio in applicazione della disciplina sopra esposta.

In conclusione, detti principi esposti nella sentenza in commento si mostrano, dunque, chiari nel permettere allo stipulante anche di poter dare una sorta di funzione indennitaria alla polizza rispetto ai beneficiari, qualora sia poi intenzione del medesimo disporre diversamente per testamento, senza che, per esempio, i vincoli derivanti dal rispetto della quota di legittima, possano interferire con la propria volontà contrattualmente cristallizzata.

 

Argomento: Dei contratti assicurativi
Sezione: Sezioni Unite

(Cass. Civ., SS.UU., 30 aprile 2021, n. 11421)

stralcio a cura di Eleonora Branno 

"(...) Essendo la designazione del beneficiario dei vantaggi di un'assicurazione sulla vita, quale che sia la forma prescelta fra quelle previste dal secondo comma dell'art. 1920 c.c., atto inter vivos con effetti post mortem, da cui discende l'effetto dell'immediato acquisto di un diritto proprio ai vantaggi dell'assicurazione, la generica individuazione quali beneficiari degli «eredi [legittimi e/o testamentari]» ne comporta l'identificazione soggettiva con coloro che, al momento della morte dello stipulante, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione ereditaria prescelto dal medesimo contraente, indipendentemente dalla rinunzia o dall'accettazione della vocazione. (...) 6.2. (...) la natura inter vivos del credito attribuito per contratto agli «eredi» designati quali beneficiari dei vantaggi dell'assicurazione esclude l'operatività riguardo ad esso delle regole sulla comunione ereditaria, valevoli per i crediti del de cuius, come anche l'automatica ripartizione dell'indennizzo tra i coeredi in ragione delle rispettive quote di spettanza dei beni caduti in successione.(...) la prestazione assicurativa vede quali destinatari una pluralità di soggetti in forza di una eadem causa obligandi, costituita dal contratto. Rispetto alla prestazione divisibile costituita dall'indennizzo assicurativo, come in ogni figura di obbligazione soggettivamente complessa (...), ove non risulti diversamente dal contratto, a ciascuno dei beneficiari spetta una quota uguale.(...)".

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