home / Archivio / Diritto Civile raccolta del 2025 / Responsabilità da atto lecito: riconosciuto indennizzo al proprietario di un giardino ..

indietro stampa contenuto


Responsabilità da atto lecito: riconosciuto indennizzo al proprietario di un giardino occupato per lavori condominiali

Davide Barbato

  1. La vicenda processuale

Nell’ambito di un processo nato a seguito di un appalto per lavori condominiali, due condomini, Te. Di. e Te. Da, agivano per ottenere la condanna al risarcimento del danno del Condominio e della Ditta Appaltatrice.

Deducevano che, durante i lavori svolti, era stato illegittimamente occupato il loro giardino, che erano stati impossibilitati ad accedere alla loro abitazione e che il loro appartamento aveva subito danni materiali.

Il Tribunale rigettava la richiesta di condanna al risarcimento del danno formulata da Te. Di. e Te. Da., i quali proponevano appello.

La Corte territoriale, a differenza del Tribunale, riconosceva l’astratto diritto dei due condomini a vedersi corrispondere un indennizzo; tuttavia, in difetto di prova del pregiudizio subito da Te. Di. e Te. Da., nulla liquidava a tale titolo.

In proposito, la Corte di Appello osservava che “l’obbligo di cui all’art. 843 c.c. aveva natura di obbligazione propter rem, sicché l’indennità sarebbe stata dovuta dall’occupante se e in quanto l’intrusione nella proprietà altrui fosse stata foriera di danni, quale presupposto indefettibile per il sorgere dell’obbligazione indennitaria, che gli appellanti avevano ricondotto, sic et simpliciter, al fatto dell’occupazione, peraltro parametrandone il quantum all’indennità di occupazione del suolo pubblico, di ben altra natura e funzione…” e che era infondata “anche la censura relativa al mancato riconoscimento dell’istanza risarcitoria, conseguente all’impossibilità di utilizzare l’immobile di proprietà esclusiva dei condomini per i 5 mesi necessari all’esecuzione dei lavori…”.

Quindi, la Corte riteneva che i condomini non avessero fornito la prova del danno né la sua quantificazione relativamente all’occupazione del giardino e all’impossibilità di utilizzare pienamente l’immobile.

In assenza della prova circa il quantum della pretesa indennitaria e/o risarcitoria, il Giudice del gravame aveva rigettato la domanda dei condomini.

La sentenza della Corte territoriale veniva impugnata in Cassazione.

Te. Di. e Te. Da. censuravano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 843 c.c., per avere la Corte di merito disatteso la richiesta di condanna del Condominio e/o della Ditta Appaltatrice al pagamento di un’indennità per l’occupazione per cinque mesi del loro giardino.

Invero, secondo i ricorrenti, l’indennità – per l’occupazione del loro giardino e per l’impossibilità conseguente di accedere anche da esso all’appartamento – spettava anche in assenza della prova del danno.

  1. Danno-evento e danno-conseguenza

 La Suprema Corte osserva che: se è dimostrato un evento lesivo, pur conseguente a un fatto lecito, è dovuto il riconoscimento di un’indennità poiché già per il solo fatto della contrazione del diritto di godimento, conseguente all’occupazione del giardino – per consentire i lavori condominiali – è realizzato il danno-evento.

Una volta configurato l’an della pretesa indennitaria, resta da valutare il quantum.

Quantum corrispondente al c.d. “danno-conseguenza”, che, come affermato da giurisprudenza consolidata, può essere provato anche presuntivamente e determinato, nell’ammontare – in assenza di elementi obiettivi da cui desumerne la misura – anche in via equitativa.

Allora ecco che la Suprema Corte afferma che “all’esito della ritenuta occupazione del giardino (con inibizione della facoltà di uso nella sua interezza), quale conseguenza dell’accesso nell’area, il danno-evento avrebbe dovuto essere identificato nel fatto stesso dell’occupazione, e quindi nella sua impossibilità di utilizzazione, quale circostanza legittimante del diritto al conseguimento di un’adeguata indennità ex art. 843, secondo comma, c.c. (secondo cui “se l’accesso cagiona danno, è dovuta una adeguata indennità”). La responsabilità da atto lecito avrebbe, dunque, dovuto ritenersi integrata per il fatto stesso che il transito e l’accesso (obligatio propter rem) avessero determinato un concreto pregiudizio al fondo interessato (danno-evento), consistente nella persistente occupazione dell’area per tutto il corso dei lavori, indipendentemente dalla dimostrazione della sua entità (danno-conseguenza), alla cui determinazione si sarebbe dovuto procedere in via equitativa, in mancanza di elementi obiettivi da cui desumerne la misura”.

