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"Ancora" sul danno non patrimoniale. Liquidazione e valutazione del danno morale soggettivo

Alessia Maggiotto

Ancora una volta gli Ermellini tornano a pronunciarsi su un principio che ad oggi dovrebbe già considerarsi consolidato ovvero quello della natura del danno non patrimoniale Infatti la giurisprudenza, sin dal 2008, con ben quattro pronunce gemelle tra cui la n. 26972/2008 e la 26975/2008 richiamate dall’ordinanza in commento ha rappresentato un quadro dettagliato e completo sulla natura del danno non patrimoniale e la successiva liquidazione. Ripercorrendo i fatti di causa in primo grado la sig.ra A.A. aveva proposto ricorso nei confronti della Cruise Ships Catering and Services International N.V. e della Costa Crociere s.p.a. al fine di richiedere il risarcimento dei danni subiti a seguito del naufragio della nave della Costa Crociere s.p.a. ove la ricorrente svolgeva la mansione di assistente cameriera. In accoglimento della sua domanda il Tribunale di Genova liquidava in favore della lavoratrice l’importo di € 9.419,45 a titolo di risarcimento del danno.

Nella liquidazione del predetto danno il giudice di merito aveva applicato i parametri di cui alle Tabelle di Milano con la maggiorazione nella misura massima del 50% a titolo di personalizzazione del danno. La ricorrente, ritenendo che nella liquidazione del danno il giudice di primo grado avrebbe dovuto liquidare in maniera separata ed ulteriore il danno collegato al patema d’animo connesso al “coinvolgimento nella tragica vicenda del naufragio della motonave (Omisiss) della Costa Crociere Spa” proponeva appello alla predetta sentenza.

La Corte d’Appello di Genova con la sentenza n. 203/2017 ha confermato la pronuncia del precedente giudicante affermando che l’ulteriore danno morale rivendicato dalla lavoratrice era già stato valutato e calcolato aggiungendo alla liquidazione di cui alle Tabelle di Milano la relativa personalizzazione nella misura massima del 50%.

Arrivando all’attuale ordinanza n. 11108 del 27/04/2023 gli Ermellini hanno rigettato il ricorso della sig.ra A.A. con la quale tramite quattro dei sei motivi oggetto di impugnazione (gli altri due di carattere prettamente processuale) richiedeva nuovamente la riforma della pronuncia di secondo grado nella parte in cui i precedenti giudicanti non le avevano riconosciuto l’ulteriore ed autonomo danno non patrimoniale, rispetto a quello riconosciuto in primo grado, legato al patema d’animo derivante dalla partecipazione all’evento traumatico del naufragio della motonave della Costa Crociere. Stante l’unicità di fondo, anche se sotto diversi profili, i predetti sei motivi di ricorso sono stati esaminati congiuntamente per connessione.

Nel nostro ordinamento il danno non patrimoniale è disciplinato dall’art. 2059 c.c. che, quale norma di rinvio, prevede che il danno risarcibile è quello previsto dalla legge.
Originariamente, con un’interpretazione restrittiva della norma, la risarcibilità del danno non patrimoniale derivava dalla presenza di fatti illeciti integranti reato, ex art. 185 c.p. Nello specifico quest’ultima norma recita che “ogni reato obbliga alle restituzioni, a norma delle leggi civili. Ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui”.

Questo perché all’epoca del codice civile del 1930 l’art. 185 c.p. era l’unica norma che espressamente prevedeva la risarcibilità del danno non patrimoniale. Il termine “legge”, di cui all’art. 2059, inoltre, veniva interpretato anche in maniera rigorosa ricomprendendo la sola legge ordinaria.

La successiva giurisprudenza si consolidò identificando il danno non patrimoniale con il danno morale soggettivo quale “sofferenza contingente, turbamento dell’animo transeunte” volto ad assicurare al soggetto danneggiato un'utilità sostitutiva che lo indennizzi, per quanto possa essere possibile, delle sofferenze psichiche e morali anche valutando la durata di tale sofferenza nel tempo. L’evoluzione del nostro ordinamento, con la successiva introduzione del testo costituzionale, ha reso criticabile una lettura del termine "legge", di cui all’art. 2059 c.c., da rapportare alla sola legge ordinaria. L’art. 2 Cost., infatti, nel riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell’uomo richiede un’interpretazione più ampia del concetto di legge ricomprendendo la risarcibilità del danno anche in presenza di un “danno determinato dalla lesione di interessi inerenti alla persona non connotati da rilevanza economica”.

Predetto principio è stato recepito dalle sentenze n. 8827/2003 e n. 8828/2003 con le quali la precedente identificazione del danno non patrimoniale con il danno morale soggettivo viene definitivamente superata ampliando il concetto di danno non patrimoniale risarcibile.
Si viene a creare, infatti, quel bipolarismo tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale seppur mantenendo la risarcibilità dello stesso ancorata alla presenza di un illecito, ex art. 185 c.p.

Tuttavia, diversamente dal passato, non è più necessario l’accertamento del reato ma basta una presunzione nella configurazione dello stesso.
In tal modo il danno morale viene confinato a species del danno non patrimoniale. Anche la successiva pronuncia della Corte Costituzionale n. 233/2003 ha svincolato il danno non patrimoniale dai limiti dell’art. 185 c.p. e ha fornito una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.

A seguito di tale pronuncia, pertanto, all’interno del termine legge di cui all’art. 2059 c.c. viene ricompreso ogni danno di natura non patrimoniale conseguente alla lesione di valori riguardanti la persona e tutelati dalla Costituzione.
Si tenga presente che oltre a quanto sopra esposto vi sono stati ulteriori fattori che hanno condotto all’ampliamento della natura del danno non patrimoniale.

