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Adozione di minore da parte di coppia omoaffettiva maschile

Ilenia Seminerio

 

l riconoscimento della genitorialità cd. “sociale” alle coppie samesex che adottano un minore è questione che, negli ultimi anni, ha investito sempre più frequentemente le aule dei tribunali civili italiani, richiedendo in più occasioni nientemeno che l’intervento risolutivo delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Da qualsiasi angolazione la si guardi, la giurisprudenza che, conseguentemente, si è sviluppata attorno al tema sconta la colpa di essere chiamata a colmare le lacune endemiche di un sistema legislativo interno evidentemente non più adeguato a tutelare la genitorialità, specialmente nelle forme non tradizionali che essa ha repentinamente assunto.

Ne è prova lo sforzo interpretativo con cui le S.U. n. 9006/2021 hanno rigettato il ricorso presentato dal sindaco di un comune italiano avverso l’ordinanza con cui la Corte d’Appello di Milano ordinava la trascrizione nei registri di stato civile del provvedimento giurisdizionale estero di adozione piena e legittimante del figlio minore dell’appellante, un cittadino italiano, naturalizzato statunitense e sposato con un cittadino americano.

Il procedimento, più in particolare, traeva origine dal rifiuto, da parte dell’ufficiale di stato civile italiano, a trascrivere l’adoption order emesso dalla Surrogate Court di New York e presentato dalla coppia omoaffettiva con cui, per l’appunto, il cittadino italiano chiedeva il riconoscimento anche all’interno dell’ordinamento italiano dello status filiationis del minore adottato.

L’ufficiale, invero, si opponeva ritenendo si trattasse di un caso di adozione internazionale e che, pertanto, fosse di competenza del Tribunale dei Minorenni; la Corte di Appello di Milano, tuttavia, escludeva tale circostanza e, invocata la propria competenza a decidere, riteneva compatibile con i principi di ordine pubblico internazionale il provvedimento giurisdizionale estero oggetto del decisum, disponendone, per l’appunto, la trascrizione.

La questione, inizialmente rimessa alla prima sezione della Corte di Cassazione, veniva, infine, devoluta alle Sezioni Unite con ordinanza interlocutoria n. 29071/2019.

L’iter logico-giuridico della sentenza si sviluppa a partire da un’attenta ricognizione delle norme di diritto internazionale privato ritenute astrattamente applicabili alla fattispecie dedotta in giudizio.

Vengono, anzitutto, escluse le disposizioni speciali della L. n. 184/1983, concernenti la procedura di adozione internazionale, in quanto il Collegio ritiene ne difettino radicalmente le condizioni soggettive. Viene pure ritenuta inapplicabile la normativa contenuta nel D.P.R. n. 396/2000, posto che, ai sensi degli articoli 95 e 96, il Tribunale ordinario viene dichiarato competente a decidere sul rifiuto dell’ufficiale dello stato civile ad eseguire la trascrizione dei soli atti formati in Italia.

La sola disposizione che secondo il Collegio risulta applicabile al caso di specie è, in definitiva, l’art. 67 della L. n. 218/1995: la norma, invero, per un verso disciplina il procedimento di riconoscimento delle sentenze straniere, e per l’altro, rinviando all’art. 30, comma 1, del d.lgs. 150/11, attribuisce alla Corte d’Appello la competenza a decidere, in unico grado, sull’eventuale rifiuto a trascrivere da parte dell’ufficiale di stato civile.

Dopo aver chiarito questi aspetti, le S.U. ritengono di dover preliminarmente definire il perimetro del sindacato giurisdizionale in tema di riconoscimento di provvedimenti giurisdizionali esteri.

Il controllo sull’atto, argomenta il Collegio, è limitato ai soli effetti che esso è destinato a produrre all’interno dell’ordinamento e non alla conformità della legge estera, posta a base del provvedimento, alla legge interna regolativa degli stessi istituti: un controllo di tipo contenutistico sul provvedimento non è, pertanto, consentito. Ne consegue che, nel caso di specie, l’oggetto del sindacato verte sulla “compatibilità dello status genitoriale, di natura intrinsecamente adottiva, acquisito da coppia omogenitoriale maschile con i principi attualmente costituenti l’ordine pubblico internazionale”.

