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Responsabilità della struttura sanitaria: elementi costitutivi ed onere probatorio

Danilo Marchese

La sentenza in esame trae origine dal caso di una donna deceduta a seguito di una sopravvenuta infezione nosocomiale, contratta nell’ambito di una struttura ospedaliera, durante un’operazione di routine, per negligenza del personale sanitario.

In punto di fatto, i ricorrenti rappresentavano che, a seguito del ricovero della congiunta per effettuare un intervento oculistico, la stessa cadeva da una sedia e riportava un trauma contusivo; la donna, nonostante la presenza di febbre, veniva ugualmente sottoposta all’intervento programmato per essere dimessa il giorno successivo.  

Nuovamente ricoverata presso la medesima struttura, le veniva riscontrata un’infezione da staphiloccocus aureus trattato mediante l’assunzione di antibiotici.

Il Tribunale di Milano rigettava la domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale, dichiarando assorbita ogni altra questione, in quanto pur riconoscendo la negligenza dei sanitari, escludeva una probabilità di sopravvivenza della paziente se curata adeguatamente, ritenendo non sussistente e comunque non provato il nesso di causalità tra la condotta tenuta dai sanitari e l’exitus.

Gli istanti, pertanto, proponevano appello e richiedevano il riconoscimento del danno non patrimoniale conseguente alla morte della congiunta e la condanna della struttura sanitaria. L’adita Corte di Appello confermava la sentenza emessa dal giudice di prime cure, ritenendo i motivi addotti dagli appellanti generici e infondati, non essendo stata raggiunta la prova secondo cui l’evento morte occorso alla congiunta, fosse riconducibile ad una condotta negligente ed imprudente dei sanitari e che la prescrizione antibiotica avrebbe evitato la sepsi e il conseguente decesso.

Con ricorso in Cassazione i ricorrenti lamentavano, oltre l’omesso esame di un fatto oggetto di discussione tra le parti, quale la contrazione dell’infezione contratta dalla paziente, l’errato inquadramento della domanda di risarcimento del danno dagli stessi avanzata.

Nel caso in esame, dunque, la Suprema Corte rilevava che il giudice del gravame avrebbe effettuato il giudizio controfattuale limitatamente al comportamento tenuto dai sanitari, senza considerare la contrazione dell’infezione, secondo un criterio di probabilità logica, tenuto conto delle risultanze del caso concreto.

In punto di diritto, costituisce ius receptum l’orientamento secondo cui, in caso di responsabilità professionale, costituisce onere del creditore dimostrare, anche mediante presunzioni, da un lato la fonte dell’obbligazione e dall’altro il nesso di causalità intercorrente tra il danno sofferto e la condotta posta in essere dai sanitari e pertanto occorre dimostrare tutti gli elementi costitutivi della responsabilità extracontrattuale della struttura.

Il debitore, invece, è chiamato a dimostrare l’avvenuto adempimento della prestazione, ovvero che l’inadempimento sia stato determinato da impossibilità della prestazione a lui non imputabile.

Alla luce di tutto quanto espresso, vale chiarire che la responsabilità dell’ente verso il paziente ha natura contrattuale, e può conseguire, ai sensi dell’art. 1218 c.c, all’inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico, nonché, ai sensi dell’art. 1228 c.c., all’inadempimento della prestazione medico-professionale svolta dal sanitario, (cosiddetta responsabilità oggettiva per fatto altrui), quale suo ausiliario, sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale.

Pertanto, allorché sia accertata una condotta negligente che depone per la responsabilità dell’ente sanitario, spetterà a quest’ultimo dimostrare che il risultato anomalo rispetto al normale esito dell’intervento sia dipeso da un evento imprevedibile, non superabile con l’adeguata diligenza.

In virtù del richiamato inquadramento della responsabilità della struttura come contrattuale, sorgono in capo alla stessa una serie di adempimenti che identificano la fattispecie in quella a prestazioni corrispettive, con la previsione di  una serie di obblighi imposti dai protocolli medico-scientifici, al fine di garantire il buon esito del trattamento sanitario; a tal fine non è sufficiente la dimostrazione dell’assenza di violazioni alle regole imposte dalla legge, ma è richiesta la dimostrazione di aver adottato tutte le misure suggerite da criteri di diligenza e prudenza, in relazione alle competenze specialistiche, acquisite in base alla comune esperienza.

Tali conclusioni, del resto, appaiono condivisibili anche alla luce dei principi tradizionalmente posti alla base del riparto dell’onere probatorio: il principio di persistenza del diritto in capo al creditore, gravando sul debitore la prova contraria della sua estinzione ed il principio di vicinanza della prova, secondo il quale la prova dell’incolpevolezza dell’inadempimento è, in qualche modo, riferibile alla sfera di azione del debitore, in misura tanto più marcata quanto più l’esecuzione della prestazione consista nell’applicazione di regole specialistiche, sconosciute al creditore, in quanto estranee alla comune esperienza.