Tale principio, per la Suprema Corte, è applicabile anche al caso di sola potenziale preclusione della facoltà di uso del bene.

  1. Oneri probatori: presunzione per l’an e dimostrazione del quantum

 Il risultato cui perviene la Cassazione appare condivisibile (anche se il percorso argomentativo risulta tortuoso tenendo conto che non sempre è perspicua la differenza dei nessi causali dell’uno e dell’altro danno).

In effetti, già l’art. 843, comma 2, c.c. sembra esplicitare con sufficiente chiarezza che il danno da occupazione di cosa propria, ancorché l’occupazione sia lecita, provoca un danno che la stessa norma ritiene indennizzabile.

Sembra, infatti, fisiologico ritenere che il fatto stesso dell’occupazione (evento lesivo pregiudiziale) – generando una presunzione di danno – obblighi colui che tale occupazione ha posto in essere a indennizzare la compressione del diritto di proprietà che l’occupazione ha provocato: se il giardino è stato occupato si presume che siano state compresse le facoltà di usarlo.

In relazione al regime probatorio, come afferma la Suprema Corte, è sufficiente l’esistenza del danno-evento che si presume sulla scorta della realizzazione dell’occupazione del fondo, ancorché lecita, ai sensi dell’art. 843 c.c.; viceversa il danno-conseguenza, cioè la quantificazione della concreta lesione arrecata dall’occupazione può anche essere determinato in via equitativa.

Ovviamente, un’accorta strategia difensiva suggerisce, comunque, di fornire elementi di prova circostanziati per la determinazione del danno; non affidandosi, quindi, alla sola via equitativa essendo quest’ultimo strumento solo sussidiario della non raggiunta dimostrazione del danno-conseguenza (in senso critico sulla distinzione tra i tipi di danno e i loro relativi nessi causali, cfr. P. Sirena, Danno-evento, danno-conseguenza e relativi nessi causali. Una storia di superfetazioni interpretative e ipocrisie giurisprudenziali, in Responsabilità Civile e Previdenza, 2023).

Argomento: Della proprietà
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. II, 16 dicembre 2024, n. 32707)

Stralcio a cura di Giovanni Pagano

“(…) 8.1.- Il primo motivo è fondato. Infatti, all'esito della ritenuta occupazione del giardino (con inibizione della facoltà di uso nella sua interezza), quale conseguenza dell'accesso nell'area, il danno-evento avrebbe dovuto essere identificato nel fatto stesso dell'occupazione, e quindi nella sua impossibilità di utilizzazione, quale circostanza legittimante del diritto al conseguimento di un'adeguata indennità ex art. 843, secondo comma, c.c. (secondo cui "se l'accesso cagiona danno, è dovuta una adeguata indennità"). La responsabilità da atto lecito avrebbe, dunque, dovuto ritenersi integrata per il fatto stesso che il transito e l'accesso (obligatio propter rem) avessero determinato un concreto pregiudizio al fondo interessato (danno-evento), consistente nella persistente occupazione dell'area per tutto il corso dei lavori (…), indipendentemente dalla dimostrazione della sua entità (danno-conseguenza), alla cui determinazione si sarebbe dovuto procedere in via equitativa, in mancanza di elementi obiettivi da cui desumerne la misura (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 19849 del 18/07/2024). Nella specie la possibilità, andata perduta, di esercizio del diritto di godimento diretto è suscettibile di tutela indennitaria, in ragione della dimostrazione del fatto stesso dell'occupazione per un tempo significativo dell'intera superficie, senza che sia necessario fornire la prova - anche mediante presunzioni o il richiamo alle nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza - del concreto godimento che il proprietario ne avrebbe esercitato (Cass. Sez. U, Sentenza n. 33645 del 15/11/2022). Tale maggiore aggravio probatorio non riguarda le ipotesi speciali di imposizioni di limitazioni legali alla proprietà, in cui il legislatore prescrive il riconoscimento di un'indennità per il solo fatto che sia cagionato un danno (danno-evento che esige di essere dimostrato), qualsiasi esso sia, ivi compresa la "potenziale" privazione della facoltà di godere del fondo in conseguenza dell'occupazione. In tali casi la realizzazione della condotta lesiva (quand'anche riconducibile ad un atto lecito dannoso) legittima una presunzione (iuris tantum) di integrazione del danno-conseguenza (in tema di violazione delle distanze legali Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 23404 del 01/08/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 5864 del 27/02/2023), la cui quantificazione può essere [continua ..]

» Per l'intero contenuto effettuare il login inizio