La concezione che, sul punto, viene condivisa dai giudici è quella consolidatasi con le pronunce delle S.U. n. 16601/17 e 12193: tale giurisprudenza, in un’ottica progressista, riconosce ai principi di ordine pubblico “non soltanto la funzione di limite all’applicazione della legge straniera ed al riconoscimento di atti e provvedimenti stranieri”, ma anche quella di “promozione e garanzia di tutela dei diritti fondamentali della persona, attraverso i principi provenienti dal diritto dell’Unione Europea, delle Convenzioni sui diritti della persona cui l’Italia ha prestato adesione e con il contributo essenziale della giurisprudenza della Corte di Giustizia e della Corte Europea dei diritti umani”; a tali principi, poi, si aggiungono anche i valori della Costituzione italiana e il complesso di leggi ordinarie, le quali “come nervature sensibili, fibre dell’apparato sensoriale e delle parti vitali di un organismo, inverano l’ordinamento costituzionale” (S.U. 16601/2017).

Definita la scala valoriale sulla scorta della quale effettuare la verifica di compatibilità del provvedimento estero, il Collegio ne precisa i principi in tema di genitorialità adottiva: vengono alla luce, anzitutto, il principio fondante l’autodeterminazione e le scelte del minore e degli aspiranti genitori (art. 2 Cost e 8 CEDU) ed il principio di origine convenzionale del the best interest of the child, ma anche il principio di non discriminazione, volto sia ad evitare ingiustificate disparità di trattamento tra status filiale dei minori – i quali, adottivi o meno, godono del diritto all’identità e del diritto di crescere nel nucleo familiare che meglio garantisca il loro sviluppo psico-fisico –, sia a non limitare l’accesso alla genitorialità esclusivamente in base all’orientamento sessuale della coppia richiedente, e il principio solidaristico che, unitamente al diritto vivente, ha ispirato l’opera riformatrice in materia di famiglia, riconoscendo nel nostro ordinamento molteplici modelli di genitorialità adottiva.

Enucleato il quadro uniformante di principi di ordine pubblico internazionale che non possono essere travalicati, le S.U. passano, poi, a darne un’interpretazione ordinata, in ossequio alle pronunce che, negli anni, sono state emesse dalla stessa Corte in materia di riconoscimento della genitorialità adottiva.

Chiariscono, anzitutto, che l’orientamento sessuale non incide sull’idoneità del soggetto richiedente all’assunzione della responsabilità genitoriale (sentenza n. 14007/18): tale circostanza, precisano ancora, vale non solo in relazione alle controversie, nate a causa di conflitti familiari, riguardanti l’affidamento di minori (Cass. n. 601/13), ma anche nei casi in cui si discuta proprio dell’accesso all’adozione non legittimante delle coppie omoaffettive (Cass. n.12962/16). Mancano, invero, “riscontri scientifici sulla inidoneità genitoriale di una coppia formata da persone dello stesso sesso” e la conferma più rilevante – proseguono, ancora, i giudici – deriva dal decisum n. 12193/19, laddove le S.U., pur affermando la contrarietà ai principi d’ordine pubblico internazionale della gestazione per altri, limitano solo a quest’ultimo aspetto il contrasto rilevato, in quanto ritengono “il divieto interno e la sanzione penale consequenziale espressione di valori fondamentali quali la dignità umana della gestante e l’istituto dell’adozione ma escludono che sia da ricondurre a principio fondamentale dell’ordinamento l’eterosessualità della coppia nella definizione dei limiti al riconoscimenti di atti stranieri relativi a status filiali”. Tale argomento, spiega ancora il Collegio, viene fatto proprio anche dalla Corte costituzionale, la quale, in sue diverse pronunce (n. 221/19, n. 237/19, n. 230/20) ribadisce che la limitazione dell’accesso alla procreazione medicalmente assistita alle sole coppie eterosessuali non costituisce un valore fondante il sistema, essendo frutto di scelte politiche e legislative mutevoli.

