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Il concetto giuridico di creatività nell'ambito del diritto d'autore

Martina Nicolino

Importante conferma della Corte di Cassazione relativa all’interpretazione piuttosto “estensiva” del concetto di “creatività” rientrante nella tutela autoriale prevista dalla L. 633/41.

Ma andiamo per gradi (di giudizio).

La vicenda dal punto di vista fattuale è riassumibile come segue.

Con atto di citazione notificato il 18.7.2018 l’architetto C**** B**** conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Genova la R**** S.p.A., assumendo di essere la creatrice dell’opera grafica «T**** S***** o**** t**** n*****», lamentando, dunque, la violazione del proprio diritto d’autore sull’opera, utilizzata dalla Convenuta come scenografia fissa per un Festival italiano molto importante e conosciuto a livello nazionale, e chiedendo:

  1. il risarcimento del danno,
  2. la rimozione del programma dal sito internet della R****
  3. la pubblicazione della sentenza.

La R**** S.p.A. si costituiva in giudizio, chiedendo la reiezione delle avversarie domande in quanto infondate.

Il Tribunale di Genova con sentenza del 06.06.2018 accertava la paternità dell’opera in capo all’Attrice e la violazione del diritto d’autore alla stessa spettante da parte della R**** S.p.A.. Conseguentemente, dunque, condannava quest’ultima al risarcimento del danno liquidato equitativamente in € 40.000,00 (di cui € 20.000,00 per danno emergente e l’altra metà per lucro cessante) e disponeva, altresì, la rimozione del programma dal sito internet e la pubblicazione della sentenza.

Secondo il Tribunale la titolarità dell’opera poteva essere ricondotta all’attrice sulla base di alcune stampe dei siti internet da essa prodotte e una rapida ricerca on line, nonché di un libro edito da M**** che conteneva l’immagine con l’attribuzione alla B****.

Il ragionamento effettuato dal Tribunale considerava l’opera “creativa” e la manifestazione avente carattere commerciale, elementi che determinavano il riconoscimento del danno patito dall’Attrice e liquidato equitativamente nella somma suddetta.

Avverso la sentenza di primo grado proponeva appello la R**** S.p.A., cui resisteva l’appellata B****. La Corte di appello di Genova con sentenza del 11.11.2020 respingeva il gravame con aggravio di spese.

Avverso la sentenza di secondo grado, proponeva Ricorso per Cassazione la R**** S.p.A.; proponeva controricorso l’architetto C**** B*****, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione. Le parti depositavano memorie illustrative.

La ricorrente R**** S.p.A. svolgeva tre motivi di ricorso che concernevano:

  1. la nullità della sentenza per motivazione apparente (violazione dell’art. 132, co.1, n.4, c.p.c., dell’art. 118 disp. Att. C.p.c. e dell’art. 111 Cost.);
  2. l’erronea qualificazione come opera dell’ingegno di una immagine generata da un software e non attribuibile a una idea creativa della sua supposta autrice (in relazione agli artt.2575 e 2576 cod.civ. e agli artt.1,2 e 6 della legge 22.4.1941 n.633);
  3. la violazione del divieto di scienza privata, del principio di disponibilità delle prove, delle regole del giusto processo per aver attribuito la paternità dell’opera alla B**** sulla base di documentazione estranea al processo e reperita dal giudicante sulla rete telematica di propria iniziativa (violazione degli artt.115 e 116 c.p.c. dell’art.97 disp.att. c.p.c. e dell’art.111 Cost.).

Il ricorso veniva complessivamente rigettato, con il pagamento delle spese che seguivano la soccombenza.

Rispetto a tale vicenda, il quadro normativo di riferimento è rappresentato dalla Legge sul diritto d’autore (Legge 22 aprile 1941, n. 633 - Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio).

Il primo comma dell’art. 1 della Legge individua l’ambito applicativo oggettivo della tutela del diritto d’autore, estendendola a tutte “le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”.

Dunque, la “creatività” dell’opera costituisce un carattere distintivo della sua tutelabilità, con ciò rivelandosi essenziale, ai fini della risoluzione della presente controversia ma anche in generale data la soggettiva interpretabilità dal punto di vista semantico della parola, definire la portata del concetto stesso di creatività, compito cui la Suprema Corte adempie con estrema chiarezza, definendone contorni, possiamo dire, piuttosto ampi.

Infatti, in primo luogo, la Corte, statuisce – riprendendo quanto affermato nei precedenti gradi di giudizio del processo – che  “ (...) in tema di diritto d'autore il concetto giuridico di creatività, cui fa riferimento l'art. 1 della legge n. 633 del 1941, non coincide con quello di creazione, originalità e novità assoluta, ma si riferisce, per converso, alla personale e individuale espressione di un'oggettività appartenente alle categorie elencate, in via esemplificativa, nell'art. 1 della legge citata, di modo che un'opera dell'ingegno riceva protezione a condizione che sia riscontrabile in essa un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di manifestazione nel mondo esteriore. Di conseguenza la creatività non può essere esclusa soltanto perché l'opera consiste in idee e nozioni semplici, ricomprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia; inoltre, la creatività non è costituita dall'idea in sé, ma dalla forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, di modo che la stessa idea può essere alla base di diverse opere, che sono o possono essere diverse per la creatività soggettiva che ciascuno degli autori spende e che, in quanto tale, rileva ai fini della protezione (...) (Sez. 1, n. 25173 del 28.11.2011; Sez. 1, n. 21172 del 13.10.2011; Sez. 1, n. 20925 del 27.10.2005)”.

