home / Archivio / Diritto Civile raccolta del 2022 / Indagini di investigatori non indicati nominativamente: nullo il licenziamento

indietro stampa contenuto leggi libro


Indagini di investigatori non indicati nominativamente: nullo il licenziamento

Argomento: Del licenziamento
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. Lav., 11 ottobre 2023, n. 28378)

stralcio a cura di Ciro Maria Ruocco

“ (…) 2. – L’indicazione del nominativo dei soggetti che in concreto hanno eseguito le indagini, se non riconducibili alla società di investigazione che ha ricevuto l’incarico, è un requisito di validità e di liceità di tali indagini e di utilizzabilità del relativo esito, pur se demandate a soggetto all’uopo dotato delle necessarie autorizzazioni amministrative (nella specie (omissis), per la quale peraltro il ricorrente ha contestato nei vari gradi di giudizio il possesso delle predette autorizzazioni, contestazioni poi tradotte nell’ottavo motivo). (…) Invece, l’indicazione dei nominativi degli investigatori (omissis), collaboratori di (omissis), è mancata sia ab origine, sia ex post in calce al mandato ricevuto. Tale mancanza inficia il mandato e comporta, di conseguenza, l’inutilizzabilità, ai sensi dell’art. 11, co. 2, d.lgs. n. 196/2003, dei dati raccolti da soggetti non legittimati a farlo. In tal senso è l’autorizzazione n. 6/2016 del Garante per la protezione dei dati personali, registro dei provvedimenti n. 528 del 15/12/2016, invocata dal ricorrente a pag. 43 della memoria nella fase di opposizione del giudizio di primo grado (v. ricorso per cassazione, pp. 30-31), in cui è previsto che “l’investigatore  privato  deve  eseguire  personalmente  l’incarico  ricevuto  e  non  può avvalersi di altri investigatori non indicati nominativamente all’atto del conferimento dell’incarico   oppure   successivamente   in   calce   a   esso   qualora   tale   possibilità   sia stata prevista nell’atto di incarico”. (…) (…) 6. - Ne consegue che sul piano processuale tale norma preclude non solo alle parti di avvalersi dei predetti dati come mezzo di prova, ma pure al giudice (nella controversia diversa da quella avente ad oggetto il provvedimento del Garante relativo al trattamento dei dati personali) di fondare il proprio convincimento su fatti dimostrati dal dato acquisito in modo non rispettoso delle regole dettate dal legislatore e dai codici deontologici. D’altronde, questa assolutezza si spiega in chiave “funzionale”: la ratio della norma è quella di scoraggiare la ricerca, [continua ..]

» Per l'intero contenuto effettuare il login inizio