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Genitori legalmente separati. In mancanza di accordo sulla frequentazione dell'ora di religione da parte del minore la scelta spetta al giudice

Ilaria Celia

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 6802/2023, è tornata a fare luce su un argomento particolarmente dibattuto, ossia il corretto esercizio della responsabilità genitoriale nel momento patologico del rapporto, con espresso riguardo al preminente interesse del minore.

In particolare, la vicenda sottoposta all’attenzione dei giudici di legittimità vedeva coinvolti due genitori, legalmente separati e in disaccordo circa la frequentazione, da parte della figlia minorenne, dell’ora di religione, prevista dall’Istituto scolastico presso il quale la stessa era iscritta. Il giudice di prime cure, ascoltate le ragioni di entrambi i genitori, ha accolto la richiesta del padre, con conseguente iscrizione della bambina all’ora di religione; di diversa opinione è stata la Corte di Appello di Venezia, la quale ha inteso riconoscere esclusivamente in capo alla madre il diritto-dovere di assumere la decisione maggiormente rispondente all’interesse della minore.

I giudici di secondo grado hanno valorizzato l’esigenza, esposta dalla madre, di evitare un trattamento “differenziato” tra le figlie della coppia, dal momento che, qualche anno prima, la primogenita non aveva frequentato l’ora in questione; per cui, in una logica di continuità educativa, la Corte ha aderito alle valutazioni materne di non iscrivere la seconda figlia, proprio al fine di non disorientare le minori. In ultimo, è stato posto l’accento su due profili particolarmente rilevanti, il primo di naturale sostanziale e il secondo di carattere più processuale; in ordine al primo, i giudici hanno specificato che il giudice non possa sostituirsi, in nessun caso, ai genitori nell’assunzione di scelte relative al credo religioso, con riguardo, invece, al secondo profilo occorre evidenziare come la Corte abbiano valutato di non dover provvedere all’audizione della minore perché verrebbe inutilmente coinvolta nella lite fra i genitori.

In ragione delle motivazioni assunte dalla Corte veneziana, il padre ha adito i giudici di legittimità, i quali hanno accolto le doglianze contenute nel ricorso, cassando il decreto impugnato e rinviando alla Corte di Appello.

Con espresso riferimento alla sentenza emessa dalla Suprema corte, è necessario soffermarsi sulle fasi del percorso logico-giuridico seguito dai magistrati della prima sezione che hanno inteso, in primo luogo, esaminare la portata normativa della prescrizione di cui all’art. 337-ter c.c., mediante la quale il legislatore ha previsto che “le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute […] sono assunte di comune accordo […].In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice.”

Gli Ermellini si sono concentrati proprio su quest’ultimo profilo, dal momento che la richiamata disposizione è stata disattesa nella misura in cui è stata trascurata la circostanza per la quale l’intervento del giudice, rispetto a una questione afferente a una macroarea di interesse del minore – quale l’educazione religiosa – e sulla quale vi è disaccordo dei genitori legalmente separati, risulta doveroso. Ed infatti, l’art. 337-ter non a caso è collocato all’interno del Capo II del Codice, rubricato Esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili […].

La ratio della norma, dunque, deve essere rintracciata nell’esigenza di perseguire e garantire il rispetto del principio del superiore interesse del minore, anche e soprattutto quando i genitori non sono più legati da quell’affectio coniugalis che, in qualche misura, dovrebbe agevolare il dialogo e la capacità di esercitare, al meglio, la responsabilità genitoriale.

Occorre, pertanto, precisare come l’intento della prescrizione sia rivolta verso un corretto esercizio della citata responsabilità, rispetto alla quale i genitori ne sono i titolari e i loro doveri non si affievoliscono a seguito dell’emissione di una sentenza di separazione o di divorzio; la loro condotta deve, quindi, essere costantemente orientata al perseguimento del superiore interesse del minore, anche se questo implica una contrazione di un loro diritto come, nel caso di specie, quello riferito alla libertà di culto.

