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Bigenitorialità. Si all´affidamento superesclusivo ad un genitore in caso di inidoneità dell´altro

Michele Emanuele Leo

Il provvedimento oggetto della presente disamina attiene ad una importante statuizione in merito all’affidamento esclusivo della prole (cd. Rafforzato) in favore di uno dei genitori.

Nel caso che qui ci occupa, la madre chiedeva ex art. 337-quinquies c.p.c. la modifica delle condizioni di affidamento dei figli minori disposto dal Tribunale di Torino in favore del padre con “collocazione presso il medesimo”.

Il Tribunale, infatti, aveva accolto parzialmente il ricorso della donna disponendo che la madre potesse “vedere e tenere con sé i figli minori a fine settimana alternati (dal venerdì all’uscita da scuola sino a lunedì in mattina), un pomeriggio durante la settimana (dall'uscita di scuola fino al mattino successivo) e per periodi prestabiliti durante le vacanze natalizie, pasquali ed estive”. Al contempo onde consentire alla prole di superare la “visione scissionale del funzionamento familiare” disponeva e confermava la presa in carico degli stessi presso il servizio di neuropsichiatria infantile e dei servizi sociali per il dovuto supporto. Stabiliva altresì che anche i genitori dovessero ricevere adeguato sostegno psicologico per un migliore esercizio della potestà genitoriale. Veniva quindi disposto un percorso di mediazione familiare, raccomandando alla madre di seguire un sostegno psicoterapeutico privato.

La donna impugnava la decisione del Tribunale ricorrendo alla Corte d’Appello competente evidenziando: “la sua piena adeguatezza genitoriale, in assenza di patologie psichiatriche e” sostenendo “dall’altra, il fallimento dell'affido esclusivo rafforzato dei bambini al padre”. A suo dire infatti, le perizie svolte durante il giudizio di I°, evidenziavano erroneamente un proprio disturbo della personalità tale da compromettere la relazione con l’ex coniuge. Eccepiva inoltre di non aver mai effettuato la “demolizione della figura paterna messa in atto (…) nel corso degli anni”.

Pertanto doveva ritenersi errata la valutazione svolta dai periti in favore del padre, ritenuto “privo di profili psicopatologici, sufficientemente adeguato all’accudimento e all’educazione dei figli” dimostrandosi “capace anche di gestire la conflittualità di coppia, favorendo il rispetto dell’altro genitore nella mente dei figli e la sua permanenza nella loro vita concreta”.

La Corte d’appello di Torino confermava la decisione del primo Giudice.

A questo punto la donna decideva di ricorrere alla Corte di Cassazione opponendo quali motivi di doglianza: l’appiattimento del Giudicante alle perizie del Tribunale, le quali avrebbero evidenziato il proprio quadro psicopatologico; l’errato affidamento esclusivo dei minori al padre in mancanza di serio pregiudizio risultante da perizie “chiare, convergenti e motivate”; l’omessa valutazione della completa devoluzione paterna dell’accudimento dei minori alla sorella e alla madre; l'esistenza di errore nella ricostruzione dei fatti e nella lettura dei documenti e dei referti medici presenti in atti; l'esistenza di erronea ricostruzione dei fatti rispetto ai percorsi psicologici e psichiatrici eseguiti; “un’erronea lettura dei documenti medici-psichiatrici della stessa, cosicché mancherebbero prove oggettive scientifiche capaci di supportare le accuse di alienazione da parte della madre nei confronti del padre”.

Si costituiva il curatore speciale dei minori quale resistente, mentre il padre dei minori non svolgeva difesa alcuna.

Dettagliata e motivata è la statuizione della Corte di Cassazione con cui si respinge il ricorso spiegato a mezzo del quale è possibile ricavare un importante ed innovativo orientamento perché costituisce una sorta di deroga alla regola generale che contempla l’affidamento condiviso dei figli minorenni. Con il detto termine il legislatore ha previsto di norma un coinvolgimento ‘comune’ dei coniugi nella vita della prole malgrado il venire meno dell’unione di vita. La sentenza su cui si disquisisce però evidenzia la possibilità dell’affidamento esclusivo in presenza di determinate circostanze: la scelta dell’affidamento a uno solo dei genitori, da effettuarsi in base all’interesse prevalente morale e materiale della prole, deve essere sostenuta non solo dalla verifica della idoneità o inidoneità genitoriale di entrambi i genitori, ma anche e, soprattutto, dalla considerazione delle ricadute che la decisione sull’affidamento avrà, nei tempi brevi e medio lunghi, sulla vita dei figli (Cass. 21425/2022). All’esito di simili verifiche il perseguimento dell’obiettivo di assicurare l’esclusivo interesse morale e materiale della prole può comportare anche l’adozione di provvedimenti contenitivi o restrittivi di diritti individuali di libertà dei genitori (quale l’affidamento c.d. “super” esclusivo del figlio a un genitore, all'esito dell’accertamento dell’inidoneità genitoriale dell’altro), senza che occorra operare un bilanciamento fra questi ultimi e l’interesse superiore del minore (Cass. 4056/2023).