Tra questi in primo luogo vi è stata l’emanazione di nuove norme che, al pari dell’art. 185 c.p., ma al di fuori di ipotesi di reato, prevedono e riconoscono espressamente la risarcibilità del danno non patrimoniale (a mero titolo esemplificativo l’art. 2 delle legge n. 117/1998 o l'art. 2 della legge n. 89/2001).

In secondo luogo nell’ordinamento e soprattutto in giurisprudenza iniziava sempre più a prendere forma, accanto al danno morale soggettivo, il danno biologico quale “lesione all’integrità psichica e fisica della persona”.
L’allontanamento del significato del danno non patrimoniale dal solo danno morale soggettivo lo si evidenzia anche dal fatto che la liquidazione dello stesso viene riconosciuto anche in favore delle persone giuridiche le quali, ovviamente, in quanto entità non fisiche non possono soffrire di un patema d’animo.

Tuttavia, le pronunce del 2003 hanno condotto al rischio di vedere moltiplicate le tipologie di danno non patrimoniale risarcibili quali il danno morale, il danno biologico, il danno esistenziale, il danno estetico, il danno alla vita di relazione, etc.
Sul punto sono state rivoluzionarie le quattro pronunce delle Sezioni Unite della Cassazione. Con le predette pronunce il danno non patrimoniale viene considerato come figura unitaria ed onnicomprensiva in alternativa alla tripartizione fatta propria dalla pronuncia costituzionale n. 233 del 2003.

Le figure del danno biologico, del danno morale e del danno esistenziale vengono adesso degradate a mere configurazioni descrittive della figura onnicomprensiva del danno non patrimoniale. Predetta configurazione unitaria è volta a scongiurare il rischio di avere una duplicazione di liquidazione dei risarcimenti.

Viene così definitivamente superata la visione che vede il danno morale quale “pecunia doloris” ovvero quella visione che identifica il danno morale da reato come “sofferenza transeunte, turbamento psichico momentaneo, patema d’animo, avallato dalla dottrina damni”.
La liquidazione del danno non patrimoniale viene svolta utilizzando i parametri delle Tabelle di Milano. La predetta liquidazione “ordinaria” può subire una variazione in aumento attraverso una liquidazione in misura forfettizzata della cosiddetta personalizzazione del danno che tiene conto delle predette voci descrittive.

La personalizzazione del danno viene valutata dal giudice il quale dà atto dell’iter logico adottato nella motivazione della pronuncia.
Nel caso in esame la Corte dando seguito a quanto sopra esposto ha rigettato il ricorso della ricorrente in quanto il giudice di primo grado nella propria pronuncia ha correttamente liquidato il danno non patrimoniale attraverso l’utilizzo delle Tabelle di Milano e, con un motivato iter logico, ha provveduto a dare valorizzazione al danno morale subito dalla lavoratrice applicando la relativa personalizzazione del danno nella sua misura massima del 50%.

Inoltre, dando continuità a quanto sopra esposto, nella pronuncia in commento si dà atto che predetto principio è stato altresì applicato in altre pronunce che i colleghi della ricorrente avevano depositato con le medesime domande di A.A.

Argomento: Delle obbligazioni
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. Lav., 27 aprile 2023, n. 11108)

stralcio a cura di Fabrizio Cesareo

"1. La Corte di appello di Genova ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che decidendo sul ricorso proposto da A.A. nei confronti di Cruise Ships Catering and Services International N. V. e Costa Crociere Spa aveva condannato le convenute al pagamento in suo favore della somma di Euro 9.419,45 oltre interessi e rivalutazione dalla sentenza al saldo a titolo di risarcimento del danno subito a seguito del naufragio della m/n (Omissis) ed al rimborso della somma di Euro 2.195,57 a titolo di rimborso spese viaggio e soggiorno ed Euro 800,00 per le spese di ctp, oltre accessori e spese di lite rigettando le altre domande: nave sulla quale la A.A. era imbarcata quale assistente cameriera. (…) 5. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2056, 1226 e 1223 c.c., censura la sentenza impugnata per avere, in sintesi, ritenuto che la liquidazione del danno sulla base della massima personalizzazione prevista dalle tabelle predisposte dal Tribunale di Milano operata dal giudice di primo grado, ristorasse l'intero danno sofferto dalla lavoratrice; al contrario, secondo parte ricorrente, la liquidazione operata non teneva conto del pregiudizio subito dalla lavoratrice, esterno al danno non patrimoniale connesso alla diminuzione dell'integrità psico fisica, rappresentato dal coinvolgimento nel naufragio della nave (Omissis) e dalla connessa sofferenza legata al protratto timore, per diverse ore, per la propria sopravvivenza. 6. Con il secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2059, 2056, 1226 e 1223 c.c., censura la sentenza impugnata per avere, nell'ambito del complessivo risarcimento attribuito alla lavoratrice, quantificato la componente ascritta al danno non patrimoniale cd. morale, in Euro 1.311,00 somma che assume non corrispondente alla concreta gravità ed incidenza del pregiudizio sofferto; in particolare evidenzia che le tabelle milanesi tengono conto, con effetti fortemente diminuenti, dell'età del soggetto danneggiato laddove quest'ultima non era destinata ad assumere in concreto alcuna rilevanza nella valutazione del danno scaturente dal coinvolgimento in un evento drammatico e straordinario come il naufragio. 7. Con il terzo motivo di ricorso, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2059 e 2087 c.c. e dell'art. 185 c.p., censura la sentenza impugnata per avere limitato il risarcimento del danno non [continua ..]

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