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Valida la clausola penale determinata ex post

Fabrizio Petillo

Due società di capitali stipulavano un contratto di compravendita tramite il quale pattuivano il trasferimento del diritto di proprietà che una delle due vantava in relazione ad un fondo.

Successivamente le società stipulavano un altro accordo in virtù del quale l’acquirente si obbligava ad edificare sul fondo oggetto della compravendita rispettando, tra l’altro, determinate distanze e garantendo precise “luci” tra la nuova opera e il fondo limitrofo ancora di proprietà della società venditrice. Tale accordo prevedeva, altresì, una clausola penale così formulata: in caso di inadempimento saranno applicate, a carico della parte inadempiente, penali pari al doppio del valore dell’inadempimento”.

A seguito dell’inadempimento della sopracitata obbligazione, la venditrice instaurava un giudizio arbitrale al termine del quale la società acquirente veniva condannata al pagamento della penale; l’entità di quest’ultima veniva determinata con l’ausilio di una c.t.u., necessaria per definire il valore dell’inadempimento.

La società soccombente, quindi, instaurava un giudizio di fronte alla Corte di Appello di Bologna, impugnando il lodo rituale.

La sopracitata Corte di Appello, in accoglimento della domanda, dichiarava la nullità delle statuizioni rinvenibili nel lodo e anche la nullità della clausola penale, motivando tale ultima statuizione con un presunto difetto di causa a sua volta dovuto a quanto previsto dall’art. 1382 c.c. il quale stabilirebbe che la penale, avendo funzione delimitativa della somma da pagare in conseguenza dell’inadempimento, deve indicare precisamente la somma che dovrà essere corrisposta, dal momento che il Legislatore ha espressamente stabilito, con la suddetta disposizione codicistica, che la parte inadempiente sarà obbligata ad “una determinata prestazione”.

La società venditrice impugnava, quindi, la sentenza della Corte di Appello con ricorso per Cassazione fondato su tre motivi che, per il loro evidente collegamento, riguardando tutti la questione della validità della clausola penale, venivano esaminati congiuntamente.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso ritenendo fondati i motivi e, di conseguenza, non condivisibile quanto statuito dalla Corte di Appello.

Prima di tutto il Giudice di legittimità ha sottolineato come sia inconferente il richiamo, contenuto nella sentenza impugnata, ad un precedente della stessa Corte di Cassazione (sez. III civ., sent. n. 13956/2019), con il quale è stata esaminata una clausola contrattuale che stabiliva il pagamento di una somma, non a fronte di un inadempimento come nel caso della penale, ma in conseguenza di un avvenimento non imputabile alla parte obbligata e non riconducibile alla sua volontà (obbligo di corrispondere una somma, in capo all’utilizzatore e a favore del concedente, nel caso di furto o perdita del bene concesso in leasing).

La Suprema Corte, inoltre, ha aggiunto un’ulteriore critica alla sentenza impugnata, sottolineando come, anche a tutto voler concedere e anche a voler ritenere quanto statuito con il precedente del 2019 applicabile alla fattispecie in esame, la Corte di Appello di Bologna non avrebbe comunque dovuto desumere l’invalidità della pattuizione dalla presunta impossibilità di qualificare come penale la clausola voluta dalle due società di capitali, alla luce del fatto che proprio la clausola contrattuale esaminata nel precedente del 2019 era stata comunque considerata valida ed efficace, pur non potendo essere qualificata come penale, perché determinata nell’ambito dell’autonomia negoziale delle parti.

Premessa, quindi, la necessità che il Giudice accerti la validità di una pattuizione contrattuale a prescindere dalla riconducibilità o meno della stessa alla disciplina della penale, la Suprema Corte ha sottolineato come la Corte di Appello abbia errato, soprattutto, nel ritenere che la clausola penale pattuita tra le due società di capitali sopracitate fosse in contrasto con l’art. 1382 c.c.

In particolare, a parere del Giudice della nomofilachia, nell’ambito della “determinata prestazione” di cui all’art. 1382 c.c. può rientrare il pagamento di una somma parametrata all’entità dell’inadempimento. Il fatto che solo a seguito del suddetto inadempimento sarà possibile determinare, concretamente, la somma da corrispondere non esclude infatti che si possa configurare una clausola penale.  

Con la pronuncia in esame la Corte di Cassazione, quindi, ha aderito alla tesi per la quale la penale ben può essere meramente determinabile.

