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In tema di concorso formale di reati, la condotta di chi, con violenza o minaccia, allontani l'offerente da una gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private, oltre ad integrare il reato di cui all'art. 353 cod. pen., può integrare altresì quello di cui all'art. 629 cod. pen., ove abbia causato un danno patrimoniale derivante dalla perdita di una seria e consistente possibilità di ottenere un risultato utile per effetto della partecipazione alla gara
Gianluca Mangone
Le Sezioni Unite, con la sentenza in commento, hanno affermato due principi di diritto: 1) “Nella nozione di danno patrimoniale rilevante ai fini della configurabilità del delitto di estorsione rientra anche la perdita della seria e consistente possibilità di conseguire un bene o un risultato economicamente valutabile, la cui sussistenza deve essere provata sulla base della nozione di causalità propria del diritto penale”; 2) “La condotta di chi, con violenza o minaccia, allontani l’offerente da una gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private, oltre ad integrare il reato di cui all’art. 353 c.p., può integrare altresì quello di cui all’art. 629 c.p. ove abbia causato un danno patrimoniale derivante dalla perdita di una seria e consistente possibilità di ottenere un risultato utile per effetto della partecipazione alla predetta gara”.
Secondo le Sezioni Unite il reato di estorsione ex art. 629 c.p. è costruito intorno al concetto di danno, che rappresenta l’evento della fattispecie. Risulta, quindi, fondamentale determinare che cosa si intenda per “danno”, poiché da tale determinazione dipende l’integrazione o meno del fatto di reato. Quando l’interprete si trova di fronte ad un elemento normativo di fattispecie (come il “danno”) il cui contenuto viene definito mediante il rinvio ad un concetto proprio di un altro settore del diritto, vige una presunzione relativa di corrispondenza del concetto: anche nel settore penale quel concetto assumerà la stessa portata che ha in un diverso settore del diritto, salvo che vi sia una “giustificazione conveniente” o “segni certi” che permettano di superare detta presunzione.
Questa soluzione è imposta dal principio di unitarietà dell’ordinamento giuridico e dai principi generali del diritto penale, quali il principio di precisione, determinatezza, tassatività e prevedibilità della norma incriminatrice. I consociati devono poter fare affidamento sul fatto che i concetti propri di settori del diritto, diversi da quello penale, possiedano la stessa portata quando vengono collocati nel settore penale, in modo da poter calcolare il rischio penale della propria condotta.
Il concetto di “danno”, uno degli elementi tipici del reato di estorsione, è strettamente correlato a quello di patrimonio ed entrambi appartengono al settore civilistico. Per il diritto civile il patrimonio è inteso in senso economico-giuridico, ossia come l’insieme dei rapporti giuridici economicamente valutabili, tra i quali rientrano anche le aspettative di diritto, ma non anche le aspettative di mero fatto. Sulla base di tale assunto, la giurisprudenza civile di legittimità è ormai consolidata nel ritenere che la chance, intesa come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene o risultato, non sia una aspettativa di mero fatto, ma un’entità patrimoniale a sé stante, ossia una aspettativa di diritto, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione; di conseguenza, la sua perdita, cioè la perdita della consistente possibilità di conseguire il risultato utile del quale risulti provata la sussistenza, configura un danno concreto e attuale. Detta giurisprudenza, dunque, ammette che il danno possa consistere nella perdita di una chance e, conseguentemente, ammette la risarcibilità del danno da perdita di chance, da intendersi come chance c.d. ontologica. Essa è intesa come posta attiva del patrimonio della persona e, conseguentemente, la sua lesione determina una pretesa risarcitoria a titolo di danno emergente.
Secondo la giurisprudenza sopra citata non è risarcibile qualunque chance, ma soltanto la chance consistente e apprezzabile di conseguire il risultato utile. La valutazione sulla consistenza e apprezzabilità deve essere effettuata caso per caso, indagando le circostanze del caso concreto.
L’elemento normativo del “danno” contenuto nella fattispecie di estorsione, si presume corrispondente al concetto civilistico di danno. Di conseguenza, con danno si può intendere anche la perdita di chance c.d. ontologica, a condizione che essa sia consistente e apprezzabile.
La perdita della chance deve derivare causalmente dalla condotta illecita dell’agente.
Nonostante il “danno” costituisca elemento normativo di fattispecie, mutuato dal settore civile, l’accertamento relativo alla sussistenza della chance e quello relativo al rapporto di causalità tra condotta illecita e perdita della chance (che rappresenta il danno richiesto dal delitto di estorsione) devono essere accertati con i criteri penalistici e non con quelli civilistici elaborati in relazione al fatto illecito ex art. 2043 c.c.
La sussistenza della chance consistente e apprezzabile deve essere accertata “oltre il ragionevole dubbio”, valutando le peculiarità del caso concreto (come il numero degli offerenti e il contenuto dell’offerta). Ad esempio, non è possibile ritenere sussistente la chance qualora l’offerente non avesse i requisiti generali di partecipazione alla gara e, quindi, sarebbe comunque stato escluso oppure qualora l’offerente avesse presentato un’offerta tardiva, di conseguenza, inammissibile.
