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Il diritto di prelievo e la prova per "separare" il denaro personalissimo allo scioglimento della comunione

Elisa Angela Cravero

Nel recente provvedimento della Suprema Corte in esame, il tema centrale risiede principalmente nell'onere della prova tra comunisti in regime di comunione legale (successivamente mutato in separazione dei beni) al fine di separare le somme ricadenti nella comproprietà "a mani riunite" da quelle di natura personale, che, come tali, devono necessariamente essere restituite al coniuge titolare delle stesse secondo gli artt. 192 e 194 c.c.

Nella fattispecie, il ricorrente si doleva dell'omesso esame del fatto decisivo consistente nell'attribuzione alla comunione di importi asseritamente pervenuti "direttamente dalla successione paterna o dagli interessi maturati su tali importi o costituenti il ricavato della vendita di alloggi ereditati dal padre"; in particolare, il coniuge avrebbe trasferito tali importi dal conto corrente paterno al conto comune, e in ordine a tale circostanza, avrebbe prodotto una dichiarazione scritta rilasciata dal Direttore della filiale bancaria, a conferma della provenienza delle somme.

In secondo luogo, tale ragionamento veniva applicato, altresì, alla suddivisione dei proventi inerenti alla quota di partecipazione di n. 2 società (entrambe di capitali), in ordine alla quale il ricorrente sosteneva di aver contribuito in via esclusiva a "ripianare le perdite e ricostituire il capitale": su tale aspetto, concentrandosi il presente commento sul diritto di prelievo delle somme e sul carattere personale delle stesse ai fini della prova da offrire in giudizio, sia sufficiente il richiamo all'orientamento indicato anche dalla Suprema Corte secondo il quale, in materia di partecipazione societaria acquisita da uno dei due coniugi, ancorché con denaro personale, in pendenza di comunione legale, la quota societaria ricade nella comunione de residuo, ex art. 178 c.c., pertanto, la compartecipazione al valore degli incrementi patrimoniali non viene esclusa, bensì differita al momento dello scioglimento della comunione (vedasi, su tutte, Ss.Uu. n. 15889/2022).

Per quanto qui concerne, è utile richiamare il principio espresso più volte dalla Cassazione, secondo il quale in tema di scioglimento della comunione legale tra coniugi, il diritto alla restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale e impiegate in spese/investimenti del patrimonio comune, è attribuito dall'art. 192, c. 3, c.c. (che si riporta per maggiore chiarezza: "Ciascuno dei coniugi può richiedere la restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale [179](4) ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune"); quanto, invece, al denaro personale e ai proventi dell'attività separata (ricadenti, dunque, nella comunione de residuo come sopra esemplificato in tema societario), seppur impiegati per l'acquisto di beni costituenti oggetto della comunione legale, ex art. 177, c. 1, lett. a ("Costituiscono oggetto della comunione: a) gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali [179]"); tali acquisti ricadono nel regime dell'art. 194, c. 1, c.c. , per cui andranno ripartiti in parti uguali a prescindere dalla partecipazione di ciascuno nell'esborso.

Declinando tale orientamento a livello pratico, si rendono opportune le seguenti considerazioni:

- i beni personalissimi (nel caso in oggetto, quelli derivanti da successione) non sono soggetti al regime della comunione de residuo, dunque, al momento dello scioglimento della comunione, l'art. 195 c.c. ne permette il prelievo per l'intero da parte del coniuge titolare in quanto al medesimo appartenenti prima della comunione o pervenuti, in costanza, per successione/donazione;

- in mancanza di prova contraria (dunque, spetta al richiedente la prova della provenienza di dette somme), si presume la comunione anche di tali beni;

- i proventi dell'attività separata (art. 177, lett. c, c.c.) ricadono nella comunione de residuo, ovvero nella comunione legale differita, mentre il denaro e altre forme di liquidità provienenti dal ricavato di beni personalissimi (ex art. 179 c.c., per esempio acquisite per successione, donazione, risarcimento del danno e pensione attinente alla perdita della capacità lavorativa) possono essere esclusi dalla comunione (anche quella legale differita)  secondo un rigoroso regime probatorio.

Si riporta qui di seguito e per maggiore chiarezza, la sintesi operata nella sentenza della Cassazione in oggetto, secondo la quale: "Risultano perciò delineate dal legislatore, all'interno del patrimonio di ciascun coniuge, due "masse" di denaro, costituita la prima dai "proventi" dell'attività separata e la seconda dal denaro proveniente dai titoli elencati nell'art. 179".

Conseguentemente, tenuto conto di tale distinzione, di natura insidiosa se applicata al caso concreto, ne discende la necessità di trovare un modo per consentire la separazione del denaro "personalissimo" (inteso come quello di cui all'art. 179 c.c.), da quello "personale", che diviene indissolubilmente "familiare", tenuto conto dell'obbligo di contribuzione gravante su entrambi i coniugi dal momento del matrimonio.