In base al principio di vicinanza della prova, è onere del sanitario che possiede tutti gli elementi utili per paralizzare la pretesa del creditore, provare l’esatto adempimento o l’incolpevole adempimento, precisando che la prova a cui è tenuto il medico circa l’assenza di colpa non dev’essere intesa quale prova negativa, bensì come prova positiva del fatto che la prestazione è stata eseguita diligentemente; Di contro, il creditore, che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno ovvero per l’inadempimento, deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, anche alla luce del principio enunciato dalle Sezioni Unite con la sentenza 30.10.01 n. 13533.

In ultima analisi, quanto alla qualificazione dell’azione proposta dai congiunti, essa è da intendersi iure proprio e non iure hereditatis, in quanto il rapporto contrattuale tra il paziente e l’ente ospedaliero, non produce effetti protettivi verso i terzi, trovando applicazione il principio di cui all’art. 1372, comma 2 c.c., in quanto l’esecuzione della prestazione, che è l’oggetto della prestazione sanitaria, non incide direttamente sulla posizione dei terzi.

 L’orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte ha equiparato, specie sotto il profilo della disciplina applicabile, la prestazione che l’ente sanitario attua nel momento in cui il paziente si rivolge alla struttura, con quella del singolo prestatore d’opera, al fine di giustificare l’attrazione del rapporto nell’ambito del contratto d’opera professionale.

Pertanto, si è precisato che, a ben vedere, l’attività realizzata dal medico all’interno della struttura non è che una parte della più complessa prestazione richiesta dall’ente e che quindi può esservi una responsabilità dello stesso, anche in assenza di una negligenza da parte del personale sanitario.

Alla luce di quanto appena detto, il paziente può, a ben vedere, invocare la responsabilità della struttura sanitaria, anche per la sola inefficienza della stessa sotto il profilo dell’organizzazione. Infatti, con il contratto di spedalità, la struttura si obbliga ad erogare all’utente non solo cure mediche, ma anche servizi (es. attività diagnostiche, assistenza medico-infermieristica) e attività organizzative, dovendo assicurare il buon funzionamento di tutti gli strumenti utilizzati per le cure e la protezione degli assistiti parzialmente o totalmente privi della capacità di autogestirsi, essendo irrilevante che la struttura sia pubblica, convenzionata o privata, in quanto sono equivalenti gli obblighi normativi che incombono sulle stesse, nei confronti del paziente-utente fruitore dei servizi.

Argomento: responsabilità sanitaria
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. III, 3 marzo 2023, n. 6386)

stralcio a cura di Giovanni Pagano

“4. (…) L'ospedale è stato convenuto in giudizio dai parenti di una signora defunta per perdita del rapporto parentale a causa della morte della signora avvenuta entro la struttura sanitaria. Deve precisarsi che l'azione proposta va qualificata come azione di responsabilità extracontrattuale proposta iure proprio. (…) il  rapporto  contrattuale  tra  il  paziente e la struttura sanitaria o il medico non produce, di regola, effetti protettivi in favore dei terzi, perché, fatta eccezione per il circoscritto campo delle prestazioni sanitarie afferenti alla procreazione, trova applicazione ii principio generale di cui all'art. 1372, comma 2, c.c., con la conseguenza che l'autonoma pretesa risarcitoria vantata dai congiunti del paziente per i danni ad essi derivati dall'inadempimento dell'obbligazione sanitaria, rilevante nei loro confronti come illecito aquiliano, si colloca nell'ambito della responsabilità extracontrattuale (da ultimo, Cass. n. 11320 del 2022; v. anche Cass. n. 21404 del 2021).  (…) Ciò non vuol dire che i prossimi congiunti del creditore, ove abbiano subito in proprio delle conseguenze pregiudizievoli, quale riflesso dell'inadempimento della struttura sanitaria (impropriamente definiti "danni mediati o riflessi"), non abbiano la possibilità di agire in giudizio per ottenere il ristoro di tali pregiudizi. Il predetto inadempimento, tuttavia, potrà rilevare nei loro confronti esclusivamente come illecito aquiliano ed essi saranno dunque legittimati ad esperire l’azione (…) di responsabilità extracontrattuale, soggiacendo alla relativa disciplina, anche in tema di onere della prova. (…) se è ben vero che la prova del nesso causale tra il comportamento dei sanitari e l'evento dannoso deve essere fornita da chi agisce per il risarcimento dei danni (…), essa deve essere fornita in termini probabilistici, e non di assoluta certezza. (…) La Corte d’appello dovrà quindi rinnovare il proprio giudizio, verificando se, sulla base degli elementi allegati, possa o meno ritenersi “più probabile che non” che, a causa del comportamento colposo dei sanitari, ovvero, e più specificamente, della obiettiva contrazione di infezione in ambito nosocomiale, sia derivata la morte della signora imputabile alla responsabilità della struttura sanitaria (che può [continua ..]

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