La Corte ha, altresì, esposto i motivi per i quali ha ritenuto di dover, invece, respingere l’opposta tesi, esposta da una dottrina meno recente, secondo la quale la penale non può che essere sin dall’origine determinata per garantire l’effettiva realizzazione della funzione dissuasiva dell’inadempimento che caratterizza l’istituto in esame. Secondo la tesi da rigettare, inoltre, la penale deve essere determinata anche perché diversamente la stessa non potrebbe essere distinta dall’obbligazione risarcitoria conseguente all’inadempimento contrattuale. Difatti, secondo la superata tesi in esame, l’entità dell’obbligazione risarcitoria deve essere determinata dal Giudice, a differenza della penale che, invece, deve essere predefinita nel suo ammontare alla luce della funzione sanzionatoria della stessa.

Secondo la Suprema Corte la tesi sopracitata (oggi minoritaria) deve essere, come detto, respinta. Prima di tutto perché, a ben vedere, la funzione principale della penale è quella di esonerare la parte adempiente dall’onere di provare la sussistenza e l’entità del danno e tale funzione, evidentemente, ben può essere perseguita con una penale anche solamente determinabile. Inoltre, ha sottolineato la Corte, la funzione dissuasiva può essere garantita adeguatamente anche tramite una penale solo successivamente determinabile la quale anzi, ancor di più, può fungere da deterrente dell’inadempimento contrattuale quando, come nel caso in esame, l’entità della stessa sarà tanto maggiore quanto più grave sarà il suddetto inadempimento. La tesi minoritaria, infine, è criticabile anche nella parte in cui, delineando la sopra descritta distinzione tra clausola penale e obbligazione risarcitoria conseguente all’inadempimento, finisce per aderire ad una concezione sanzionatoria della penale e non ad una, più corretta e conforme ai principi, concezione risarcitoria della clausola penale (sebbene si tratti di un risarcimento forfettario) la quale si distingue dal risarcimento del danno da inadempimento semplicemente perché, tramite la stessa, la parte è esonerata dal provare la sussistenza e l’entità del danno subito a fronte di un inadempimento imputabile. Diversamente, ha concluso il Giudice di legittimità, non si spiegherebbe quella giurisprudenza di legittimità che ritiene riducibile d’ufficio equamente la penale manifestamente eccessiva anche nel caso in cui sia pattuita espressamente l’irriducibilità della stessa.

Premesso quanto sopra circa l’interpretazione dell’art. 1382 c.c., la Suprema Corte ha sottolineato la totale contraddittorietà di quanto statuito dalla Corte di Appello la quale, prima ha affermato che la clausola penale soggiace alla disciplina delle obbligazioni e, quindi, ben può essere solamente determinabile e, successivamente, ha dichiarato la nullità della clausola contrattuale sottoposta al suo esame.

Infine, in perfetta coerenza con le premesse, la Suprema Corte ha concluso il proprio ragionamento statuendo che alla clausola penale non può che essere applicata la disciplina prevista in materia di contratti e, in particolare, la previsione secondo la quale l’oggetto può essere determinato o determinabile.

La clausola penale, quindi, ben può essere solamente determinabile, purché la stessa si basi su un criterio predeterminato che consenta agevolmente la successiva definizione della somma dovuta. La clausola penale può essere, come nella fattispecie oggetto dell’ordinanza in esame, parametrata all’entità e al valore dell’inadempimento, alla sua durata, come pure essere definita solo nel suo ammontare massimo e determinata, poi, in base all’entità concreta dell’inadempimento.

In definitiva quindi, secondo il Giudice di legittimità, la clausola penale pattuita dalle parti è conforme a quanto previsto dall’art. 1382 c.c. perché, seppur determinabile solo a seguito dell’inadempimento, è parametrata ad un criterio oggettivo delineato ex ante che vincola il Giudice nell’attività volta a determinarla, salva la possibilità per quest’ultimo di esercitare il potere di riduzione di cui all’art. 1384 c.c. nel rispetto dei criteri stabiliti dalla Suprema Corte.

La pronuncia in esame – come sottolineato anche nei primi commenti della dottrina[1] – si pone in continuità con quanto precedentemente affermato dalla stessa Corte di Cassazione[2], oltreché, come visto, con la tesi maggioritaria in tema di penale determinabile e con quanto sostenuto dalla migliore dottrina, più in generale, in tema di funzione della clausola penale.

In particolare, si ricorda che, secondo la tesi maggioritaria sia in dottrina[3] che in giurisprudenza[4], la clausola penale ha una funzione prevalentemente risarcitoria–reintegratoria e non una funzione esclusivamente sanzionatoria[5] e, per tal motivo, la stessa semplicemente esonera il creditore dalla prova dell’esistenza del danno e del suo ammontare dal momento che la misura del danno da risarcire è stata, preventivamente, determinata dalle parti in maniera forfettaria.

