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La reperibilità lavorativa deve essere qualificata come “orario di lavoro” soprattutto se il lavoratore è obbligato alla presenza fisica sul luogo indicato dal datore di lavoro e se incide sulla facoltà del lavoratore di gestire, per lo stesso periodo, il proprio tempo libero. Di conseguenza, il tempo trascorso nella sede lavorativa per la reperibilità notturna deve essere compensato economicamente in modo proporzionato, anche se non si concretizza in un effettivo intervento lavorativo; la disponibilità del lavoratore a rispondere a eventuali esigenze urgenti giustifica una retribuzione adeguata

Argomento: Del rapporto di lavoro
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. Lav., 23 aprile, n. 10648) Stralcio a cura di Francesco Taurisano

“12. (...) in base ai principi espressi dalla Corte di Giustizia UE (...), i periodi di reperibilità, anche senza permanenza sul luogo di lavoro, devono essere qualificati come “orario di lavoro”; a maggior ragione, se il lavoratore è obbligato alla presenza fisica sul luogo indicato dal datore di lavoro, manifestando una sostanziale disponibilità nei confronti di quest’ultimo, al fine di intervenire immediatamente in caso di necessità: (…) 13. anche in più recenti decisioni (...) è stato riaffermato che la reperibilità costituisce orario di lavoro (con le corrispondenti obbligazioni datoriali sul pagamento della retribuzione) nel caso in cui i vincoli imposti al lavoratore in regime di reperibilità comprimano significativamente la facoltà del medesimo lavoratore di gestire liberamente, nel corso dello stesso periodo, il proprio tempo libero; 14. è utile richiamare in proposito alcuni significativi passaggi delle conclusioni dell’Avvocato Generale nella causa C- 580/19 (recepite nella relativa sentenza), che riassumono e aggiornano i principi elaborati dalla giurisprudenza CGUE in materia: “38. La direttiva 2003/88 ha come obiettivo quello di fissare prescrizioni minime destinate a migliorare la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, obiettivo che viene raggiunto, tra l’altro, mediante il ravvicinamento delle disposizioni nazionali riguardanti l’orario di lavoro. 39. Questa aspirazione è un elemento chiave nella costruzione del diritto sociale europeo (…) 41. Attraverso le suddette previsioni è attuato l’articolo 31 della Carta dei diritti fondamentali, che, dopo avere riconosciuto, al suo paragrafo 1, che «ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose», dispone, al paragrafo 2, che «ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro, a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie retribuite». Tale diritto si collega direttamente al rispetto della dignità umana tutelata in modo più ampio nel titolo I della Carta (…) 48. Come precisato in più occasioni dalla Corte, le nozioni di «orario di lavoro» e di «periodo di riposo», ai sensi della direttiva 2003/88, costituiscono nozioni di diritto dell’Unione che occorre definire secondo criteri [continua ..]

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