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Rimuovere i film che non sono caduti nel pubblico dominio da YouTube è legittimo. Sulla natura dei diritti del produttore dell'opera cinematografica

Stefania Cici

Con l’ordinanza in commento la prima sezione della Suprema Corte di Cassazione ha eseguito una ricostruzione letterale e sistematica della legge sul diritto d’autore nazionale e comunitaria allo scopo di individuare pedissequamente quali diritti spettino al produttore cinematografico in termini di utilizzazione e sfruttamento economico dell’opera d’arte realizzata.

Il caso di specie trae origine dalla domanda proposta da A.A. al fine di ottenere l’accertamento della liceità della pubblicazione, sul suo canale web, di alcuni frammenti di un’opera cinematografica pubblicata nel 1950 con contestuale condanna al risarcimento danni per abusiva attività di blocco della casa produttrice che se ne dichiarava titolare dei diritti d’autore sul film e così determinando la chiusura del sito e la rimozione dell’opera.

Il Tribunale di prime cure, non condividendo la tesi dell’attore ne rigettava la domanda, di tal che lo stesso presentava ricorso alla Corte di Appello che, tuttavia, condivideva l’impostazione del primo giudice.

Alla stregua di ciò, A.A. presentava motivo di gravame in Cassazione lamentando che i giudici di merito avevano erroneamente interpretato la normativa in materia atteso che, l’opera cinematografica, doveva ritenersi caduta in pubblico dominio in quanto al produttore non poteva attribuirsi il termine di protezione più lungo, corrispondente ad anni 70, previsto per gli autori giacché l’art. 78 ter L.A, aveva fornito una regolamentazione specifica in tal senso: ossia al produttore spetta una tutela di anni 50 dalla pubblicazione del film; perciò tale disciplina – introdotta con il D.L.vo. n. 68/2003, in attuazione della direttiva 2001/29/CE – determinava una specificazione degli artt. 45 e 46, co. 1, della legge sui diritti d’autore, con la conseguente prevalenza della prima sulle seconde.

I giudici della nomofilachia, nondimeno, hanno ritenuto tale interpretazione fallace chiarendo anzitutto che l’art. 78 ter della L.A. attribuisce al produttore unicamente i c.d. diritti connessi o secondari al diritto d’autore, quale il titolo alla riproduzione e duplicazione dei supporti e conseguente duplicazione e commercializzazione sui quali l’opera era stata precedentemente impressa; chiarendo perciò che l’articolo suddetto non ha introdotto una modifica sui diritti del produttore come disciplinati dall’art. 45 L.A.

Difatti, come da orientamento consolidato (sent. nn. 3004/1973 e 16771/2012) il combinato disposto degli artt. 44 e 45 L.A. attribuiscono la contitolarità dell’opera all’autore del soggetto, della sceneggiatura, della musica e al regista, mentre al produttore spettano i diritti di sfruttamento economico.

Posto ciò, è certo che al produttore non si attribuiscono mediante una fictio iuris direttamente diritti sull’opera cinematografica, ma occorrerà che lo stesso stipuli con i precedenti attori contratti che gli permettano di esercitare tali diritti, in via preventiva, al fine di evitare eventuali controversie; pertanto, spetta anche a lui una tutela temporale maggiore corrispondente ad anni 70 così come disposto dall’art. 32 L.A.

Tale assunto è stato avvallato anche dai principi giuridici europei (causa C 277/10, Martin Luksan vs Petrus van der Let), nonché emersi dall’interpretazione ermeneutica degli art. 1 e 3 dir. 98/83/CEE, dagli artt. 2 e 3 dir. 2001/29/CE in combinato disposto con gli artt. 2 e 3 dir. 2006/115/CE, emanate con lo scopo di armonizzare il diritto dell’euro-zona, attraverso cui si evince che i diritti di sfruttamento dell’opera cinematografica spettino al registra, direttamente ed originariamente; pertanto, non è pensabile una normativa nazionale che attribuisca ipso iure detti diritti al produttore, ma piuttosto si tratterebbe di una presunzione di trasferimento di dette facoltà mediante contratto, atteso che quest’ultimo è colui che assume l’iniziativa e la conseguente responsabilità della realizzazione dell’opera con gli eventuali rischi economici per l’investimento effettuato.

Ne consegue che chiunque contesti la titolarità del diritto del produttore dovrà fornire la prova contraria alla luce delle concrete pattuizioni negoziali intervenute precedentemente.

Premessi brevi cenni, la normativa di riferimento è sussumibile nell’art. 45 L.A. secondo cui l’esercizio dei diritti di sfruttamento economico dell’opera spettano al produttore, quale soggetto che ha organizzato la produzione della stessa.

Analizzato il caso di specie è possibile trarre alcune considerazioni di carattere prettamente sostanziale. La materia de qua viene regolamentata dalla l. n. 633/1941, artt. 45 – 50 in materia di diritto d’autore. Alla luce di ciò è possibile cogliere la posizione del legislatore italiano su alcuni punti chiave della tematica in oggetto riguardanti la definizione e classificazione delle opere cinematografiche nella species delle opere di ingegno, l’individuazione dei soggetti titolari del diritto d’autore ed infine il regime temporale sulla prescrizione di tali diritti.

