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I costi per immobilizzazioni materiali o immateriali sono ammortizzabili solo se riguardano beni che entrano nel patrimonio dell'imprenditore a titolo di proprietà o di altro diritto reale

Antonio Borghetti

In questa pronuncia, relativa al periodo di imposta 2007 ed anche in quella gemella relativa al 2010 (Cass. 22106/2024), la Suprema Corte affronta un caso estremamente peculiare che, rigorosamente descritto, impone di cogliere cum grano salis il principio di diritto ivi stabilito. Ad un’impresa di trasporto pubblico locale viene contestata, in particolare, l’indebita deduzione ai fini IRES e IRAP dell’ammortamento relativo ai costi di costruzione capitalizzati in relazione all’edificazione dell’immobile ove è ubicata la sede sociale; l’edificio è stato costruito ex novo dall’impresa su un terreno edificabile di proprietà del Comune nel cui territorio si svolge l’attività dell’impresa accertata e di un’altra società, poi cessata. Tali fatti, accertati nei gradi di merito consentono quindi di cristallizzare le circostanze fattuali poste a fondamento della pronuncia: a) l’immobile per cui è causa è stato integralmente realizzato a cura e spese di ATM, sebbene su terreno non di proprietà di quest’ultima e appartenente verosimilmente al Comune di Messina; b) detto immobile è utilizzato dalla società come sede sociale (e, quindi, si tratterebbe di un bene strumentale), peraltro senza che risulti il titolo del godimento; c) il Comune di Messina non ha mai contestato la disponibilità del bene in capo ad ATM. La vicenda, interessando un ente pubblico territoriale ed una azienda speciale ex art. 114 del d.lgs 267/2000, assume dei connotati financo surreali, colti peraltro dall’esame dei seguenti passaggi della sentenza di II grado (C.t.r. Sicilia, sez. stacc. Messina, 3588/27/2016): il caso “pare inserirsi in un quadro di generale confusione amministrativa, al limite del grottesco, poiché l'immobile in cui ha sede la ricorrente, indicato in bilancio tra le immobilizzazioni materiali ed oggetto della relativa quota di ammortamento, sarebbe stato costruito dalla stessa Azienda - che a tal ne avrebbe acceso un mutuo presso la Cassa Depositi e prestiti - su concessione edilizia rilasciata dal Comune. Tuttavia l'immobile non sarebbe mai stato accatastato; in ogni caso non ne risulterebbe in alcun modo la proprietà. Per contro il terreno sul quale lo stesso sorge risulterebbe parte in proprietà del Comune, parte in proprietà dell'ormai inesistente Società Anonima Beta. Talché l'immobile sarebbe stato realizzato dalla ricorrente con mezzi propri, ma su terreno non di proprietà. La ricorrente, comunque, non è stata in grado di dimostrare la proprietà dell'immobile medesimo. Sulla scorta di tali - sconcertanti - circostanze l'Amministrazione ha ritenuto illegittima la deduzione delle quote di ammortamento.”

Orbene, in relazione al tema che ci attende, vale a dire quello della deducibilità dell’ammortamento dell’immobile, il relativo costo è stato considerato indeducibile in esito al giudizio di I grado, deducibile nel grado di appello ed infine indeducibile a mente della pronuncia che ci occupa.

