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Dopo la riforma “Cartabia”, la competenza per materia in ordine al delitto di lesione personale, nei casi procedibili a querela, appartiene al giudice di pace anche quando comporti una malattia di durata superiore a venti giorni e fino a quaranta giorni, fatte salve le ipotesi espressamente escluse dall'ordinamento
Mariangela Guarino
La sentenza n. 12759 del 28 marzo 2024 pronunciata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione penale si configura come un rilevante momento chiarificatore nella definizione della competenza per materia in relazione al delitto di lesioni personali ex art. 582 c.p., nell’ambito applicativo della riforma “Cartabia” di cui al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. In particolare, la questione sottoposta all’attenzione delle Sezioni Unite concerneva l’individuazione dell’autorità giudiziaria competente a giudicare i casi di lesioni personali caratterizzati da una malattia di durata superiore a venti giorni ma non eccedente i quaranta, nei casi in cui la procedibilità del reato sia subordinata alla querela della persona offesa. Il contrasto giurisprudenziale sorto in sede di legittimità tra diverse pronunce della Corte ha reso necessario un intervento nomofilattico volto a ristabilire l’unità interpretativa e la coerenza sistemica dell’ordinamento processuale penale alla luce delle recenti modifiche legislative. In tale prospettiva, la Suprema Corte ha accolto un’interpretazione logico-sistematica dell’art. 4, comma 1, lett. a), del d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, muovendo dall’assunto che l’ampliamento delle ipotesi di procedibilità a querela ex art. 582 c.p., così come modificato dall’art. 2, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 150/2022, comporta necessariamente un’estensione corrispondente della competenza del giudice di pace in materia penale, ove non sussistano espressamente eccezioni ostative previste dall’ordinamento. Tale lettura, definita in alcune decisioni come “interpretazione estensiva e logica” ovvero “parziale interpretazione analogica in bonam partem”, risulta coerente con l’intento deflattivo e di razionalizzazione della giustizia penale espresso dalla relazione illustrativa al d.lgs. n. 150/2022, nella quale è chiaramente ravvisabile la volontà del legislatore di ampliare l’ambito di competenza del giudice di pace, specie nei procedimenti connotati da una minore offensività del fatto tipico e dalla necessità di una risposta sanzionatoria più mite. In tale ottica, le Sezioni Unite sottolineano che un’applicazione meramente letterale dell’art. 4 del d.lgs. n. 274/2000, limitata ai casi di lesione comportante una malattia non superiore a venti giorni, condurrebbe ad una irragionevole restrizione della sfera di giurisdizione del giudice di pace, in palese contrasto con l’art. 15 della legge delega 24 novembre 1999, n. 468, la quale prevedeva espressamente la devoluzione a tale organo giurisdizionale delle lesioni personali punibili a querela. Tale lettura restrittiva, oltre ad essere contraria alla ratio della riforma, risulterebbe in evidente frizione con i principi costituzionali di ragionevolezza, proporzionalità e sussidiarietà, e con i criteri generali della legge delega 134/2021 che ha ispirato la riforma Cartabia, orientata verso un modello di giustizia penale di tipo riparativo, volto a privilegiare meccanismi di composizione e mediazione piuttosto che percorsi sanzionatori afflittivi. Le Sezioni Unite, con questa pronuncia, assumono una posizione di rilievo sistematico, affermando che la competenza per materia in ordine ai reati di lesioni personali ex art. 582 c.p. comportanti una malattia di durata superiore a venti giorni ma non eccedente i quaranta, è ora da riconoscersi al giudice di pace in presenza del requisito della querelabilità e in assenza delle condizioni aggravanti previste dalla legge, segnando un punto fermo nell’interpretazione del nuovo assetto normativo post-riforma. In tal modo, la Corte realizza un bilanciamento tra esigenze di certezza del diritto e di adeguamento interpretativo alle novità legislative, evidenziando come la funzione nomofilattica debba essere esercitata anche attraverso una lettura evolutiva delle norme, conforme ai principi generali dell’ordinamento. L’approccio adottato si ispira a un principio di favor rei, ove l’interpretazione normativa, laddove dubbia, deve tendere verso soluzioni ermeneutiche che conducano a conseguenze meno afflittive per l’imputato, nel rispetto del principio di legalità e delle garanzie costituzionali del giusto processo. La pronuncia si inserisce nel più ampio processo di ristrutturazione della giustizia penale italiana volto a una maggiore efficienza, prossimità e umanizzazione della risposta penale, restituendo al giudice di pace un ruolo centrale nella trattazione dei reati minori, coerentemente con la filosofia sottesa alla giustizia riparativa e alla valorizzazione degli strumenti alternativi di risoluzione del conflitto penale.
Sezione: Sezioni Unite
(Cass. Pen., SS.UU., 28 marzo 2024, n. 12759)
Stralcio a cura di Vincenzo Nigro