Anzitutto, per essere meritevole di tutela l’opera dovrà presentare due caratteristiche quali l’originalità e la novità, l’insieme delle stesse comporterà la qualificazione quale opere d’ingegno, atteso che l’opera cinematografica è per sua intrinseca natura una creazione dell’intelletto umano.

I soggetti dotati di diritti sulla stessa (art. 44 L.A.) sono l’autore del soggetto, della sceneggiatura, della musica ed il direttore artistico, quali coautori (vedasi la ricostruzione dottrinale sulle opere collaborative o collettive). Essi detengono un diritto morale, imprescrivibile e inalienabile e diritti patrimoniali relativi alla utilizzazione economica esclusiva dell’opera per un certo lasso temporale che corrisponde a 70 anni dopo la morte dell’ultima persona sopravvissuta (art. 32 L.A.), mentre per i diritti connessi – propri del produttore – di fissazione su un supporto digitale, il tempo si riduce ad anni 50 dalla prima pubblicazione o dalla prima comunicazione al pubblico se anteriore (art. 78 ter L.A.); dopo di che le opere cadono in pubblico dominio.

Tuttavia, anche in questo caso occorre fare una importante considerazione, l’ingresso non determina tout cour un illimitato potere di utilizzo giacché, questo vale unicamente per la creazione originale, mentre le eventuali altre revisioni dell’opera – a titolo esemplificativo e non esaustivo la traduzione di un testo in altra lingua – avrà vita autonoma e autonoma sarà la sua tutela in termini di diritto d’autore.

A ciò si aggiunge un’importante novità introdotta dalla Direttiva n. 790/2019 sul Mercato Digitale Unico, con la quale si è previsto che “Gli Stati membri provvedono a che, alla scadenza della durata di protezione di un’opera delle arti visive, il materiale derivante da un atto di riproduzione di tale opera non sia soggetto al diritto d’autore o a diritti connessi, a meno che il materiale risultante da tale atto di riproduzione sia originale nel senso che costituisce una creazione intellettuale propria dell’autore.” (art. 14)

Dunque, alla stregua di ciò può desumersi che l’opera di armonizzazione europea è ancora in corso e che si sta tendendo sempre di più ad una libera circolazione delle opere sul mercato al fine di rendere edotti tutti i consociati sui beni nell’ambito della tutela del patrimonio artistico – culturale.

Argomento: Diritto d'autore
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. I, 23 maggio 2023, n. 14117)

stralcio a cura di Fabrizio Cesareo

"(…) Il Tribunale di Napoli (…) con sentenza n. 1547/2018 (…) ha rigettato le domande proposte da A.A., finalizzate a sentire accertare e dichiarare la liceità della pubblicazione dallo stesso effettuata sul suo sito internet (Omissis) di alcuni frammenti del film "(Omissis)" - con B.B., pubblicato nel 1950 - oltre alla condanna della casa di produzione Ripley's film Srl , asseritamente titolare dei diritti d'autore sul film in oggetto, al risarcimento dei danni per la abusiva attività di blocco posta in essere (quest'ultima aveva, in particolare, segnalato al gestore della piattaforma (Omissis) l'illiceità del video caricato e messo a disposizione del pubblico, determinandone la rimozione, il blocco e l'oscuramento). Il Tribunale di Napoli non ha condiviso la tesi dell'attore secondo cui l'opera cinematografica in oggetto fosse caduta in pubblico dominio. Il giudice di primo grado ha, invece, accolto la domanda riconvenzionale della casa di produzione Ripley's Film Srl in liquidazione, finalizzata ad ottenere l'accertamento in capo alla Marzi Srl (che ne aveva ceduto la gestione alla stessa Ripley's) della titolarità dei diritti di utilizzazione economica sul predetto film, oltre alla inibitoria nei confronti del A.A. all'ulteriore utilizzazione e diffusione della stessa opera. La Corte d'Appello di Napoli, con sentenza n. 1674/2020, (…) ha, in primo luogo, condiviso l'impostazione del primo giudice in ordine al fatto che l'opera cinematografica in oggetto non fosse caduta in pubblico dominio, e ciò sul rilievo che i diritti che hanno ad oggetto l'opera cinematografica, nel suo contenuto creativo, sono dalla legge "attribuiti espressamente al produttore, operandosi quindi una chiara fictio juris che di fatto equipara la posizione di quest'ultimo soggetto a quello degli autori dell'opera, da cui la tutela per tutta la vita dell'ultimo dei coautori e fino ai 70 anni successivi". (…) Infine, la Corte d'Appello di Napoli, in parziale accoglimento dell'appello del A.A., ha riformato la sentenza di primo grado nella parte in cui questa aveva accolto le domande riconvenzionali della Ripley's Film Srl in liquidazione.In particolare, il giudice d'appello ha ritenuto che la predetta casa di produzione non avesse fornito la prova che la propria mandante Marzi Srl fosse la legittima titolare dei diritto d'autore sull'opera "(Omissis)", risultando dalla locandina del film che la società [continua ..]

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