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In tema di controllo giudiziario volontario ex art. 34-bis, comma 6, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, il preliminare accertamento del grado e delle caratteristiche della condizione di permeabilità mafiosa della società o dell´impresa non può limitarsi - come avviene per il controllo giudiziario cd. prescrittivo di cui al comma 1 - a fotografare lo stato attuale di pericolosità oggettiva in cui versi la realtà aziendale, ma deve essere volto a formulare un giudizio prognostico in ordine alle emendabilità della situazione attraverso l'iter che ciascuna misura comporta.
Francesco Maria Santangelo
La Suprema Corte ritorna, con la sentenza n. 32482 del 04/07/2024, sul delicato – e per vero travagliato – tema del perimetro della valutazione affidata al Tribunale della prevenzione destinatario di istanza di applicazione del controllo giudiziario “volontario” ex art. 34-bis comma 6 d.lgs. 159/2011, specificando ambito e limiti dell’indagine da condurre ed evidenziandone le peculiarità, nonché le differenze strutturali rispetto, da un lato, allo speculare vaglio giudiziario nei diversi casi di cui al comma 1 del medesimo articolo e, dall’altro, al giudizio affidato all’autorità amministrativa nell’emissione dell’informazione antimafia interdittiva di cui all’art. 84, comma 4 d.lgs. 159/2011.
L’istituto del controllo giudiziario c.d. volontario – introdotto con la legge 17 ottobre 2017, n. 161 – rappresenta, difatti, il più nitido punto di contatto tra la giurisdizione amministrativa e quella penale , potendo essere richiesto esclusivamente dalle imprese destinatarie di “interdittiva antimafia” – fondata sulla sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della società o dell’impresa – che ne abbiano puntualmente proposto impugnazione ed avendo, quale fine ultimo, proprio quello di sospendere gli effetti inibitori del provvedimento prefettizio de quo, in guisa da tutelare la continuità aziendale e cercare di ottenerne la bonifica. Inoltre, ulteriore presupposto della misura è costituito, al pari del controllo giudiziario c.d. prescrittivo di cui all’art. 34-bis comma 1, d.lgs. 159/2011, dall’occasionalità dell’agevolazione mafiosa, differenziandosi così dal diverso istituto dell’amministrazione giudiziaria di cui all’art. 34, che prevede, viceversa, una stabile condotta agevolatrice.
Da un punto di vista prettamente normativo, dunque, la valutazione del giudice della prevenzione, investito da una richiesta di applicazione di controllo giudiziario volontario, sembrerebbe ridursi alla verifica di tali due prerequisiti: da un lato, la preventiva proposizione dell’impugnazione avverso il provvedimento interdittivo dinanzi al rispettivo competente giudice amministrativo e, dall’altro, il carattere occasionale della condizione di agevolazione mafiosa. Ma, a ben vedere, tale accertamento non esaurisce l’analisi affidata al tribunale, la cui portata è stata progressivamente ampliata dalla giurisprudenza di legittimità, coerentemente alla ratio dell’istituto, segnatamente quella di consentire la prosecuzione dell’attività di impresa in pendenza dell’impugnazione amministrativa avverso l’interdittiva antimafia.
Invero, la Corte di cassazione ha chiarito come rivesta un ruolo assolutamente fondamentale, nell’ambito dell’indagine in parola, il giudizio prognostico relativo all’effettiva bonificabilità dell’ente – intesa come concreta possibilità per l’impresa di riallinearsi ai valori del mercato ed a parametri di legalità gestionale – in linea con i principi di tutela della libera iniziativa economica e del diritto di proprietà che ispirano la misura. Sulla scorta di tale peculiarità – sebbene condizione di assimilabilità della domanda non sia l’allegazione di un programma di bonifica aziendale – si è sovente proceduto ad assimilare il controllo giudiziario all’istituto della messa alla prova, dal momento che, analogamente a quanto accade nella probation giudiziale prevista dal nostro ordinamento, la finalità della misura di prevenzione in esame è individuabile nel pieno recupero e reinserimento dell’ente nella parte sana dell’economia.
Tale assunto è stato ribadito – e precisato – dalla pronuncia in commento, che si pone in posizione di espressa continuità con il solco tracciato dalla sentenza a Sezioni Unite 26/09/2019, n. 46898 “Ricchiuto”, con la quale il Supremo Consesso nella sua più autorevole composizione ha evidenziato la centralità di tale giudizio prognostico, sia con riferimento all’amministrazione giudiziaria che al controllo giudiziario, ed in particolar modo in relazione al controllo volontario, precisando come «il fuoco della attenzione e quindi del risultato di analisi deve essere posto…sulle concrete possibilità che la singola realtà aziendale ha o meno di compiere fruttuosamente il cammino vero il riallineamento con il contesto economico sano…».