Si ritiene di non condividere l’interpretazione letterale fornita dalla Corte all’art. 102 del dpr 917/1986: “Ritiene questa Corte che i costi concernenti la realizzazione o l’acquisto di un bene sono ammortizzabili allorquando il bene entra nel patrimonio dell’imprenditore (cfr. art. 102, comma 1, del TUIR, laddove si parla di esercizio di entrata), con conseguente iscrizione del bene nello stato patrimoniale.”. Per entrata in funzione del bene non ci si riferisce all’ingresso fisico del cespite quanto piuttosto all’inizio del suo utilizzo a fini di impresa (Cass. 11270/2023 e 32718/2018); in tale direzione anche OIC 16 (par. 61): l'ammortamento decorre dal momento in cui l'immobilizzazione è disponibile e pronta per l'uso". Tale diversa posizione nulla rileva considerando l’erroneo trattamento contabile adottato dall’azienda speciale: il terreno non era di proprietà e per l’effetto anche la costruzione su esso insistente non poteva trovare valida collocazione tra le immobilizzazioni materiali. Ciò nondimeno, superando il criterio formale e rigoristico assunto dalla Suprema Corte, si è dell’avviso che una sua collocazione in bilancio ed un suo trattamento fiscale possa comunque essere individuato. Da tali assunzioni si muove peraltro la stessa Corte che si prodiga nel ricercarlo, infruttuosamente, appostando il cespite prima tra le immobilizzazioni immateriali e poi tra i costi correlati alla voce costi di manutenzione straordinaria. La Corte tuttavia valorizza e privilegia esclusivamente l’aspetto civilistico di natura proprietaria (non riconosciuto nel caso di specie) giungendo, sulla scorta di tale assunzione, a trarre quelle che si reputano essere inaccettabili conseguenze sotto il profilo fiscale (indeducibilità del costo): “Ne consegue che, in assenza di concessione a costruire o dell’acquisto del diritto di superficie, l’applicazione del principio dell’accessione implica che anche il fabbricato non sia di proprietà di ATM”. Il principio dell’accessione ex art. 934 c.c. a mente del quale “Qualunque piantagione, costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario di questo, salvo quanto è disposto dagli articoli 935, 936, 937 e 938 e salvo che risulti diversamente dal titolo o dalla legge” non è però regola di carattere assoluto ed anzi, per quanto qui rileva, opera, in astratto, una compensazione della situazione che viene a generarsi in forza del rapporto di accessione, consentendo al comune proprietario del fondo il diritto di ritenerle o di obbligare colui che le ha fatte a levarle (art. 936 c.c.).

Qualora il proprietario del terreno preferisca di ritenerle, deve pagare a sua scelta il valore dei materiali e il prezzo della mano d'opera oppure l'aumento di valore recato al fondo: così operando, nel caso di specie, l’azienda speciale ritrarrebbe dei componenti positivi, reputati imponibili, a ristoro delle spese anticipate e medio tempore dedotte.

Il caso opposto (vale a dire quello della messa in pristino del terreno su cui è sorta l’opera) pare difficilmente percorribile avuto riguardo alla circostanza per la quale l’opera, per quanto appurato in corso di causa, è stata fatta a scienza e senza l’opposizione dell’ente locale, per essere espressamente destinata a sede dell’azienda speciale di trasporto pubblico locale. Peraltro ai sensi della richiamata normativa civilistica la rimozione non può essere domandata trascorsi sei mesi dal giorno in cui il proprietario ha avuto notizia dell'incorporazione e non costa agli atti di causa l’esercizio di tale diritto da parte del Comune.

Non condividendo tali posizioni[1], la Corte afferma il seguente principio di diritto che come ricordato in apicibus va contestualizzato nella peculiare casistica esaminata: “In tema di imposte dirette, i costi relativi alle immobilizzazioni materiali o immateriali sono ammortizzabili purché riguardino beni consumabili che entrano nel patrimonio dell’imprenditore a titolo di proprietà o di altro diritto reale di godimento, non essendo, invece, ammortizzabili i costi riguardanti beni di proprietà di terzi”.