Proprio in virtù della funzione risarcitoria della clausola penale, la tesi minoritaria che esclude la penale meramente determinabile deve essere considerata oramai superata perché la stessa, come detto, si fonda anche sulla criticabile presunta funzione sanzionatoria della penale.

La sentenza in commento pare coerente, infine, anche nella misura in cui applica alla clausola penale nient’altro che la disciplina prevista, più in generale, in materia di contratti e, in particolare, quanto previsto dall’art. 1346 c.c. il quale stabilisce espressamente che l’oggetto deve essere determinato o semplicemente determinabile.

 

[1] V. DE GIOIA, Clausola penale: la determinazione “ex post” della prestazione dovuta dalla parte inadempiente, in www.latribuna.it.

[2] Si veda Cass., sez. I civ., sent. n. 1189/2018 tramite la quale è stata esaminata una penale stabilita solo nell’importo massimo. Tale precedente – richiamato anche nella pronuncia in commento – in realtà pare superare il problema della indeterminatezza della penale stabilendo, in relazione alla fattispecie all’epoca esaminata, che, a ben vedere, la penale era determinata essendo stato stabilito comunque un importo massimo. Il fatto poi che il creditore avesse la facoltà di diminuire l’entità della penale non lasciava il debitore in balia delle scelte discrezionali dell’altra parte perché quest’ultima non poteva far altro che ridurre la penale (e non aumentarla), tenendo anche conto della gravità dell’inadempimento e dell’interesse del creditore, eventualmente anticipando l’esercizio del potere del Giudice di cui all’art. 1384 c.c.

[3] C. M. BIANCA, Diritto civile 5, La responsabilità, Milano, 1994, pag. n. 222; F. MESSINEO, Dottrina generale del contratto, Milano, 1952, pag. 131 e ss.

[4] Tra le tante è possibile citare Cass., sez. I civ., sent. n. 1189/2018; Cass., sez. Lav., sent. n. 6976/1995; Cass., sent. n. 5122/1985.

[5] La tesi minoritaria, secondo la quale la clausola penale non potrebbe avere una funzione risarcitoria, si fonda, in estrema sintesi, sulla considerazione che la somma dalla stessa prevista deve essere corrisposta anche nel caso in cui non sia configurabile alcun danno e anche a fronte di un danno minore rispetto all’entità della penale.

Argomento: Delle obbligazioni
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. I, 3 maggio 2023, n. 11548)

stralcio a cura di Fabrizio Cesareo

"1. - Sofima Emiliana Srl ricorre per tre mezzi, illustrati da memoria, nei confronti di Le Residenze di Villa Maria Srl , contro la sentenza del 23 agosto 2021, con cui la Corte d'Appello di Bologna ha dichiarato "la nullità delle statuizioni del lodo rituale sottoscritto dall'Arbitro Unico Collegio Arbitrale in data 10 luglio 2014", all'esito di procedimento arbitrale svoltosi tra le parti, nonchè "la nullità della clausola penale contenuta nell'art. 5 della scrittura in data 30 novembre 2005", rigettando di conseguenza l'originaria domanda proposta nel procedimento arbitrale dall'odierna ricorrente, volta alla condanna di Le Residenze di Villa Maria Srl al pagamento della penale contrattuale prevista in detta scrittura e regolando le spese di lite. (…) 3. - Il ricorso contiene i seguenti tre motivi: i) violazione e/o falsa applicazione degli art. 1382 e 1325 n. 2 c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.. omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia; ii) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1346 e 1349 c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.; iii) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1366, 1367 c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. 4. - Il ricorso va accolto.Sono difatti fondati i tre motivi, che, per il loro intimo collegamento, tutti attenendo alla validità della clausola penale azionata nel giudizio arbitrale, devono essere simultaneamente esaminati. 5. - Per la necessaria intelligenza della vicenda è sufficiente premettere quanto segue: -) Sofima Emiliana Srl ha venduto a Le Residenze di Villa Maria Srl un fondo finitimo ad altro di proprietà di essa venditrice; -) con successiva scrittura privata del 30 novembre 2005 Le Residenze di Villa Maria Srl si è obbligata, nei confronti di Sofima Emiliana Srl , al "rispetto... per i fabbricati che saranno edificati da Le Residenze di Villa Maria... delle attuali previsioni progettuali e di P.R.G. in merito quanto meno al numero dei piani, all'altezza dei fabbricati, alle distanze minime di 5 (cinque) metri dalla proprietà della stessa Sofima Emiliana, con l'obbligo da parte di Le Residenze di Villa Maria di lasciare, qualora i fabbricati che verranno costruiti dalla parte dell'attuale giardino della Sofima Emiliana siano più alti di 9 (nove) metri, una "luce"... di almeno 10 (dieci) metri", il tutto assistito da una [continua ..]

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