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Costituzionalmente illegittimo l'art. 3, comma 3, l. 168/2017. Sono nuovamente alienabili le terre di proprietà privata gravate da usi civici

Argomento: Domini collettivi
Sezione: Corte Costituzionale

(C. Cost., 15 giugno 2023, sent. n. 119)

stralcio a cura di Fabrizio Cesareo

"1.– (…) Con due ordinanze di identico tenore iscritte ai numeri 114 e 127 del reg. ord. 2022, il Tribunale di Viterbo, sezione civile, in funzione di giudice dell’esecuzione immobiliare, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 42 Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, della legge n. 168 del 2017, nella parte in cui non esclude la «proprietà di privati di cui all’art. 3, comma 1, lettera d)» dalla previsione secondo cui «[i]l regime giuridico dei beni di cui al comma 1 resta quello dell’inalienabilità». 2.– Ad avviso del giudice a quo, la norma censurata si porrebbe in contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto assoggetterebbe al medesimo regime di inalienabilità sia i beni che costituiscono demanio civico, di cui all’art. 3, comma 1, lettere a), b), c), e) ed f), della legge n. 168 del 2017, sia i beni di proprietà privata su cui insistono usi civici non ancora liquidati, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera d), della medesima legge, disciplina, quest’ultima, che il rimettente reputa comunque intrinsecamente irragionevole. Secondo il Tribunale di Viterbo, la previsione censurata violerebbe altresì l’art. 24 Cost., e in particolare il diritto alla tutela giurisdizionale del ceto creditorio, in quanto impedirebbe di procedere alla vendita forzata di un bene gravato da usi civici. Al contempo, la medesima norma recherebbe pregiudizio allo stesso diritto alla tutela giurisdizionale dei titolari dell’interesse collettivo, inibendo loro «di poter ottenere [dal debitore esecutato] il risarcimento del danno nel caso in cui lo stesso impedis[ca] l’esercizio dell’uso civico». Da ultimo, a giudizio del rimettente, la disciplina statale, sopra richiamata, violerebbe l’art. 42 Cost., poiché introdurrebbe un regime di inalienabilità che andrebbe irragionevolmente a comprimere il diritto di proprietà. L’impedimento all’esercizio della facultas disponendi non sarebbe, infatti, giustificato da ragioni riconducibili al paradigma della funzione sociale, posto che la circolazione del diritto di proprietà sul bene non andrebbe in alcun modo a interferire con l’esercizio del diritto di uso civico da parte della collettività. Oltretutto, non vertendosi in materia di espropriazione, non spetterebbe al proprietario, e di [continua ..]

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