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È nullo il licenziamento intimato al lavoratore che abbia legittimamente rifiutato l'esecuzione di ordini di servizio oggettivamente inattuabili, ove emerga che tale rifiuto costituisce l'unico presupposto della reazione espulsiva datoriale e che sussiste un nesso causale tra il comportamento legittimo del dipendente e il provvedimento espulsivo

Argomento: Del rapporto di lavoro
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. Lav., 16 marzo 2025, n. 6966) Stralcio a cura di Francesco Taurisano

“3. Il cardine della legittimità dell’eccezione inadimplenti non est adimplendum, alla stregua della quale la parte adempiente può rifiutarsi di eseguire la prestazione a proprio carico, è la valutazione, avuto riguardo alle circostanze concrete, che il rifiuto non risulti contrario alla buona fede e sia accompagnato da una seria ed effettiva disponibilità a prestare servizio, valutazione rimessa al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se espressa con motivazione adeguata ed immune da vizi logico-giuridici (...) 4. Segnatamente in tema di licenziamento disciplinare, l'exceptio inadimpleti contractus prevista dall'art. 1460 c.c., opponibile quando sussista un rapporto di corrispettività e contemporaneità tra le prestazioni relative alle obbligazioni reciproche delle parti e la non contrarietà a buona fede dell'inadempimento da parte di colui che la formuli, al pari di ogni altra eccezione, non richiede l'adozione di forme speciali o formule sacramentali, essendo sufficiente che la volontà della parte sia desumibile, in modo non equivoco, dall'insieme delle sue difese, secondo un'interpretazione del giudice di merito che, se ancorata a correnti canoni di ermeneutica processuale, non è censurabile in sede di legittimità (...); 5. La giurisprudenza di questa Corte, con riguardo ai rapporti sinallagmatici o di scambio, ha precisato che il principio di corrispettività legittima il rifiuto, a norma dell'art. 1460 c.c., da parte del lavoratore di rendere la propria prestazione nei limiti di una proporzione all'illegittimo comportamento del datore di lavoro e della conformità al canone di buona fede (...); 6. In particolare, è stato precisato (...) che il giudice, ove venga proposta dalla parte l'eccezione inadimplenti non est adimplendum (alla quale è riconducibile il rifiuto del lavoratore di rendere la prestazione fondata sulla allegazione dell'inadempimento, anche parziale, del datore di lavoro) deve procedere a una valutazione comparativa degli opposti inadempimenti, avuto riguardo anche alla loro proporzionalità rispetto alla funzione economico-sociale del contratto e alla loro rispettiva incidenza sull'equilibrio sinallagmatico, sulle posizioni delle parti e sugli interessi delle stesse; con il richiamo alla non contrarietà alla buona fede, il secondo comma dell'art. 1460 c.c. intende fondamentalmente [continua ..]

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