La Corte ha ribadito che la possibilità, da parte del giudice, di adottare provvedimenti contenitivi dei diritti dei genitori è strettamente connessa all’accertamento, in concreto, di conseguenze pregiudizievoli per il figlio e a lui causalmente riconducibili, tali da comprometterne la salute psico-fisica e lo sviluppo. Pertanto, “l’adozione di provvedimenti, afferenti all’educazione religiosa e limitativi dei diritti individuali dei genitori, è giustificata dall’esigenza di preservare il minore da eventuali ed ulteriori traumi derivanti dall’interruzione di abitudini di vita quotidiana già avviate”.

Con riguardo al caso di cui si sono occupati i giudici di legittimità, infatti, la bambina aveva frequentato, per tre anni, una scuola di infanzia che comprendeva l’insegnamento della religione cattolica; per tale ragione, “interrompere un percorso già iniziato e proseguito nella scuola elementare, non sarebbe una scelta assunta nel rispetto del superiore interesse della minore”. Sul punto, si precisa come quest’ultima abbia aderito positivamente all’ora di religione insieme ai suoi compagni di classe, con i quali ha instaurato abitudini di vita che verrebbero sconvolte se interrotte improvvisamente; per cui, deve essere scongiurato un repentino mutamento di scuola, all’interno di un contesto temporale già contrassegnato da una vicenda di rilevante importanza, come la frattura creatasi tra i coniugi e che, inevitabilmente, si ripercuote su tutto l’assetto familiare.

Questa argomentazione è avvalorata da un precedente arresto giurisprudenziale, in particolare, con sentenza n. 21553/2021, la Cassazione ha affermato che “il contrasto insorto tra genitori legalmente separati, entrambi esercenti la responsabilità genitoriale, sulla scuola religiosa o laica presso cui iscrivere i figli, deve essere risolto in considerazione dell’esigenza di tutelare il preminente interesse dei minori ad una crescita sana ed equilibrata, […] assicurando ai figli minori la continuità ambientale nel campo in cui si svolge propriamente la loro sfera sociale ed educativa”.

In ordine a questo delicato profilo, è intervenuta anche la prima sezione della Corte EDU, la quale, con sentenza n. 54032/ 2022, ha chiarito come, in talune circostanze, la necessità di restringere la libertà religiosa di un genitore sia funzionale ad assicurare la massima libertà di scelta al minore, garantendogli una specifica continuità di percorsi avviati ed evitando un’alterazione delle abitudini quotidiane. In ogni caso, l’eventuale limitazione, imposta al genitore, non interferisce con la contestuale esigenza di assicurare, tanto al genitore, quanto al figlio, un rapporto saldo e continuativo, in ossequio al principio di bigenitorialità.

Per tali ragioni, i giudici di legittimità hanno cassato il decreto della Corte di Appello che accoglieva le richieste materne, evidenziando, inoltre, come la precedente scelta operata dai genitori, a quel tempo non ancora separati e nei riguardi della prima figlia, non possa e non debba rappresentare uno “strumento di ancoraggio” per la madre perché trattasi decisioni assunte in momenti diversi e in un contesto familiare che, nel mentre, è mutato.

Occore, altresì, ribadire come l’intervento del giudice, nel caso di due genitori legalmente separati e in disaccordo su una questione inerente a una macroarea di interesse del minore, sia espressamente previsto dalla legge, ai sensi dell’art. 337-ter c.c.; in specifiche circostanze, dunque, il magistrato si sostituisce agli esercenti la responsabilità genitoriale, attuando provvedimenti relativi alla prole, nella misura in cui i genitori non sono in grado di risolvere, di comune accordo, dissidi ideologici e correlati alle proprie convinzioni.

In considerazione del particolare compito al quale è chiamato a rispondere, il giudicante dovrà operare una scelta non arbitraria, ma assunta nell’esclusivo interesse del minore coinvolto; per tale motivo, è necessaria una valutazione specifica e strettamente connessa alle peculiarità che distinguono un caso dall’altro.