Da siffatta ricostruzione, che abbraccia la giurisprudenza costituzionale e di legittimità, non può che desumersi una sostanziale identità dei principi costituenti l’ordine pubblico internazionale, nel cui complesso, dunque, non rientra la condizione soggettiva di eterosessualità della coppia che accede alla genitorialità, la quale, in definitiva, non osta al riconoscimento del provvedimento giurisdizionale straniero oggetto del decisum. D’altra parte, spiega infine la Corte, nell’ordinamento coesistono principi di derivazione costituzionale e convenzionale ritenuti preminenti rispetto ad essi, in quanto fondanti i diritti inviolabili della persona: tra questi vengono annoverati il preminente interesse del minore – il quale ha diritto a sviluppare la propria identità in un ambiente affettivo, relazionale e familiare stabile, secondo quanto disposto dall’art. 24 Carta di Nizza e dall’art. 3 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo –, ma anche il principio della parità di trattamento tra tutti i figli, nati all’interno e fuori del matrimonio ed anche adottivi (artt. 3 e 31 della Costituzione italiana).

Sulla scorta di tali argomentazione, per come sintetizzate in questa nota, le S.U. concludono, dunque, affermando che “non contrasta con i principi di ordine pubblico internazionale il riconoscimento degli effetti di un provvedimento giurisdizionale straniero di adozione di un minore da parte di coppia omosessuale che attribuisca lo status genitoriale secondo il modello dell’adozione piena e legittimante non costituendo elemento ostativo il fatto che il nucleo familiare del figlio minore adottivo sia omogenitoriale ove sia esclusa la preesistenza di un accordo di surrogazione di maternità a fondamento della filiazione”.

Argomento: Delle persone e della famiglia
Sezione: Sezioni Unite

(Cass. Civ., SS.UU., 31 marzo 2021, n. 9006)

stralcio a cura di Carla Bochicchio

"[...]Non contrasta con i principi di ordine pubblico internazionale il riconoscimento degli effetti di un provvedimento giurisdizionale straniero di adozione di minore da parte di coppia omoaffettiva maschile che attribuisca lo status genitoriale secondo il modello dell'adozione piena o legittimante “(…) In conclusione, nel contesto normativo e giurisprudenziale nel quale è maturata la sentenza delle S.U. n. 12193 del 2019 il limite, dovuto alla contrarietà ai principi di ordine pubblico internazionale, al riconoscimento di status genitoriali contenuti in provvedimenti esteri, richiesti da componenti di coppie omoaffettive, è stato individuato esclusivamente nel ricorso alla gestazione per altri, limite peraltro comune anche alle coppie eterosessuali. In particolare, non sono stati ritenuti incidenti sulla valutazione di compatibilità della omogenitorialità con i nostri principi di ordine pubblico internazionale i limiti derivanti dalla legislazione interna in tema di accesso all'adozione legittimante (L. n. 184 del 1983, art. 6) previsto soltanto per le coppie eterosessuali coniugate e dalla legge sulle unioni civili che non ha espressamente esteso alle coppie omoaffettive l'accesso all'adozione legittimante, lasciando tuttavia aperta la strada all'adozione in casi particolari, in quanto già riconosciuta dalla giurisprudenza sulla base delle norme vigenti (L. n. 76 del 2016, art. 1, comma 20).  (…)La valutazione di compatibilità, anche in coerenza con le considerazioni svolte nella sentenza della Corte Cost. n. 272 del 2017, è stata, fino ad oggi, compiuta assumendo come principi cardine il diritto del minore alla conservazione dell'identità e della stabilità familiare (Cass. 14007 del 2017) ed il favor verso la continuità degli status filiali da bilanciare, tuttavia, con il limite incomprimibile della dignità dei soggetti coinvolti (S.U. 12193 del 2019), senza includere, però, nel perimetro dei principi di ordine pubblico internazionale nè le norme interne che escludono l'accesso alle p.m.a. alle coppie omoaffettive nè quelli che introducono il medesimo limite all'adozione legittimante, attualmente consentita soltanto a coppie unite in matrimonio. La condizione soggettiva costituita dall'eterosessualità della coppia che resiste all'interno del nostro ordinamento anche in relazione all'accesso all'unione [continua ..]

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