In tale contesto, tuttavia, vengono in rilievo differenze strutturali di assoluta pregnanza. Nello specifico, i giudici di legittimità, nella sentenza annotata, hanno puntualizzato il rispettivo peso che i parametri caratterizzanti la verifica in questione devono assumere in relazione ai diversi istituti e, riprendendo i concetti espressi dalle Sezioni Unite, hanno icasticamente affermato che «mentre ai fini dell’amministrazione giudiziaria e del controllo giudiziario c.d. prescrittivo, a richiesta della parte pubblica o disposto di ufficio, è doveroso il preliminare accertamento del grado o delle caratteristiche della condizione di permeabilità mafiosa della società o dell’impresa, con riferimento al controllo giudiziario “volontario”, tale accertamento non scolora del tutto, dovendo pur sempre il Tribunale adito accertare i presupposti della misura» e che però «tale accertamento giudiziale non ha un carattere puramente statico, funzionale a fotografare lo stato attuale di pericolosità oggettiva in cui versi la realtà aziendale a causa delle relazioni esterne patologiche, ma dinamico, essendo volto a formulare un giudizio prognostico in ordine alla emendabilità della situazione attraverso l’iter che ciascuna misura comporta».
In altri termini, anche nell’ambito della verifica che il giudice della prevenzione è chiamato ad operare sulla domanda formulata dalla parte ai sensi dell’art. 34-bis, comma 6, persiste il preliminare accertamento della condizione e del grado di assoggettamento dell’impresa all’intimidazione mafiosa, assumendo, tuttavia una declinazione ed una estensione del tutto singolari. Difatti, oltre ad avere – come segnalato – una vocazione spiccatamente prospettica che guarda al futuro dell’azienda, la valutazione del prerequisito del pericolo concreto di infiltrazioni mafiose, nel caso del controllo volontario, non può che essere più limitato rispetto al controllo “prescrittivo”, dovendo il primo necessariamente tenere conto del verdetto del provvedimento interdittivo prefettizio: con le parole della Corte, «…è stato condivisibilmente affermato che mentre nel caso del primo comma dell’art. 34-bis la valutazione del prerequisito del pericolo concreto di infiltrazioni mafiose, idonee a condizionare le attività economiche e le aziende, è riservata in via esclusiva al giudice della prevenzione – trattandosi di misura richiesta ad iniziativa pubblica in funzione di un controllo c.d. prescrittivo – nel caso del sesto comma tale valutazione deve tener conto del provvedimento preventivo di natura amministrativa (Sez. 2, n. 9122 del 28/01/2021, Gandolfi, in motivazione). In altre parole, in caso di richiesta di controllo giudiziario “volontario” l’accertamento effettuato dall’organo amministrativo con l’informazione antimafia interdittiva rappresenta il substrato della decisione del giudice ordinario al fine di garantire il contemperamento fra i diritti costituzionalmente garantiti della tutela dell’ordine pubblico e della libertà di iniziativa economica attraverso l’esercizio dell’impresa»
Tale opzione ermeneutica, si badi, è resa necessaria proprio dal fine di evitare indebite sovrapposizioni tra l’ambito cognitivo riservato al giudice amministrativo investito dell’impugnazione dell’interdittiva antimafia e quello spettante, invece, al giudice della prevenzione che potrebbero favorire, altrimenti, difficilmente risolvibili storture applicative e cortocircuiti interpretativi.
In tale prospettiva, la Corte ha avuto modo di precisare altresì come non possa e non debba condividersi l’assunto – proprio di un certo filone giurisprudenziale – secondo cui il controllo giudiziario ad istanza di parte non possa essere applicato, non solo nel caso di stabilità dell’assoggettamento o dell’agevolazione mafiosa, ma anche nelle ipotesi in cui il giudice della prevenzione ravvisi – nell’ambito della sua autonoma valutazione – la sostanziale assenza di un’agevolazione, neppure occasionale, o di un pericolo concreto di infiltrazioni mafiose. Diversamente opinando, difatti, si giungerebbe alla conseguenza paradossale di consentire l’accoglimento dell’istanza – e quindi la possibilità di sospendere gli effetti inibitori del provvedimento interdittivo prefettizio – nelle situazioni di agevolazione occasionale e a negarla in circostanze del tutto scevre da condizionamenti illeciti, riservando, così, un trattamento mitius al soggetto socialmente più pericoloso .
Orbene, in conclusione, il giudizio demandato al Tribunale competente in tema di misure di prevenzione, pur essendo un giudizio unitario, si articola su due distinti piani: da un lato, l’accertamento dell’occasionalità dell’agevolazione mafiosa, da operarsi alla stregua di quanto già dedotto dall’autorità amministrativa; dall’altro, la verifica della concreta possibilità dell’impresa di riallinearsi con il contesto economico sano mediante un giudizio prognostico in ordine a tale positiva evoluzione della realtà aziendale.
Sezione: Sezione Semplice
(Cass. Pen., Sez. VI, 9 agosto 2024, n. 32482)
Stralcio a cura di Roberto Zambrano