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La commutazione delle sanzioni dal contribuente al professionista responsabile si estende a tutte le condotte poste in essere per mascherare l'inadempimento
Antonio Borghetti
La sentenza esamina la definizione del perimetro di responsabilità dei professionisti che infedelmente assistono i contribuenti negli adempimenti contabili e fiscali, ivi compresa l’esecuzione dei versamenti diretti per conto di quest’ultimi. È pacifico in dottrina e giurisprudenza che detti professionisti possono essere chiamati a rispondere, al sussistere di determinate condizioni, delle sole sanzioni e giammai del tributo (in termini, Cass. 24307/2018) e degli interessi (in termini, Cass. 8630/2012) che competeranno in ogni caso al contribuente. Nel caso de quo la Suprema Corte indaga e dirime, in maniera non condivisibile, il tema relativo all’individuazione del perimetro dell’estensione delle responsabilità del professionista, segnatamente affrontando la questione se esso debba rispondere solo per le sanzioni da ritardato, insufficiente od omesso versamento ex art. 13 del d.lgs 471/1997 ovvero anche, qualora irrogate, per le ulteriori sanzioni amministrative tributarie connesse ad altri inadempimenti connessi al mandato conferito.
Nel caso di specie è stato accertato giudizialmente che il professionista ebbe a ricevere dal contribuente la provvista di denaro per ottemperare al pagamento dei versamenti diretti dei tributi ma, nonostante ciò, non adempiva al mandato omettendo il pagamento a favore dell’erario, così impossessandosi indebitamente delle somme percette del cliente che per l’effetto diveniva inadempiente alla obbligazione tributaria. La società contribuente, ricevuti gli avvisi di accertamento relativamente ai periodi di imposta 2000, 2001 e 2002 istava ed otteneva l’accesso alla procedura prevista dall’art. 1 della l. 423/1995 ratione temporis vigente; detta ultima norma è stata poi completamente riscritta pur senza sostanziali innovazioni - non essendo contemplata tra i principi e criteri direttivi della legge delega - ad opera del d.lgs. 159/2015. Da ultimo, il d.lgs. 173/2024, istitutivo del Testo unico delle sanzioni tributarie amministrative e penali ha sancito la sua definitiva abrogazione prevedendone la completa ed integrale trasposizione all’art. 6 di tale “riformista” compilazione.
Dalla pronuncia si evince che i fatti, nei gradi di merito, furono accertati, anche per mezzo di consulente nominato dalla Procura, esponendosi “che 1) la contabilità (…) risultava totalmente omessa; 2) le dichiarazioni della società (…) non erano mai state elaborate dal consulente” e risultava altresì il versamento degli assegni necessari per il pagamento delle imposte.”; il professionista fu condannato definitivamente per il delitto ex art. 646 c.p.
La norma invocata dalla società contribuente (art.1 della l. 423/1995) è volta a mitigare le gravi criticità finanziarie che tali decettive condotte perpetrate dai professionisti possono derivatamente arrecare a chi, già sfornito della provvista per il pagamento dei tributi in quanto affidata al professionista, si trovi a dover rispondere - in uno ed improvvisamente – del pagamento del tributo, delle sanzioni e degli interessi.
L’articolata disposizione normativa, prevede, ab ovo, la sospensione della riscossione delle sole sanzioni amministrative tributarie qualora gli omessi, ritardati o insufficienti versamenti conseguano alla condotta illecita e penalmente rilevante di professionisti (“dottori commercialisti, ragionieri, consulenti del lavoro, avvocati, notai”) non solo ordinistici (“e altri professionisti”). Tale beneficio, riservato ai contribuenti ed ai sostituti di imposta, è condizionato al rispetto di una dettagliata procedura che prevede, nell’ordine (i) la presentazione di una istanza all’Ufficio territorialmente competente (ii) unitamente alla copia della denuncia del fatto illecito ed (iii) alla dimostrazione di aver munito il professionista infedele delle somme necessarie al versamento. Successivamente a tale iter procedimentale, assume rilievo l’esito del giudizio penale ed in subordine di quello civile (qualora) instaurato.
Se il giudizio penale si conclude con una condanna definitiva del professionista, l’Ufficio annulla le sanzioni (sospese) a carico del contribuente e le irroga al professionista (autore materiale). Qualora il rito penale si concluda con un non luogo a procedere o per intervenuta estinzione del reato la sospensione rimane efficace solo qualora il contribuente (iv) dimostri di aver prontamente promosso l’azione civile; anche qui, se il rito civile si conclude con la condanna definitiva del professionista, le sanzioni comminate (e sospese) al contribuente verranno annullate ed irrogate a carico del professionista.
Venendo all’aspetto centrale della controversia, essa attiene all’interpretazione del comma 1(“La riscossione delle sanzioni pecuniarie previste dalle leggi d’imposta in caso di omesso, ritardato o insufficiente versamento è sospesa […]”) in combinato disposto con la commutazione dell’atto di irrogazione prevista, con analogo tenore letterale, dai commi 3 (definitiva condanna in sede penale) e 4 (definitiva condanna in sede civile): “l’ufficio annulla le sanzioni a carico del contribuente e provvede all’irrogazione a carico del professionista ai sensi dell’articolo 17, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 47”.