Emerge quindi dalla sentenza in commento la prevalenza dell’interesse dei minori rispetto ai diritti di ciascun genitore onde garantirne una tutela prioritaria nel caso in cui manchino i presupposti per la serena evoluzione.

Per quanto attinente gli altri punti di doglianza a base del ricorso, la Corte ne ha sottolineato l’infondatezza e l’inammissibilità: in primo luogo perché “chiara ed inequivoca” è da considerarsi la decisione della Corte d’appello competente, unico soggetto legittimato alla valutazione nel merito della vicenda; in secondo luogo, perché il ricorso per Cassazione è un giudizio a critica vincolata dotato dei caratteri della tassatività e specificità sanciti dall’art. 360 cpc. Una mera doglianza, infatti, non può soddisfare i principi previsti dal legislatore per l’impugnativa dinanzi al Giudice di legittimità. Nella statuizione si legge: un “coacervo di critiche non soddisfa l’onere previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), di articolare il ricorso per cassazione in specifici motivi riconducibili in maniera immediata e inequivocabile a una delle ragioni di impugnazione stabilite dall’art. 360 c.p.c., comma 1 (cfr. Cass. 24247/2016, Cass. 18829/2016). Il giudizio di cassazione, infatti, è un giudizio a critica vincolata, delimitato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito; ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, in modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicché è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito (Cass. 11603/2018, Cass. 19959/2014). Peraltro, a fronte della reiterata denuncia di errori nella ricostruzione dei fatti e nella lettura dei documenti di causa, occorre ribadire il principio secondo cui il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà del controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis, Cass. 331/2020, Cass. 21098/2016, Cass. 24679/2013, Cass. 27197/2011)”.

Considerato infine la materia della questione avente ad oggetto diritti di natura familiare coinvolgenti relazioni affettive, il Giudice di legittimità ha provveduto a compensare le spese di lite.

 

Argomento: Dell’affidamento dei figli minori
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. I, 8 giugno 2023, n. 16205)

stralcio a cura di Ciro Maria Ruocco

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“ (…) 5. - Nel caso di specie la Corte territoriale ha fornito una chiara ed inequivoca spiegazione delle ragioni poste a base della propria decisione, non solo sottolineando come “tutti” i consulenti nominati dal tribunale avessero rilevato una condizione psicopatologica della reclamante (pag. 5), tale da determinare “un’importante compromissione” delle sue funzioni genitoriali “relativamente alla capacità di garantire l’accesso all'altro genitore” (pag. 7), ma anche dando conto in maniera puntuale e dettagliata delle ragioni per cui non era possibile aderire alle diverse tesi espresse dallo psichiatra che aveva avuto in supervisione e cura la A.A. (…) 7.1 - (…) La giurisprudenza di questa Corte in materia di affidamento dei figli minori non ha mancato di sottolineare che il criterio fondamentale cui deve attenersi il giudice nel fissarne le relative modalità di esercizio è quello del superiore interesse della prole, atteso il diritto preminente dei figli a una crescita sana ed equilibrata (Cass. 21916/2019, Cass. 12954/2018). Pertanto, la scelta dell’affidamento a uno solo dei genitori, da effettuarsi in base all’interesse prevalente morale e materiale della prole, deve essere sostenuta non solo dalla verifica della idoneità o inidoneità genitoriale di entrambi i genitori, ma anche e, soprattutto, dalla considerazione delle ricadute che la decisione sull’affidamento avrà, nei tempi brevi e medio lunghi, sulla vita dei figli (Cass. 21425/2022). All’esito di simili verifiche il perseguimento dell’obiettivo di assicurare l’esclusivo interesse morale e materiale della prole può comportare anche l’adozione di provvedimenti contenitivi o restrittivi di diritti individuali di libertà dei genitori (quale l’affidamento c.d. “super” esclusivo del figlio a un genitore, all’esito dell’accertamento dell’inidoneità genitoriale dell’altro), senza che occorra operare un bilanciamento fra questi ultimi e l’interesse superiore del minore (Cass. 4056/2023). (…)”

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