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Responsabilità del mediatore ex art. 1759 cc per l'omessa comunicazione di irregolarità urbanistica o edilizia non ancora sanata relativa all'immobile oggetto della promessa di vendita

Giuseppe Piccardo

La vicenda oggetto della sentenza in commento trae origine dal ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova, di accoglimento del gravame della pronuncia del Tribunale del capoluogo ligure. Il giudice di primo grado, in particolare, condannava il titolare di una agenzia immobiliare al risarcimento dei danni in favore del cliente, in misura pari all’importo della provvigione corrisposta per la compravendita di un immobile.

 I giudici rigettavano la domanda di garanzia svolta dall’agenzia immobiliare nei confronti della compagnia di assicurazioni chiamata in garanzia, ritenendo che la riscontrata violazione dell’articolo 1759 c.c., da parte del mediatore, non fosse coperta dalla polizza. La Corte d’Appello, in accoglimento del gravame proposto dall’agenzia immobiliare, affermava che:

a) la circostanza che il mediatore fosse al corrente del fatto che, in relazione all’immobile fosse in corso l’aggiornamento catastale e urbanistico, risultasse dalla proposta irrevocabile;

b) le difformità edilizie presenti non pregiudicavano la commerciabilità del bene;

c) nel secondo preliminare le parti avevano dato espressamente atto del fatto che la riduzione del corrispettivo veniva pattuita unicamente in funzione della circostanza che i promissari acquirenti si obbligavano a provvedere a propria cura e spese alle regolarizzazioni urbanistico edilizie;

d) a tale riduzione del corrispettivo non si era poi proceduto nell’atto di compravendita, perché nel frattempo il bene era stato colpito da sequestro conservativo e si era quindi "deciso di procedere alla vendita per il prezzo già convenuto e di destinare il ricavato della medesima a garanzia dei crediti e/o del loro pagamento", il che tuttavia non incide sul ravvisato adempimento dell’obbligo di informazione da parte del mediatore. Il cliente soccombente in secondo grado, proponeva, quindi, ricorso per Cassazione, fondato sui seguenti motivi:

a) violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e 1363 c.c., in quanto la specifica, nella proposta di acquisto sottoscritta, che fosse in corso l’aggiornamento catastale e urbanistico dell’immobile, non valesse ad informare il compratore delle difformità edilizie, solo in seguito accertate dallo stesso;

b) violazione e falsa applicazione della legge n. 52 del 1985, articolo 29, per incommerciabilità dell’immobile;

c) nullità della sentenza in relazione agli artt. 116 e 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e all’articolo 118 disp. att. c.p.c. in quanto, stante il rilascio del permesso in sanatoria, la sentenza impugnata avrebbe dovuto rilevare la sussistenza di irregolarità che imponessero un "condono";

d) omesso esame di fatti decisivi e di testimonianze rilevanti ai fini della decisione, dalle quali sarebbe emerso, se ammesse, che l’agenzia immobiliare era al corrente delle irregolarità urbanistiche – edilizie dell’immobile e che erano state sottaciute;

e) violazione e falsa applicazione degli articoli 1755 c.c. e 1759 c.c., in quanto il vincolo derivante dalla proposta d’acquisto, e formalizzato nel preliminare, era stato poi del tutto modificato con successivo preliminare, cosicché l’acquisto si era poi perfezionato oltre un anno dopo. La Suprema Corte, in accoglimento del primo e del quinto motivo di ricorso, cassava con rinvio la sentenza impugnata. In particolare, i giudici di legittimità, chiarito, in via preliminare, che la ditta individuale non è soggetto giuridico diverso dal suo titolare, affermavano che il mediatore immobiliare, tanto nell’ipotesi tipica in cui abbia agito in modo autonomo, quanto nell’ipotesi in cui si sia attivato su incarico di una delle parti (c.d. mediazione atipica), ha, ai sensi del primo comma dell’articolo 1759 c.c., l’obbligo di comportarsi secondo correttezza e buona fede, comprensivi del dovere di riferire alle parti le circostanze dell’affare a sua conoscenza, ovvero che avrebbe dovuto conoscere con l’uso della diligenza qualificata propria della sua categoria, idonee ad incidere sul buon esito dell’affare. In applicazione del principio suddetto, la Cassazione argomentava che anche la mancata informazione del promissario acquirente, circa l’esistenza di una irregolarità urbanistica o edilizia non sanata, della quale il mediatore stesso doveva e poteva essere edotto, rende lo stesso responsabile (in solido con il venditore) verso il cliente – promissario acquirente, anche per i danni ulteriori, se dimostrati, quali costi e spese documentate, salvo il legittimo rifiuto di corrispondere la provvigione richiesta.