Emerge da tali affermazioni che il concetto giuridico di creatività cui fa riferimento la norma ex art. 1 Legge n. 633/1941, non coincide con quello di creazione, novità e originalità in termini assoluti. Un’opera dell’ingegno riceve protezione a condizione che sia riscontrabile in essa un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di manifestazione nel mondo esteriore.

Nella fattispecie de qua, la Suprema Corte riporta quanto osservato dalla Corte di appello e cioè che l’opera è creativa allorché esprime una idea originale, proveniente solo dall’ispirazione del suo autore e conferma la valutazione espressa dal giudice di primo grado, sostenendo che l’immagine non fosse una semplice riproduzione di un fiore, ma ne comportava una vera e propria rielaborazione, perciò meritevole di tutela autorale per il suo carattere creativo. La Corte di appello rafforzava, a sua volta, tale valutazione, dando conto dell’ampia valorizzazione impressa all’opera da parte della stessa R**** S.p.A. in occasione della presentazione della manifestazione alla stampa periodica, e considerava, infine, quale ulteriore indizio il grado di notorietà raggiunto dall’opera sul web, dando conto di visualizzazioni, preferenze e commenti. L’opera, quindi, non era una semplice riproduzione di un fiore ma una sua rielaborazione.

Circa l’importanza dell’elaborazione “soggettiva” dell’autore relativamente all’espressione di un’idea, anche semplice o addirittura banale, che sia però in grado di riflettere la personalità dell’autore, non riducendosi ad una mera riproduzione di un’opera altrui, la Corte così si esprime: “(...) V’è ancora da aggiungere che la protezione del diritto d'autore postula il requisito dell'originalità e della creatività, consistente non già nell'idea che è alla base della sua realizzazione, ma nella forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, presupponendo che l'opera rifletta la personalità del suo autore, manifestando le sue scelte libere e creative; (...) (Sez. 1, n. 10300 del 29.5.2020; Sez. 1, n. 13524 del 13.6.2014; Sez. 1, n. 20925 del 27.10.2005)”.

Importante spunto di riflessione seppur en passant,  viene dato dal secondo motivo di ricorso, ove la ricorrente sosteneva che l’opera dell’arch.B**** fosse una “immagine digitale”, a soggetto floreale, a figura c.d. «frattale», ossia caratterizzata da autosimilarità, ovvero da ripetizione delle sue forme su scale di grandezza diverse e fosse stata elaborata da un software, che ne aveva elaborato forma, colori e dettagli tramite algoritmi matematici, per cui la pretesa autrice avrebbe solamente scelto un algoritmo da applicare e approvato a posteriori il risultato generato dal computer. Ora, il motivo di ricorso in sé veniva dichiarato inammissibile “(...) perché volto a introdurre per la prima volta in sede di legittimità una questione nuova non trattata nel giudizio di merito (...)” trattandosi di un accertamento di fatto che andava effettuato nei precedenti gradi di giudizio, ma è importante perché – su tale tema - la Corte specifica che, pur non addentrandosi nei temi della cosiddetta arte digitale (detta anche digital art o computer art) quale opera o pratica artistica che utilizza la tecnologia digitale come parte del processo creativo o di presentazione espositiva, il fatto che l’autrice avesse utilizzato un software per generare l’immagine, sia pur sempre compatibile con l’elaborazione di un’opera dell’ingegno con un tasso di creatività che andrebbe solo scrutinato con maggior rigore, non escludendone, dunque, a priori la sua tutelabilità.

In conclusione, il carattere creativo viene normalmente interpretato dalla giurisprudenza come un apporto personale, anche se molto modesto, dell’autore sull’opera, la quale in pratica non deve limitarsi ad essere la trasposizione sic et simpliciter di un’opera altrui.

Argomento: Del diritto d'autore
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. I, 16 gennaio 2023, n. 1107)

Stralcio a cura di Ida Faiella

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1. Con atto di citazione (…) l'architetto Omissis ha convenuto in giudizio (...) la Rai (…) lamentando la violazione del proprio diritto d'autore sull'opera utilizzata (…) come scenografia fissa per il Festival di Omissis, e chiedendo il risarcimento del danno, la rimozione del programma dal sito internet della RAI e la pubblicazione della sentenza. (…) Il Tribunale di Genova con sentenza ha accertato la paternità dell'opera in capo a Omissis e la violazione del diritto d'autore (...), ha conseguentemente condannato la RAI al risarcimento del danno (…) e ha disposto altresì la rimozione del programma dal sito internet e la pubblicazione della sentenza. (…) 2. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente RAI denuncia nullità della sentenza per motivazione apparente, violazione dell'art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, dell'art. 118 disp. Att. c.p.c. e dell'art. 111 Cost. (…) 4.2. In seguito alla riformulazione dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione (…) Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa, pur graficamente esistente, risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (ad esempio per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e non renda, così, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture. e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Sez. L, n. 3819 del 14.2.2020; Sez. 6 - 5, n. 13977 del 23.5.2019; Sez. 6 – 3, n. 22598 del 25.9.2018; Sez. 1, n. 16057 del 18.6.2018; Sez. 3, n. 4448 del 25.2.2014). (…) in tema di diritto d'autore il concetto giuridico di creatività, cui fa riferimento la L. n. 633 del 1941, art. 1 non [continua ..]

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