Pertanto, il problema si pone proprio in termini di onere della prova, laddove, se la provenienza del danaro è facilmente ricavabile dalla produzione della documentazione bancaria a una certa data, non è, altrettanto, facilmente provabile a livello documentale la circostanza secondo cui le spese per i bisogni della famiglia non siano state conseguite proprio con quelle somme. Facendo un esempio pratico: ricevuta una donazione per euro 10.000,00, il coniuge beneficiario decide di accreditare tale importo su conto corrente cointestato, cosicché le somme si confondono con la provvista già esistente. Unitamente all'altro coniuge, si determina per l'acquisto di un salotto del valore di euro 8.000,00; tenuto conto di come entrambi percepiscano una retribuzione per oltre euro 5.000,00 cadauno, è evidente come la capacità economica di entrambi sia sufficiente a far fronte all'acquisto, senza possibilità che in sede di scioglimento della comunione, l'importo possa ricadere al 50%, posto che la "massa separata" ricade nell'alveo del denaro "personalissimo".

In buona sostanza, diviene indispensabile, per l'attore, distinguere preventivamente quanto "denaro è stato prodotto da frutti di beni propri e dai proventi conseguiti durante il matrimonio", e quanto "denaro, appartenendogli prima del matrimonio o proveniendo dai titoli indicati nell'art. 179, sia andato a costituire una sorta di patrimonio separato", tale da ricadere nell'ipotesi dell'art. 179, lett. f ("f) i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all'atto dell'acquisto") oppure di prelievo, ex art. 195 c.c. ("Nella divisione i coniugi o i loro eredi hanno diritto di prelevare i beni mobili che appartenevano ai coniugi stessi prima della comunione [179, lett. a)] o che sono ad essi pervenuti durante la medesima per successione o donazione [179, lett. b)]. In mancanza di prova contraria si presume [2727] che i beni mobili facciano parte della comunione").

Sulla scorta di tutto quanto sopra esposto, la Cassazione, nel rigettare il ricorso (tra l'altro anche in termini di mancata dimostrazione del fatto che la prova orale sarebbe stata determinante ai fini di una riforma in sede di appello), sancisce il principio secondo il quale, in tema di scioglimento dela comunione, ferma restando la comunione de residuo per i proventi dell'attività separata, quanto al denaro "personalissimo", "ai fini dell'esercizio del diritto di prelievo di cui all'art. 195 c.c., la prova del carattere personalissimo del denaro deve essere accompagnata da indicazioni (anche presunzioni) relative alla "conservazione" di quel denaro e al suo "non impiego" per i bisogni della famiglia, perché in mancanza deve presumersi che il denaro che residua è comune".

Pertanto, sarà onere del coniuge che chiede la divisione, in sede di istruttoria e anche allo scopo di ottenere la disposizione di CTU contabile, esporre tutti i fatti e gli argomenti ritenuti necessari ai fini presuntivi, ex art. 2729 c.c., corredati dall'esposizione di circostanze e di documenti, nel caso anche avvalorati da prova testimoniale, utili a dimostrare non solo la provenienza delle somme ma anche l'uso  delle stesse, allo scopo di evitare l'effetto distributivo insito nella comunione legale.

Argomento: Delle persone e della famiglia
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. II, 13 luglio 2023, n. 20066)

stralcio a cura di Fabrizio Cesareo

"Con sentenza n. 1895 del 2009 il Tribunale di Treviso pronunciò la divisione della comunione formatasi tra W.W. e M.M. nel corso di vent'anni di matrimonio, dall'11 ottobre 1980 al 15 dicembre 2000, quando essi avevano convenuto il regime di separazione dei beni.Con la sentenza il Tribunale provvide alle relative assegnazioni e a determinare le restituzioni e i conguagli, condannando il convenuto M.M. a pagare a W.W., a tale titolo, l'importo di Euro 639.937,76, oltre interessi al tasso legale dalla data della domanda (5 marzo 2003) e a restituire all'attrice alcuni dei gioielli da lei rivendicati come propri per averli ricevuti in dono. 2. La Corte d'Appello di Venezia, adita in appello principale da A.A. e in incidentale da B.B., confermò la sentenza di primo grado. […] 1. Con il primo motivo, M.M. ha prospettato, in riferimento al n. 3 del comma I dell'art. 360 c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. e, in riferimento al n. 4, la nullità della sentenza o del procedimento e, infine, in riferimento al n. 5, l'omesso esame di fatti decisivi per il giudizio. Con questo articolato motivo, il ricorrente ha sostenuto che la Corte d'appello non avrebbe pronunciato sulla sua domanda diretta a far escludere dalla comunione l'importo di complessivi Euro 651.160,00 derivante dalla sommatoria di distinti importi pervenuti direttamente in denaro dalla successione paterna o dagli interessi maturati su tali importi o costituenti il ricavato della vendita di beni immobili pure ereditati dal padre. In particolare, non vi sarebbe stata pronuncia sulla somma di L..90.573.875, contenuta in un libretto al portatore, di L..70.000.000 consistente nel ricavato della vendita a C.C. A.A. di un appartamento, di L..162.792.634 non ritenuta dal c.t.u. come proveniente dalla divisione dell'eredità paterna, di L..61.263.240, pari all'importo degli interessi conseguentemente maturati, di L..154.350.000 ritenuta comune per mancanza di prova che si trattasse del prezzo di vendita, alla società A.A. (Omissis) Spa di due appartamenti ereditati dal padre, di L..324.277.829, per cui non è stata invece ritenuta sussistente la corrispondenza tra il prelievo dal conto corrente intestato al padre e i due successivi accrediti sul suo conto, di L..42.062.265 per la cui provenienza dall'eredità paterna è stata ritenuta prova non sufficiente la dichiarazione scritta rilasciata dal Direttore dell'agenzia banca, di [continua ..]

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