A corollario dei principi sopra esposti, va evidenziato che la Cassazione, con la pronuncia in commento, ha ribadito il proprio orientamento, secondo il quale la responsabilità risarcitoria del mediatore reticente, a prescindere da eventuale responsabilità concorrente del venditore, può ricollegarsi al minore vantaggio o al maggiore aggravio patrimoniale derivanti dalle determinazioni negoziali della parte, che siano state effetto dell’adempimento degli obblighi di informazione. Si legge, infatti, nell’ordinanza: “Dalla lettura combinata dell’art. 1759, comma 1, c.c. con gli artt. 1175 e 1176 c.c., nonché con la disciplina dettata dalla L. n. 39 del 1989, si desume, invero, la natura professionale dell’attività del mediatore, il quale (pur non essendo tenuto, se non in forza di uno specifico impegno contrattuale, a svolgere apposite indagini di natura tecnico - giuridica) riveste comunque un ruolo che gli permette di "svolgere ogni attività complementare o necessaria per la conclusione dell’affare" (L. n. 39 del 1989, art. 3, comma 1; si vedano già Cass. Sez. 3, n. 6389 del 2001; Sez. 3, n. 5107 del 1999). L’obbligo ex art. 1759, comma 1, c.c. consente di configurare la responsabilità del mediatore anche ove questi dia informazioni obiettivamente non vere su fatti di indubbio rilievo, dei quali egli non abbia consapevolezza e che non abbia controllato. In questi limiti possono rilevare, in caso di mediazione immobiliare, le informazioni afferenti alla contitolarità del diritto di proprietà, all’insolvenza di una delle parti, all’esistenza di elementi atti a indurre le parti a modificare il contenuto del contratto, ad eventuali prelazioni ed opzioni, al rilascio di autorizzazioni amministrative, alla provenienza di beni da donazioni suscettibili di riduzione, alla solidità delle condizioni economiche dei contraenti, alle iscrizioni o trascrizioni sull’immobile e alla titolarità del bene in capo al venditore. Hanno peso, in particolare, ai fini dell’obbligo di informazione di cui all’art. 1759, comma 1, c.c., le circostanze relative alla valutazione ed alla sicurezza dell’affare, che possano influire sia sulla prestazione del consenso al contratto, sia comunque nel senso di determinare le parti a concludere il contratto a diverse condizioni (Cass. Sez. 2, n. 15577 del 2022; Sez. 2, n. 784 del 2020; Sez. 2, n. 27482 del 2019; Sez. 3, n. 16623 del 2010; Sez. 3, n. 5777 del 2006; Sez. 3, n. 16009 del 2003; Sez. 3, n. 6714 del 2001)” .

Il principio di diritto sopra riportato deriva, in punto di fatto, dalla circostanza che la sopravvenuta conoscenza delle difformità dell’immobile acquisita dal promissario acquirente all’atto del preliminare modificativo del primo, sotto il profilo delle clausole di rilievo urbanistico ed edilizio, confermava l’originaria carenza informativa del mediatore, circa il non corretto adempimento degli obblighi di informazione alle parti, al fine della conclusione, comunque, dell’affare e, quindi, dell’incasso della provvigione.

Circa, infine, il profilo del coordinamento della responsabilità del mediatore con la responsabilità del venditore per la violazione dell’impegno a vendere l’immobile, con la sottoscrizione del contratto preliminare, alla stregua della specifica disciplina delle garanzie e degli inadempimenti del contratto di compravendita, se non possono esigersi dal mediatore indagini che vadano oltre quelle di ordinaria natura tecnico-giuridica in ordine alla situazione urbanistica ed edilizia dell’immobile e la libertà da pesi e vincoli del bene, secondo la Cassazione occorre, comunque, che il mediatore medesimo comunichi alle parti le circostanze dell’affare conosciute o conoscibili con l’ordinaria diligenza, propria del professionista.

Argomento: Della Mediazione
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. II, 2 maggio 2023 n. 11371)

stralcio a cura di Giovanni Pagano

4.2. (…), il mediatore - tanto nell'ipotesi tipica in cui abbia agito in modo autonomo, quanto nell'ipotesi in cui si sia attivato su incarico di una delle parti (c.d. mediazione atipica) - ha, ai sensi dell'art. 1759, comma 1, c.c., l'obbligo di comportarsi secondo correttezza e buona fede, nel cui ambito è incluso l'obbligo specifico di riferire alle parti le circostanze dell'affare a sua conoscenza, ovvero che avrebbe dovuto conoscere con l'uso della diligenza qualificata propria della sua categoria, idonee ad incidere sul buon esito dell'affare. Dalla lettura combinata dell'art. 1759, comma 1, c.c. con gli artt. 1175 e 1176 c.c., nonchè con la disciplina dettata dalla L. n. 39 del 1989, si desume, invero, la natura professionale dell'attività del mediatore, il quale (pur non essendo tenuto, se non in forza di uno specifico impegno contrattuale, a svolgere apposite indagini di natura tecnico - giuridica) riveste comunque un ruolo che gli permette di "svolgere ogni attività complementare o necessaria per la conclusione dell'affare" (L. n. 39 del 1989, art. 3, comma 1; si vedano già Cass. Sez. 3, n. 6389 del 2001; Sez. 3, n. 5107 del 1999). L'obbligo ex art. 1759, comma 1, c.c. consente di configurare la responsabilità del mediatore anche ove questi dia informazioni obiettivamente non vere su fatti di indubbio rilievo, dei quali egli non abbia consapevolezza e che non abbia controllato. In questi limiti possono rilevare, in caso di mediazione immobiliare, le informazioni afferenti alla contitolarità del diritto di proprietà, all'insolvenza di una delle parti, all'esistenza di elementi atti a indurre le parti a modificare il contenuto del contratto, ad eventuali prelazioni ed opzioni, al rilascio di autorizzazioni amministrative, alla provenienza di beni da donazioni suscettibili di riduzione, alla solidità delle condizioni economiche dei contraenti, alle iscrizioni o trascrizioni sull'immobile e alla titolarità del bene in capo al venditore. Hanno peso, in particolare, ai fini dell'obbligo di informazione di cui all'art. 1759, comma 1, c.c., le circostanze relative alla valutazione ed alla sicurezza dell'affare, che possano influire sia sulla prestazione del consenso al contratto, sia comunque nel senso di determinare le parti a concludere il contratto a diverse condizioni (Cass. Sez. 2, n. 15577 del 2022; Sez. 2, n. 784 del 2020; Sez. 2, n. 27482 del 2019; Sez. 3, n. 16623 del [continua ..]

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