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Il conducente del veicolo è ritenuto responsabile del decesso del passeggero se non si accerta che le cinture di sicurezza siano da lui indossate

Chiara Vittoria Costa 

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, si è pronunciata sul ricorso proposto dal Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Roma avverso la sentenza del Tribunale di Frosinone del 6 marzo 2024. Il Tribunale di prime cure aveva assolto l’imputata dal reato di cui all’art. 589 c.p., ritenendo interrotto il nesso causale tra la condotta dell’imputata e l’evento morte.

In particolare, secondo il giudice di primo grado la vittima che si trovava nell’auto dell’imputata, al momento dell’impatto non indossava la cintura di sicurezza ed ha ritenuto che tale omissione costituisse la causa esclusiva del decesso.  Secondo la motivazione, il mancato uso del dispositivo di sicurezza da parte della vittima sarebbe stato sufficiente, da solo, a causarne la morte, determinando così un’interruzione del nesso di causalità.

Il Procuratore Generale ha impugnato tale pronuncia, lamentando la violazione dell’art. 172 co. 1 d.lgs. 285/1992 codice della strada, che impone l’obbligo di utilizzo delle cinture di sicurezza. La normativa prevede che risponde di omicidio colposo chi, prima di intraprendere la marcia del veicolo con passeggeri a bordo, non esige che costoro indossino la cintura di sicurezza e verificando che lo facciano. È emerso che solo la conducente e la passaggera a suo fianco indossavano le cinture di sicurezza e che secondo il perito nominato dal Tribunale, l’uso delle cinture da parte della vittima avrebbe potuto ragionevolmente evitarne la morte. L’omissione dell’uso delle cinture da parte della vittima non può, di per sé, escludere la responsabilità dell’imputata e tale comportamento può al massimo costituire concorso colposo della persona offesa, ma non ha efficacia interruttiva del nesso di causalità.

La Corte di Cassazione ha aderito alle argomentazioni del Procuratore Generale, ritenendo errata la valutazione del Tribunale. È infatti indirizzo consolidato della Suprema Corte quello secondo cui il conducente di un veicolo è tenuto, in base alle regole della comune diligenza e prudenza, ad esigere che il passeggero indossi la cintura di sicurezza e, in caso di renitenza, anche a rifiutarne il trasporto e ad omettere l’intrapresa marcia (Cass. Pen. Sez. IV, 27/09/2022 n. 39136) e ciò a prescindere dall’obbligo e dalla sanzione a carico di chi deve fare uso della detta cintura (Cass. Pen. Sez. IV, n. 32877/2020; n. 9904/1996; n. 9311/2003).

Dunque, il mancato uso della cintura di sicurezza da parte della vittima è un comportamento rientrante nella tipologia di eventi che il conducente deve tenere presente nella propria condotta di guida e non può considerarsi come causa autonoma, eccezionale e sopravvenuta idonea ad interrompere il nesso di causalità ex art. 41 co. 2 c.p.

L’errore nel giudizio di primo grado è consistito nel valutare la condotta colposa della vittima come causa esclusiva, mentre essa avrebbe dovuto essere valutata al più come concausa, eventualmente influente sul quantum del risarcimento o sul grado di colpevolezza ma non sul piano della sussistenza della responsabilità penale. La Corte ha affermato il principio secondo cui in tema di reati colposi derivanti da incidenti stradali, l’omessa adozione di presidi di sicurezza da parte della persona offesa può costituire condotta colposa concorrente, ma non è idonea di per sé ad escludere il nesso di causalità, salvo che presenti caratteri di eccezionalità, autonomia e imprevedibilità tali da interrompere il rapporto eziologico tra la condotta dell’agente e l’evento dannoso o mortale, caratteri che nel caso di specie non sussistono.

Ritenuta fondata la censura del Procuratore Generale, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza del Tribunale di Frosinone, affermando che l’assoluzione dell’imputata ex art. 589 c.p. fosse viziata da un’erronea applicazione del principio di causalità nei reati colposi. La Corte ha altresì rinviato alla Corte di Appello di Roma affinché in diversa composizione proceda ad nuovo esame del caso, applicando correttamente i principi in materia di causalità, nel quale si dovrà valutare correttamente la condotta di guida dell’imputata, il concorso colposo della vittima e la permanenza del nesso causale tra la condotta dell’imputata e la morte del passeggero, tenendo presente che il conducente del veicolo è ritenuto responsabile del decesso del passeggero se non si accerta che le cinture di sicurezza siano da lui indossate.

Argomento: Dei delitti contro la persona
Sezione: Sezione Semplice

 (Cass. Pen., Sez. IV, 5 novembre 2024, n. 46566)

Stralcio a cura di Giuseppe Tuccillo

“(…) Il Tribunale, dopo aver dato atto che il passeggero seduto sul sedile posteriore, lato sinistro, veniva trovato con metà busto fuori dall'abitacolo, schiacciato dall'autovettura, ha richiamato gli argomenti spesi dal perito il quale ha affermato che, nella circostanza, il trasportato non indossava la cintura di sicurezza. Il Tribunale, ha, tuttavia, argomentato che nessun addebito poteva essere mosso alla Do.Le. poiché la Fiat Punto, alla guida della quale si trovava, non era dotata di sistemi acustici atti a segnalare il mancato utilizzo delle cinture e che, in ogni caso, non era esigibile che la conducente potesse compiere, durante la marcia, una continua verifica in tal senso. Secondo il combinato disposto dell'art. 589 co. 2 ed pen. e dell'art. 172 co. 1 D.Lgs. 285/92 risponde di omicidio colposo chi, prima di intraprendere la marcia del veicolo con passeggeri a bordo, non esige che costoro indossino la cintura di sicurezza, verificando che lo facciano e in caso di renitenza, rifiuti il trasporto, continuando a verificarlo durante la marcia, anche con l'aiuto degli altri passeggeri trasportati, interpellando direttamente il passeggero. Nella sentenza non si mette in dubbio che il passeggero deceduto non indossasse la cintura ma si fornisce dell'art. 172 C.d.s. una interpretazione difforme da quella data ossia che il conducente è tenuto ad esigere che il passeggero indossi i dispositivi di sicurezza. Contrariamente a quanto argomentato dal Tribunale circa l'assenza della colpa specifica contestata ed in particolare, delle infrazioni del Codice della strada è, comunque, risultata accertata la violazione dell'art. 172 del medesimo ed è emerso, nel corso della istruttoria dibattimentale, proprio dalle conclusioni del perito nominato dal giudice di merito, ing. …, all'uopo nominato, che "era verosimile ritenere che l'utilizzo della cintura di sicurezza avrebbe ragionevolmente impedito l'exitus della persona offesa" in quanto sarebbe rimasta all'interno dell'abitacolo. È indirizzo consolidato di questa Suprema Corte quello secondo cui il conducente di un veicolo è tenuto, in base alle regole della comune diligenza e prudenza, ad esigere che il passeggero indossi la cintura di sicurezza e, in caso di sua renitenza, anche a rifiutarne il trasporto e ad omettere l'intrapresa marcia (Sez. 4 n. 39136 del 27/09/2022) e ciò a prescindere dall'obbligo e dalla sanzione a carico di [continua ..]

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