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Il furto lieve per bisogno è configurabile nei casi in cui la cosa sottratta sia di tenue valore in senso oggettivo, ma relativo, avuto cioè riguardo all'utilizzo che l'agente si è preposto o ha realizzato. Inoltre, il bisogno è grave ed urgente se riguarda il soddisfacimento di esigenze primarie, anche se non vitali

Giuseppe Rignanese

Nel caso in esame i giudici della Corte d'Appello di Milano hanno confermato la decisione emessa in primo grado contro l’imputata per  il reato di tentato furto in un supermercato, avente ad oggetto merce del valore di euro 38,94. La corte inoltre ha concesso le attenuanti generiche poiché considerate equivalenti alla recidiva contestata.

Viene proposto ricorso per Cassazione, fondato su vari motivi di doglianza, tra i quali violazione di legge in relazione all’art. 54 c.p., mancanza e manifesta illogicità della motivazione a seguito del rigetto dell’applicazione della causa di giustificazione dello stato di necessità.

Inoltre, è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla riqualificazione dei fatti richiesta, di cui all’art. 626.1, n. 2 c.p.

La Suprema Corte, per quanto riguarda il mancato riconoscimento della scriminante dello stato di necessità argomentato dalla corte territoriale, sostiene che tale scelta sia corretta in quanto è da escludere che la situazione di grave e conclamata indigenza in cui versava l’imputata al momento del compimento del fatto di reato, possa integrare l’art. 54 c.p.

Per la Suprema Corte, infatti, mancherebbero gli elementi essenziali di detta causa di giustificazione, ovvero l’attualità del pericolo, nonché l’inevitabilità dello stesso. Inoltre, viene sottolineato come la situazione di pericolo alla base della scriminante di cui trattasi, richiede la presenza di “un pericolo attuale di un grave danno alla persona” e non semplicemente la presenza di uno “stato di bisogno della persona” in cui versava la ricorrente al momento del fatto.  A sostegno ti tale argomentazione viene richiamato un consolidato orientamento giurisprudenziale di Codesta Corte (Sez. 5, n.3967 del 13/07/2015), in cui si afferma che lo stato di indigenza non è assolutamente compatibile con l’art 54 c.p., in quanto è possibile provvedere mediante gli istituti di assistenza sociale.

Parimenti, il Supremo Collegio, ritiene infondato il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art.62.1, n.4 c.p., lamentato dalla difesa dell’imputata. Anche in questo caso, a sostegno dell’infondatezza, vi sono due  precedenti orientamenti giurisprudenziali: il primo (Sez. 5, n.47144 del 29/11/2022),  in cui la Corte di legittima ha affermato che, ai fini dell’applicazione dell’attenuante, la valutazione del danno patrimoniale deve essere fatta mediante “prognosi postuma ex ante, alla luce della modalità della condotta ovvero di ogni altra acquisizione probatoria”;  il secondo (Sez. 2, n.50660 del 05/10/2017), in cui si afferma che l’attenuante trova applicazione allorquando “la cosa sottratta, o da voler sottrarre in caso di tentativo, abbia un valore irrisorio”.

Appare allora corretto l’operato della Corte d’Appello che, facendo applicazione dei suindicati principi, ha qualificato il valore della merce come “non irrisorio”.

Il ricorso invece, viene ritenuto fondato quanto al secondo motivo di doglianza, circa l’errata qualificazione giuridica del fatto per il quale si procede. Ai fini di una corretta analisi della sentenza in commento è opportuno inquadrare la fattispecie delittuosa in esame, ovvero trattasi del furto lieve per bisogno di cui all’art. 626.1, n.2 c.p. che si configura allorquando la cosa sottratta sia di tenue valore, purché oggettivamente apprezzabile, e sia destinata “de facto” a soddisfare un “grave ed urgente bisogno dell’agente”. L’art. 626 c.p. infatti, introduce i c.d. furti minori ovvero tre autonome figure di furto punite però con un trattamento sanzionatorio più mite, in ragione della minore lesività del fatto. 