In ragione di questa specifica esigenza, ossia di assumere la decisione maggiormente rispondente al reale interesse del minore di età, la Suprema corte ha evidenziato un ulteriore profilo, di natura processuale e riconducibile al diritto del minore ad essere ascoltato in tutti i procedimenti che lo riguardano. Più specificamente, il richiamato principio assume una duplice funzione, da un lato, garantire al minore un maggior grado di tutela e, dall’altro, investire l’organo giudicante di un dovere specifico, quello di ascoltare e valutare le esigenze e le inclinazioni del minorenne; a tale proposito, è necessario specificare come il giudice non sia l’esecutore dei desiderata del bambino, dal momento che è suo dovere ricavare dalla sua audizione gli elementi utili per comprendere quali potrebbero essere i provvedimenti da assumere nel suo esclusivo interesse. L’intervento legislativo n. 206/2021 ha chiarito che l’audizione deve essere condotta direttamente dal giudice, il quale può essere coadiuvato da esperti e l’assolvimento di tale obbligo vale ai fini della corretta integrazione del contradditorio, salvo non disponga altrimenti, fornendo, in questo caso, adeguata motivazione, ai sensi degli artt. 473-bis.4 e 473-bis.5 c.c.

Sull’importanza del diritto del minore ad essere ascoltato era già intervenuta la Nomofilachia, con le sentenze nn. 1474/2021 e 16071/2022, con le quali è stato ribadito come l’audizione sia un adempimento previsto dalla legge, a pena di nullità e rappresenti lo strumento principale per comprendere le necessità del minore, rendendolo pienamente partecipe del procedimento che lo investe. Tale obbligo può essere disatteso, previa motivazione, quando manifestamente superfluo o in contrasto con l’interesse del minore di età o perché incapace di discernimento.

Gli Ermellini hanno, infine, ribadito come l’indicazione del compimento del dodicesimo anno di età non rappresenti un limite tassativo per il giudice, il quale dovrà procedere all’audizione anche se di età inferiore, qualora dotato di discernimento; a riguardo, occorre specificare che la nozione di “discernimento” non richiami schemi tassativi, ma, al contrario, imponga una interpretazione ampia, “a geometrie variabili”, volta a comprendere se il minore possa essere effettivamente in grado di cogliere dati, informazioni e stimoli provenienti dall’esterno, riguardanti la propria sfera esistenziale ed elaborarli secondo il proprio personale sentire, formandosi un proprio convincimento riguardo ad essi”.

Argomento: Delle persone e della famiglia
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. I, 07 marzo 2023, n. 6802)

stralcio a cura di Ciro Maria Ruocco

“3.1 – (…) Venendo al tema centrale della scelta in ordine alla frequentazione o meno dell’ora di religione da parte della minore, nella specie il Tribunale di Vicenza aveva fatto applicazione dell'art. 316 c.c. e la Corte d’appello ha ritenuto che «non spetta a un giudice sostituirsi ai genitori nello stabilire se un’educazione religiosa possa garantire - come ritiene i padre secondo le sue convinzioni - una crescita “sana ed equilibrata” scelta già compiuta dai genitori e di cui uno negasse ingiustificatamente l’esistenza», essendo le scelte in materia di religione «insindacabili». (…) (…) Questa Corte, con sentenza n. 21553/2021, ha affermato che «il contratto insorto tra genitori legalmente separati, entrambi esercenti la responsabilità genitoriale, sulla scuola “religiosa” o “laica” presso cui iscrivere i figli, deve essere risolto in considerazione dell’esigenza di tutelare il preminente interesse dei minori ad una crescita sana ed equilibrata, ed importa una valutazione di fatto, non sindacabile nel giudizio di legittimità, che può ben essere fondata sull’esigenza, in una fase esistenziale già caratterizzata dalle difficoltà conseguenti alla separazione dei genitori, di non introdurre fratture e discontinuità ulteriori, come facilmente conseguenti alla frequentazione di una nuova scuola, assicurando ai figli minori la continuità ambientale nel campo in cui si svolge propriamente la loro sfera sociale ed educativa». (…) (…) In sostanza, la giurisprudenza di questa Corte ritiene che, in materia di scelte riguardo ai figli, criterio guida, informante delle decisioni sia necessariamente quello del preminente interesse del minore a una crescita sana ed equilibrata (cfr., tra le altre pronunce, Cass., 11 novembre 2020, n. 25310; Cass., 24 maggio 2018; Cass., 1 febbraio 2005, n. 1996) e, dando corso e attuazione a detto principio, questa Corte ha stabilito che, in caso di conflitto genitoriale, il perseguimento dell'interesse del minore può comportare anche l’adozione di provvedimenti, relativi all’educazione religiosa, contenitivi o restrittivi dei diritti individuali di libertà religiosa dei genitori, operando come limite alla libertà religiosa dei genitori. (…)”

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