Sotto altro profilo, l’assunto cui perviene la Corte appare ulteriormente violativo del paradigma della capacità contributiva ex 53 della Costituzione e dei principi generali del reddito di impresa per la deduzione dei componenti negativi: competenza, certezza, determinabilità ed inerenza. Tutti questi connotati del costo paiono sussistere nella fattispecie di causa benché nell’operazione immobiliare vi sia stato un clamoroso errore d’impostazione civilistica del cespite ed un altrettanto grave errore di classificazione in bilancio (dipoi involgente il principio di derivazione rafforzata) da parte dell’impresa. L’Azienda ha sostenuto i costi per avere la disponibilità dell’immobile strumentale adibito a sede. Sia quindi consentita l’articolazione di un ipotetico scenario accertativo derivante da questa impostazione, per rendere più esplicito l’assunto qui espresso: il grave errore contabile e fiscale potrebbe far ritenere inattendibili nel loro complesso le scritture contabili ed in tal caso, non essendo utilmente spendibili queste ultime, l’Amministrazione non potrebbe utilizzare l’accertamento analitico bensì a quello induttivo cd. puro. Tale ultima metodologia impone all’Amministrazione di quantificare e valorizzare non solo i componenti positivi ma anche quelli negativi ed è pacifico, nel caso de quo, che tra questi non potrebbero omettersi quelli indiscutibilmente sostenuti dall’azienda speciale per garantirsi la fruibilità della propria sede. In conclusione del ragionamento, parrebbe quindi illogico ed irragionevole che la deducibilità dei costi inerenti alla disponibilità della sede legale possa essere consentita nell’alveo della più gravosa metodologia induttiva e non anche con la più raffinata tecnica analitica. Peraltro, depongono nella direzione di una soluzione maggiormente ossequiosa del principio di capacità contribuiva anche le tendenze evolutive internazionali in materia contabile ove, per i soggetti IAS/IFRS adopters, prevale il principio della sostanza economica (nel nostro caso, l’utilizzo, la disponibilità del bene) rispetto alla forma giuridica (rectius, il titolo giuridico per mezzo del quale se ne ha la disponibilità). Per quanto dedotto si ritiene che il più corretto trattamento contabile fosse quello di inserire il costo di costruzione tra le immobilizzazioni immateriali alla voce Altre (voce B.I.7.) tra i Costi per migliorie e spese incrementative su beni di terzi non essendo tali componenti separabili dai beni stessi (ossia privi di autonoma funzionalità (OIC 24 par. A.22); nel caso in cui l’ente locale provvedesse, ex art. 936 c.c., a ritenere la res l’azienda speciale dovrebbe procedere con la cancellazione dal bilancio di tali componenti (OIC 24 par. A.23). Ai fini fiscali, i costi sostenuti dall’azienda speciale andavano, si ritiene, ricondotti alle spese relative a più esercizi ex art. 108 d.p.r. 917/1986 ivi traslando l’irrisolta tematica del più corretto periodo di tempo (ex OIC24, par.76) in cui ammortizzare questi cespiti utilizzati sine titulo. L’esame dell’art. 108, co. 1 evidenzia che per questa particolare ed eterogenea categoria di componenti negativi di reddito non si poteva prevedere - ed infatti non viene prevista - alcuna tipizzazione: né in ordine alle fonti di produzione, né in ordine alla tempistica dell’ammortamento. Siamo infatti avanti ad una norma di chiusura la cui applicazione “scatta solo in assenza di regole specifiche da cui desumere che un costo può essere dedotto correntemente[2]”. Come già osservato[3] in relazione alle migliorie su beni di terzi condotti in forza di un rapporto di locazione, l’Amministrazione finanziaria[4] ha, dopo un’iniziale attenzione rivolta esclusivamente all’ordinaria durata contrattuale[5], sovente espresso la necessità di considerare i periodi di rinnovo contrattuali[6], evidenziando quindi flessibilità ed adeguamento al criterio case by case sempre che i costi stessi svolgano la loro utilità anche nelle ulteriori annualità per le quali è prevista la rinnovabilità del contratto[7]”. Secondo tale impostazione quindi, l’adozione di un ammortamento parametrato sul D.M. 31 dicembre 1988, benché disciplinante le immobilizzazioni materiali, pare prudente e non fiscalmente aggressivo e per l’effetto correttamente utilizzabile anche nella incresciosa vicenda involgente l’ente locale e la sua azienda speciale.

 

[1] Conformi, con ricostruzione a mio avviso non condivisibile R. ROCCHI - M. MENOZZI, Costi di costruzione su beni di terzi non ammortizzabili ma deducibili come costi di manutenzione, Il fisco 37,2024, p. 3475-3476.

[2] R. LUPI, Diritto tributario, parte speciale, VII ed., Milano, pag. 171.