La Suprema Corte ha affermato che il grave ed urgente bisogno richiamato dalla norma sopraindicata, si riferisce a situazioni che riguardano il soddisfacimento di esigenze alimentari, di igiene personale o di salute della persona, dunque “esigenze primarie anche se non vitali”. Pertanto, vengono ricomprese nel concetto di bisogno, tutte quelle situazioni riguardanti le esigenze primarie dell’essere umano, che non necessariamente attengono alla sua sopravvivenza. Viene fatto richiamo, inoltre, di una precedente pronuncia in materia (Sez. 2, n.42375 del 05/10/2012) in cui si afferma che il bisogno è grave ed urgente, quando derivi un danno dal suo mancato soddisfacimento o dal suo differimento.

I giudici di legittimità affermano che, secondo un consolidato orientamento (Sez.5, n.48732 del 13/10/2014), si configura furto lieve per bisogno nei casi in cui la cosa sottratta abbia “un tenue valore” oggettivamente apprezzabile, tenuto conto “dell’utilizzo che l’agente si è proposto o ha realizzato con essa” al fine di soddisfare “una grave ed urgente necessità”. Viene inoltre sottolineato come la valutazione circa la tenuità del valore, debba essere effettuata in senso relativo, e non assoluto, tenendo conto del reale utilizzo della res da parte dell’agente. 

Pertanto, la Suprema Corte conclude affermando che nella sentenza impugnata non sono stati applicati i principi di diritto sopraindicati, annullando così la decisione dei giudici d’appello, limitatamente alla qualificazione giuridica del fatto, con rinvio ad altra sezione per nuovo giudizio.

 

Argomento: Dei delitti contro il patrimonio
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Pen., Sez. IV, 15 novembre 2024, n. 41977)

Stralcio a cura di Claudia Scafuro

"Con sentenza emessa in data 13 aprile 2023, la Corte di appello di Milano ha confermato la pronuncia del Tribunale di Monza (…), con cui la ricorrente era condannata, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, alla pena ritenuta di giustizia per il reato di tentato furto all'interno del supermercato OMISSIS, avente ad oggetto 2 pezzi di formaggio, 2 salami, un gel per capelli ed una confezione di siringhe, merce del valore di Euro 38,94. (…) Il ricorso è fondato quanto al secondo motivo di doglianza, riguardante la qualificazione giuridica del fatto ascritto alla imputata. (…) Quanto al mancato riconoscimento della scriminante dello stato di necessità, come argomentato correttamente dalla Corte di merito, va escluso che la situazione anche di grave e conclamata indigenza sia di per sé idonea ad integrare la scriminante dello stato di necessità per difetto degli elementi dell'attualità e dell'inevitabilità del pericolo, in quanto alle esigenze delle persone che versano in tale stato è possibile provvedere per mezzo degli istituti di assistenza sociale (Sez. 5, n. 3967 del 13/07/2015, dep. 2016, Petrache, Rv. 265888). In senso analogo, si è sottolineato che l'esimente dello stato di necessità postula il pericolo attuale di un danno grave alla persona, non scongiurabile se non attraverso l'atto penalmente illecito, e non può quindi applicarsi a reati provocati da uno stato di bisogno, qualora ad esso possa comunque ovviarsi attraverso comportamenti non criminalmente rilevanti (Sez. 3, n. 35590 del 11/05/2016, Mbaye, Rv. 267640). (…) La Corte di legittimità ha da tempo precisato che, in tema di furto tentato la valutazione del danno patrimoniale, ai fini dell'applicazione dell'attenuante di cui all'art. 62, primo comma, n. 4, cod. pen., deve essere fatta attraverso una prognosi postuma "ex ante", alla luce delle modalità della condotta e di ogni altra ulteriore acquisizione probatoria, verificando il valore della cosa che avrebbe formato oggetto della sottrazione se l'evento si fosse verificato (Sez. 5, n. 47144 del 29/11/2022, Loiacono, Rv. 283980). L'attenuante, poi, trova applicazione soltanto ove la cosa sottratta - o che l'imputato si prefigge di sottrarre nel caso del tentativo - abbia un valore modestissimo, pressoché irrisorio (cfr., ex multis, Sez. 2, n. [continua ..]

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