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Al negotium mixtum cum donatione non si applica il divieto di cui all'art. 771 c.c.
Emanuela Esposito
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 10979 del 23 aprile 2024, ha avuto l’occasione di precisare il quadro normativo di riferimento delle liberalità indirette, chiarendo che l’art.809, c.c., deve essere interpretato in modo restrittivo.
L’art. 809 del codice civile, al primo comma, afferma che “le liberalità anche se risultano da atti diversi da quelli previsti dall'articolo 769, sono soggette alle stesse norme che regolano la revocazione delle donazioni per causa d’ingratitudine [801 c.c.] e per sopravvenienza di figli [803 c.c.] nonché a quelle sulla riduzione delle donazioni per integrare la quota dovuta ai legittimari [553 ss.]”.
Dal tenore letterale della citata norma sembra evincersi che l’intenzione del legislatore sia quella di estendere solo alcune norme dettate in tema di donazione alle liberalità indirette, ovvero quegli atti che, pur non avendo la forma tipica della donazione, realizzano il medesimo effetto, ossia l'impoverimento di chi la compie e l'arricchimento di chi la riceve. Il donante persegue l’obiettivo di arricchire il donatario, ma in modo indiretto, senza ricorrere al classico contratto di donazione. A tal fine, si avvale di uno schema negoziale tipico, come ad esempio, il contratto di vendita, piegandolo al suo scopo pratico di trasferimento patrimoniale. L’arricchimento del beneficiario si concretizza nella sproporzione tra il prezzo versato e il minor valore effettivo del bene o viceversa laddove il trasferimento si realizzi ad un prezzo irrisorio, o comunque inferiore al valore di mercato.
La Suprema Corte, al riguardo, afferma che “nel negotium mixtum cum donatione, la causa del contratto è onerosa, ma il negozio commutativo adottato, viene dai contraenti posto in essere per raggiungere in via indiretta, attraverso la voluta sproporzione delle prestazioni corrispettive, una finalità diversa ed ulteriore, rispetto a quella di scambio, consistente nell’arricchimento, per puro spirito di liberalità, di quello del contraente che riceve la prestazione di maggior valore, con ciò venendo il negozio posto in essere a realizzare una donazione indiretta…”. (Cass. civ., Sez. II, Sent. n. 10614 del 23 maggio 2016).
La giurisprudenza ha da sempre discusso circa l’applicabilità delle altre norme sulle donazioni, alle liberalità atipiche, rispetto a quelle già individuate dall’art.809, c.c.
La Corte di Cassazione, ad esempio, ha costantemente affermato il principio della non applicabilità della forma solenne (atto pubblico e presenza di due testimoni) alle donazioni indirette. La ragione di questa deroga risiede nell'articolo 809 del Codice Civile, il quale stabilisce, indirettamente, che le liberalità diverse dalle donazioni (e quindi le donazioni indirette) sono soggette alle norme sulle donazioni “che non siano incompatibili”. La Cassazione ha interpretato la norma sulla forma solenne (art. 782 c.c.) come incompatibile con la natura e la struttura delle donazioni indirette, in quanto queste si perfezionano attraverso un negozio “mezzo” (ad esempio, una compravendita, un bonifico bancario, ecc.) che ha già una sua propria causa e una sua propria forma richiesta dalla legge per la sua validità. Pretendere anche la forma solenne della donazione diretta significherebbe snaturare il negozio utilizzato e introdurre un inutile formalismo. D'altronde, come afferma la Suprema Corte “l’articolo 809 cod. civ., nello stabilire le norme sulle donazioni applicabili agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall’articolo 769 cod. civ., non richiama l’articolo 782 cod. civ., che prescrive l’atto pubblico per la donazione”.
L'ordinanza della Corte di legittimità, in esame, si concentra, in particolare, sull’applicazione alle liberalità indirette del divieto di donazione di beni futuri, previsto dall'articolo 771 del Codice Civile.
La controversia trae origine dalla contestazione di un preliminare di immobile, in corso di costruzione al momento dell’accordo, in cui era stato pattuito un prezzo inferiore di oltre la metà rispetto al valore di mercato. La società costruttrice, parte venditrice, aveva ultimato l’abitazione nel termine pattuito, salvi i tempi necessari per eseguire le modifiche richieste dall’acquirente, ma quest’ultimo, nonostante i solleciti si era sottratto all’obbligo di verificare in contraddittorio l’opera e di indicare il notaio e la data per la stipula del contratto definitivo. La società attrice, pertanto, aveva eseguito unilateralmente il collaudo finale e aveva comunicato all’acquirente che il prezzo concordato era eccessivamente inferiore rispetto a quello di mercato, formalizzando diffida ad adempiere e chiedendo il pagamento di maggiore somma. Successivamente, poiché il termine assegnato con la diffida ad adempiere era decorso senza esito, la società ha chiesto al Tribunale di merito che fosse dichiarata la risoluzione di diritto del contratto preliminare e, in subordine, la rescissione per lesione.
Le domande di parte attrice, tuttavia, sono state rigettate e nel proporre ricorso prima in Appello e poi per Cassazione, ha chiesto che venisse pronunciata la nullità del contratto ai sensi dell’art.771 c.c., in quanto dovendo ritenersi il contratto un “negotium mixtum cum donatione”, in ragione del minor prezzo pattuito rispetto al valore del bene, il contratto era nullo per il divieto di donazione di beni futuri, in quanto l’immobile non era ancora stato realizzato al momento della conclusione del contratto.
La Suprema Corte, ha confermato il rigetto dell'appello, stabilendo un importante principio di diritto: “al negotium mixtum cum donatione non si applica la previsione dell’art. 771 cod. civ., in quanto l’art. 809 cod. civ., nell’indicare quali norme della donazione siano applicabili alle liberalità risultanti da atti diversi dalla donazione – quali il negotium mixtum cum donatione – va interpretato restrittivamente, nel senso che alle liberalità anzidette non si applicano tutte le altre disposizioni non espressamente richiamate”.
In questi casi, sebbene l'arricchimento del beneficiario possa riguardare un bene che, al momento dell'atto di acquisto o dell'operazione, non era ancora nel patrimonio del disponente, l’atto non è colpito dalla nullità prevista per la donazione diretta di beni futuri. In sintesi, la Corte di Cassazione ha stabilito che la nullità per donazione di beni futuri è una sanzione di carattere eccezionale, propria del contratto di donazione tipico, e non estensibile ope legis (per effetto di legge) alle liberalità indirette, a meno che il legislatore non lo preveda espressamente, cosa che l’art. 809 c.c. non fa per l’art. 771 c.c.
Questa interpretazione restrittiva della giurisprudenza di legittimità risponde alla duplice esigenza di non appesantire la circolazione giuridica dei beni e di preservare la validità degli atti che, pur perseguendo finalità liberali, sono perfezionati attraverso strumenti diversi dalla donazione tipica.
Quest’orientamento ha importanti conseguenze pratiche, in quanto se da un lato consente maggiore flessibilità nel trasferimento di beni immobili, offrendo strutture meno rigide rispetto alle formalità della donazione, impone agli operatori del diritto di redigere con particolare attenzione questi atti, per evitare che possano essere riqualificati come donazioni dirette, ed incorrere nei divieti sopra esaminati.
Sezione: Sezione Semplice
(Cass. Civ., Sez. II, 23 aprile 2024, n. 10979)
Stralcio a cura di Giorgio Potenza
Keywords: donazione beni futuri - altri atti di liberalità - vendita immobili