[3] Sia consentito il rinvio a A. BORGHETTI, Spese incrementative su beni di terzi: ai fini dell’ammortamento non rileva il periodo di rinnovo contrattuale, il fisco, 30, 2222, p. 2972 e ss.

[4] Che qualifica dette spese “oneri pluriennali” e non “beni”, vedasi la Circolare 31 maggio 2005, n. 27/E e la Risoluzione 27 dicembre 2005, n. 179/E: “dal punto di vista fiscale non possono essere considerate ‘beni’ (della specie ‘beni immateriali’) cui si renda applicabile la disciplina degli ammortamenti e della deduzione extracontabile di cui rispettivamente agli articoli 103 e 109 del TUIR. Le stesse costituiscono, invero, oneri pluriennali e più precisamente spese relativi a più esercizi di cui al comma 3 dell’articolo 108”.

[5] Il riferimento è alla Nota del Ministero delle Finanze Direzione Imposte dirette 8 febbraio 1979, n. 543 la quale ritiene che i costi in commento “siano deducibili nel limite della quota imputabile a ciascun periodo d'imposta e, comunque, ovviamente, non oltre il periodo di durata del contratto di locazione”.

[6] Risoluzioni 10 luglio 1982, n. 2980 e 27 dicembre 1983, n. 400.

[7] Così, la citata 27 dicembre 1983, n. 400; conforme la precedente n. 2980/1982 anche se con locuzione meno precisa (“per i quali le medesime svolgono la loro utilità”).

Argomento: Della proprietà
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. Trib., 6 agosto 2024, n. 22139) Stralcio a cura di Giovanni Pagano

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“4.2. Va premesso che la CTR ha accertato in fatto che: a) l'immobile per cui è causa è stato integralmente realizzato a cure e spese di ATM, sebbene su terreno non di proprietà di quest'ultima e appartenente verosimilmente al Comune di M.; b) detto immobile è utilizzato dalla società come sede sociale (e, quindi, si tratterebbe di un bene strumentale), peraltro senza che risulti il titolo del godimento; c) il Comune di M non ha mai contestato la disponibilità del bene in capo ad ATM. 4.2.1. (…) la richiesta del Comune di utilizzare parte del bene per collocarvi propri uffici sarebbe, per il giudice di appello, confermativa dell'uso dell'immobile da parte di ATM; la quale avrebbe, dunque, diritto ad ammortizzare i costi dei lavori effettuati, trattandosi di un bene strumentale all'esercizio della propria attività. 4.2.2. Tale tesi è sostenuta anche da ATM, per la quale, ai fini di una corretta rappresentazione in bilancio, non è tanto importante la proprietà formale del bene, quanto la sua concreta utilizzazione, sicché colui che lo ha realizzato e lo utilizza deve potere ammortizzare anche i relativi costi. 4.2.3. Secondo la tesi erariale, invece, la circostanza che ATM non abbia comprovato la proprietà del bene (il quale apparterrebbe, pertanto, al Comune di M in quanto proprietario del suolo e in ragione del principio dell'accessione), sarebbe dirimente ai fini della insussistenza della possibilità per ATM di ammortizzare i costi di costruzione. 4.3. Ritiene questa Corte che i costi concernenti la realizzazione o l'acquisto di un bene sono ammortizzabili allorquando il bene entra nel patrimonio dell'imprenditore (cfr. art. 102, comma 1, del TUIR, laddove si parla di esercizio di entrata), con conseguente iscrizione del bene nello stato patrimoniale. Ciò implica, peraltro, l'acquisizione del bene in termini di proprietà o altro diritto reale di godimento (Cass. n. 24779 del 04/12/2015), ovvero anche di leasing, comportando tale contratto l'acquisto differito della proprietà del bene. 4.3.1. La circostanza trova puntuale conferma nei principi OIC. In particolare, il principio 16, concernente le immobilizzazioni materiali, chiarisce che il bene viene annoverato tra le dette immobilizzazioni quando ne viene acquisita la proprietà e, nel caso di trasferimento differito della proprietà, quando avviene il [continua ..]

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