Negli avvisi di accertamento, come sovente accade, alla società erano state irrogate non solo le sanzioni relative agli omessi, insufficienti o tardivi versamenti ma anche altre tipologie di sanzioni tra le quali, si evince nella pronuncia, quelle relative all’omessa presentazione della dichiarazione Irap e Iva, l’omessa tenuta delle scritture contabili, l’omessa, infedele tardiva registrazione di fatture. Adottando un’interpretazione rigorosamente letterale dell’art. 1 della l. 423/1995 la C.T.R. dell’Abruzzo ritenne corretto limitare le responsabilità patrimoniali del professionista con la commutazione delle sole sanzioni amministrative tributarie riferite alle violazioni ex art. 13 del d.lgs 471/1997 relative agli omessi versamenti. Nel ricorso in Cassazione l’Agenzia delle Entrate contestava tale statuizione che considerava erronea nella misura in cui limitava le sanzioni commutabili a quelle per omesso versamento senza estendere il rapporto di commutazione e/o traslazione anche alle altre sanzioni indicate nell’atto impugnato.
La Suprema Corte sostiene ed argomenta che se “si limitasse alle sole sanzioni strettamente previste per l’omesso versamento, esso risulterebbe di fatto inutile, dal momento che queste ultime sono connesse al caso di imposte già liquidate e/o dichiarate, per cui l’avvenuta dichiarazione è presupposta”; tale passaggio non pare condivisibile ben potendo l’omesso versamento essere svincolato dagli esiti di una regolare e corretta dichiarazione tributaria. Esso tuttavia ritrova vigore considerando che la culpa in vigilando del contribuente (o sostituto d’imposta) non può essere invocata a fronte di “un comportamento fraudolento del professionista finalizzato a mascherare il proprio inadempimento”. Ecco allora che se il professionista, pone in essere ulteriori condotte decettive quali la falsificazione “di modelli F24 di pagamento delle imposte o delle ricevute di ricezione delle dichiarazioni telematiche o attraverso altre modalità di difficile riconoscibilità da parte del mandante” questo non potrebbe, secondo la tesi del Giudice di legittimità, autonomamente riconoscere, nemmeno con l’ordinaria diligenza, la truffa in corso.
Si tenga presente che la Corte (Cass. 28360/2018), in riferimento al co. 3 dell’art. 6, limitò le responsabilità del terzo con il seguente (ed oggi quindi da ritenersi superato) principio di diritto: “in tema di sanzioni tributarie, l’esimente prevista dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 3, si applica in caso di inadempimento al pagamento di un tributo – e, dunque, escluse le violazioni solo formali – imputabile unicamente alla condotta di un soggetto terzo”.
La Corte ad ulteriore sostegno delle proprie conclusioni richiama la norma generale prevista dal co. 3 dell’art. 6 del d.lgs. 472/1997 a mente della quale “Il contribuente, il sostituto e il responsabile d'imposta non sono punibili quando dimostrano che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto denunciato all'autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi.” Tale norma, insieme al principio di personalità e conseguente colpevolezza ex art. 5 di tale ultimo decreto impone quindi la responsabilizzazione dell’autore materiale a prescindere dal contenuto commissivo o omissivo della condotta sanzionata.
Il rapporto di genere a specie tra, rispettivamente, l’art. 6 co. 3 (riguardante, genericamente, la colpa o il dolo di “terzi”) del d.lgs. 472/1997 e l’art. 1 della l. 423/1995 (inerente esclusivamente alle condotte di “professionisti”) viene quivi invocato dalla Corte quale addentellato a conferma della propria statuizione senza indagare l’autonomia delle due disposizioni ed il fatto, la corretta individuazione del rapporto tra le due norme, comporterebbe la conseguenza che l’attivazione dell’una potrebbe escludere l’altra: il contribuente ben potrebbe chiedere la sola esimente ex art. 6 con la disapplicazione delle sanzioni senza invocarsi la sospensione e successiva commutazione delle stesse a carico del professionista (Cass. 24535/2017, contra, nel senso che ritiene necessario applicarsi la procedura della l. 423/1995 qualora il terzo sia un professionista, Cass. 19422/2018).
La Suprema Corte afferma pertanto il seguente principio di diritto: “La commutazione delle sanzioni dal contribuente al professionista responsabile prevista dall’art. 1 della l. 423 del 1995 nel ricorrere delle condizioni ivi previste, così come in generale la non punibilità del contribuente stesso ai sensi dell’art.6 del d.lgs n. 472/1997 ove il mancato pagamento sia addebitabile ad un terzo, anche qui ricorrendo le condizioni stabilite dalla legge, non riguardano solo le sanzioni conseguenti all’omesso versamento, ma altresì quelle che conseguono alle condotte poste in essere dal terzo nell’ambito del proprio comportamento fraudolento atto a mascherare l’inadempimento dell’incarico ricevuto, e in particolare ricollegate all’omessa trasmissione della dichiarazione dell’imposta.”
Tale pronuncia non pare condivisibile in quanto volta a svalutare le responsabilità dei contribuenti che, da anni, ben possono accertarsi, con immediatezza e tramite i canali telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, in ordine all’avvenuto pagamento dei tributi e della corretta e tempestiva trasmissione delle dichiarazioni tributarie e quindi, in ultimo, controllare l’operato dei propri professionisti rispetto al mandato loro conferito. Una tale interpretazione peraltro esorbita dalla littera legis, tanto dell’art. 6 co. 3 del d.lgs. 472/1997 quanto dell’art. 1 della l. 423/1995: entrambe le disposizioni normative si riferiscono, a nostro parere con termini inequivocabili, alle sanzioni da omesso, insufficiente o tardivo, rispettivamente, versamento o pagamento e non prevedono l’apertura ad altre fattispecie sanzionatorie
Sezione: Sezione Semplice
(Cass. Civ., Sez. Trib., 16 aprile 2024, n. 10298)
Stralcio a cura di Giorgio Potenza
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