La causalità da indagare è la c.d. causalità materiale, ossia quella che deve essere accertata, con riferimento al settore penale, tra condotta ed evento, nei reati ad evento naturalistico e, con riferimento al settore civile dell’illecito aquiliano, all’interno del primo segmento causale, ossia quello tra condotta illecita e danno-evento.
Essa deve essere accertata mediante l’applicazione di leggi scientifiche. In particolare, si deve procedere all’accertamento non solo sulla base della probabilità statistica, bensì sulla base della probabilità logica, che permette di accertare il nesso causale, nel caso concreto, una volta esclusi i fattori causali alternativi. Il diritto penale ritiene accertato il nesso di causalità quando detto procedimento porta ad un accertamento “oltre il ragionevole dubbio”. Viceversa, il diritto civile ritiene sufficiente uno standard meno elevato, consistente nel “più probabile che non”.
Siccome la sussistenza di un danno patrimoniale per la persona offesa determina la responsabilità penale dell’agente per il reato di estorsione, sarà necessario accertare il nesso di causalità tra condotta illecita dell’agente e la perdita della chance per la persona offesa, raggiungendo lo standard probatorio penalistico “oltre il ragionevole dubbio”.
Una volta ammesso che anche la perdita della chance c.d. ontologica possa integrare il “danno” richiesto dalla fattispecie di estorsione, le Sezioni Unite si soffermano sulla configurabilità del concorso formale tra i reati di estorsione e di turbata libertà degli incanti, in relazione alla condotta di chi, con violenza o minaccia, allontani gli offerenti da una gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private.
Le Sezioni Unite, prima di affrontare la specifica questione, chiariscono quali sono, in astratto, i criteri utilizzabili per risolvere un concorso di norme. Viene esclusa l’utilizzabilità di criteri valoriali quali sussidiarietà e assorbimento/consunzione, in quanto privi di fondamento positivo e viene ribadita l’utilizzabilità del solo criterio di specialità ex art. 15 c.p., in quanto unico criterio avente fondamento positivo. Con norma speciale deve intendersi quella che contiene tutti gli elementi costitutivi della norma generale e che presenta uno o più requisiti specializzanti, di modo che la fattispecie di cui alla norma speciale, qualora la stessa mancasse, ricadrebbe nell’ambito operativo della norma generale. La specialità deve essere intesa come specialità in astratto, ossia operando un confronto strutturale tra le fattispecie, le quali dovranno essere caratterizzate da un rapporto di continenza.
Questo raffronto strutturale tra le fattispecie di estorsione e di turbata libertà degli incanti pone in evidenza una profonda diversità strutturale tra le norme incriminatrici. Esse possiedono un unico elemento in comune, consistente nella condotta di violenza o minaccia. Per il resto le norme possono essere considerate in rapporto di specialità reciproca: la turbata libertà degli incanti prevede come ulteriori condotte tipiche “collusioni” o “altri mezzi fraudolenti” e tali condotte si devono collocare necessariamente nell’ambito di una gara pubblica, requisiti non previsti dall’estorsione; l’estorsione richiede un “ingiusto profitto con altrui danno”, non previsto dalla turbata libertà degli incanti; la turbata libertà degli incanti si configura come reato di pericolo che si consuma nel momento in cui viene turbata o impedita la gara o vengono allontanati gli offerenti; viceversa, l’estorsione si configura come reato di danno che si consuma al momento di verificazione del danno patrimoniale effettivo. Anche i beni giuridici tutelati dalle due fattispecie, pur essendo entrambe pluri-offensive, non sono esattamente sovrapponibili. L’estorsione tutela il patrimonio e la libertà di autodeterminazione della persona offesa; la turbata libertà degli incanti, oltre a tutelare i predetti beni giuridici, tutela altresì il buon andamento e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione ex art. 97 Cost., con particolare riferimento al regolare svolgimento della gara pubblica secondo le regole della concorrenza.
In forza di queste considerazioni, le Sezioni Unite ritengono che tra le due fattispecie non sussista un rapporto di specialità ex art. 15 c.p. e, conseguentemente, uno stesso fatto, ove siano in concreto ravvisabili gli elementi costitutivi di entrambi i reati, possa integrare entrambe le fattispecie realizzandosi un concorso formale tra estorsione e turbata libertà degli incanti. A condizione, quindi, che la condotta dell’agente cagioni un danno patrimoniale alla persona offesa, il quale potrà eventualmente consistere, in presenza delle condizioni sopra richiamate, nella perdita della c.d. chance ontologica. Viceversa, nell’ipotesi in cui la condotta dell’agente non cagioni un danno patrimoniale alla persona offesa, essa integrerà soltanto la fattispecie di turbata libertà degli incanti, ma non quella di estorsione.
La conclusione cui sono pervenute le Sezioni Unite, in particolare la riconduzione della perdita della chance al “danno” richiesto dalla fattispecie di estorsione, seppur limitatamente alla sola chance c.d. ontologica (ma non alla chance c.d. eziologica), determina il rischio di dilatare eccessivamente la nozione di danno e di patrimonio nell’ambito del settore penale. Così facendo, la conseguenza è quella di trasformare la fattispecie di estorsione, tradizionalmente di danno, in fattispecie di pericolo.
Sezione: Sezioni Unite
(Cass. Pen. SS. UU., 22 luglio 2024, n. 30016)
Stralcio a cura di Claudia Scafuro