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È legittima, sotto il profilo deontologico, e non viola la privacy la registrazione ambientale effettuata da un medico dipendente pubblico senza il consenso del collega, qualora sia necessaria all´esercizio del diritto di difesa e risulti strumentale e proporzionata allo scopo

Argomento: Della tutela della privacy
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. II, 05 marzo 2025, n. 5844)

Stralcio a cura di Ciro Maria Ruocco

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“(…) 1.1. - Per principio ormai consolidato, il potere disciplinare spettante al Consiglio dell’Ordine nei confronti del professionista, per la repressione degli abusi e delle mancanze di cui gli iscritti si rendono colpevoli nell’esercizio della professione, non si riferisce solo alla professione espletata secondo un modello organizzativo autonomo, ma anche a fatti e violazioni connessi allo svolgimento di ogni attività che sia estrinsecazione delle particolari conoscenze tecniche attestate dal titolo di studio, con la conseguenza che, nei confronti degli iscritti che siano pubblici dipendenti, detto potere può essere legittimamente esercitato anche con riguardo a violazioni di norme deontologiche inerenti l’esercizio di attività legata allo status del professionista e svolta nell’ambito del rapporto di lavoro (…). Possono essere considerati, in altri termini, illeciti disciplinari i comportamenti tenuti dagli iscritti anche se nello svolgimento di attività diverse dall’esercizio della libera professione, se il comportamento sia suscettibile di essere considerato di pregiudizio per il decoro della stessa (…) (…) Nella specie, la violazione contestata era attinente al dovere di correttezza del comportamento tra colleghi e non era, perciò, collegata specificamente e unicamente all’esercizio delle funzioni del rapporto di pubblico impiego (…) 2.1 – (…) In tale senso, la Commissione centrale, nell’esaminare le ragioni scriminanti addotte dalla incolpata, non si è conformata a un principio di diritto consacrato nella norma dell’art. 24 del Codice della privacy, in applicazione - ancor prima - del principio generale di cui all’art. 51 cod. pen., secondo cui non è illecita la violazione del diritto alla riservatezza, cioè la condotta di registrazione d'una conversazione tra presenti in mancanza dell’altrui consenso, ove rispondente alle necessità conseguenti al legittimo esercizio del diritto di difesa in giudizio (…) (…) A ciò si aggiunga che questa Corte ha, pure, esplicitamente affermato che «il diritto di difesa non è limitato alla pura e semplice sede processuale, estendendosi a tutte quelle attività dirette ad acquisire prove in essa utilizzabili, ancor prima che la controversia sia stata formalmente instaurata mediante citazione o [continua ..]

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