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In tema di falso ideologico va distinta l´innocuità del falso dalla sua presunta inutilità

Claudia Scafuro

 

La sentenza impugnata e oggetto del ricorso per Cassazione si presenta come una cd. doppia conforme, in quanto la Corte di Appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata che aveva condannato (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 483 c.p. di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico perchè, nella qualità di amministratore di un condominio, dichiarava falsamente in una C.I.L.A. che il fabbricato, cui i lavori indicati nell'atto si riferivano, non erano interessati da opere realizzate in assenza di titolo abilitativo idoneo.

L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore, articolando sostanzialmente due motivi:

  • con il primo, il ricorrente deduce vizio di motivazione con riferimento alla

ritenuta sussistenza del fatto e del prescritto elemento soggettivo;

  • con il secondo, viene dedotta la violazione di legge con riferimento alla mancata applicazione della causa di non punibilita' di cui all'articolo 131- bis p..

Nello specifico, i giudici di merito hanno ritenuto provato che nel mese  di maggio 2016, ossia quattro mesi prima della dichiarazione falsa, vi era stato un accertamento dell'ufficio comunale competente che aveva  ravvisato  un abuso consistente nell'installazione di  cinque  lampioni  non  autorizzati nell'area circostante il fabbricato, e che l'amministratore era stato diffidato a provvedere ma non aveva adempiuto alla prescrizione.

 
   

 

1 Cass. Pen. Sez. V, 07/04/2017, nr. 28599.

2 Cass. Pen. Sez. III, 19/07/2011, nr. 34901.

 

Ora, il ricorrente con il primo motivo lamenta che la comunicazione di inizio lavori asseverata in questione fosse stata presentata in pendenza dell'accertamento amministrativo seguito ai controlli dei mesi di maggio e giugno 2016 e che gli uffici comunali siano incorsi in errore nell'interpretare documentazione fotografica e grafici progettuali rilevanti ai fini dell'individuazione del momento in cui i lampioni ritenuti abusivi erano stati installati. Si sostiene che l'adempimento dell'imputato rispetto alle prescrizioni degli uffici comunali sia da intendersi totale perchè riferito agli specifici lampioni oggetto dell’intervento più recente.

Da un diverso punto di vista, l'eventuale falsità contestata sarebbe da considerarsi inidonea ad ingannare l’amministrazione, dal momento che la medesima era consapevole del riferito abuso da diversi anni concludendo che si verterebbe in un caso di falso innocuo.

Successivamente, il ricorrente evidenzia come la motivazione resa dalla Corte di appello sulla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all'articolo 131-bis c.p.. sarebbe illogica, perchè non sono stati considerati vari fattori, quali l'incensuratezza dell'imputato come sintomo della non abitualità della condotta nonché lo stile di vita positivo tenuto dall’imputato successivamente al fatto. Ulteriormente, non è stata tenuta in debita considerazione l'assenza di danno alla pubblica amministrazione, ne' la circostanza che il pubblico ministero abbia chiesto l'archiviazione nel procedimento penale relativo all'installazione dei lampioni.

 

In diritto, la Corte dichiara il primo motivo infondato, affermando il principio secondo il quale l'innocuità del falso, che attiene alla tipicità del fatto materiale, non va confusa con la sua presunta inutilità perchè l'innocuità del falso riguarda, esclusivamente, l'inesistenza dell'oggetto tipico della falsità.

La Corte specifica altresì che ai reati  di  falso  sono  estranee  le  nozioni  di danno e di profitto, essendo sufficiente il  mero  pericolo  che  dalla contraffazione o dall'alterazione possa derivare alla fede pubblica, unico bene giuridico protetto dalle norme incriminatrici dettate in materia, per il perfezionamento delle rispettive fattispecie.

Mentre, nel caso di specie, viene evidenziato come  nemmeno  il  ricorrente dubiti della valenza probatoria della dichiarazione falsa di cui si discute e

 

che, infatti, al suo posto, si sofferma sull’assenza del danno. E a nulla rileva che l’atto falso abbia o meno conseguito gli obiettivi prefissati ab origine.

L’infondatezza del motivo di ricorso la si rapporta alla correttezza della motivazione addotta dalla Corte di Appello relativamente ai punti attinti dal primo motivo.

Difatti, la medesima illustra che sia il precedente rilievo dell'abuso inerente i lampioni, sia la dichiarazione di cui si discute dovessero ritenersi riferiti al fabbricato in senso ampio, posto che entrambe riguardavano lavori da eseguire  in aree  pertinenziali  al  fabbricato.  Dunque, non avrebbe alcun senso limitare l'obbligo di corretta dichiarazione agli eventuali vizi del mero fabbricato, inteso in senso stretto.

Di più, la Corte ha altresì evidenziato che l'amministratore era stato già diffidato a rimuovere gli abusi e questi non vi aveva provveduto. Rilevanza significativa del dolo richiesto per il falso commesso nel successivo mese di settembre perchè l’imputato era stato diffidato a rimediare integralmente all’abuso, mentre egli vi aveva provveduto solo parzialmente.

Il secondo motivo, al contrario, è stato ritenuto fondato perchè, a detta della Consulta, la motivazione resa dalla Corte di Appello quando ha escluso la sussistenza della causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p. è stata intrinsecamente contraddittoria, siccome la medesima ha negato la causa di non punibilità subito dopo aver reso una motivazione che di fatto ne riconosceva i presupposti.

È vero che il riconoscimento dell’art. 131 bis c.p. e' stato escluso attraverso quella stessa motivazione posta a sostegno della sussistenza del dolo e dopo il riconoscimento dell'assenza di qualsivoglia danno e dell’impossibilità per la dichiarazione falsa di incidere sulla possibilità di realizzare le opere programmate, dando così atto della particolare tenuità dell’offesa, essendo indiscussa la non abitualità della condotta.

Essa invece sarebbe stata da riconoscere proprio in ragione della particolare tenuità dell’offesa e della indiscussa non abitualità della condotta.

Pertanto, la Corte conclude annullando la sentenza impugnata senza rinvio perche' il fatto non è punibile ai sensi dell'articolo 131 bis c.p..

Argomento: Dei Delitti Contro la Fede Pubblica
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. pen., Sez. V, 07 dicembre 2023, n. 48828)

stralcio a cura di Annapia Biondi

 “(…) 1. Con sentenza del 17 febbraio 2023 la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata che aveva condannato A.A. per il delitto di cui all'art. 483 c.p. perchè, nella qualità di amministratore di un condominio, dichiarava falsamente in una C.I.L.A. che il fabbricato cui i lavori indicati nell'atto si riferivano non erano interessati da opere realizzate in assenza di titolo abilitativo idoneo. I giudici di merito hanno ritenuto provato che nel mese di maggio 2016, e dunque quattro mesi prima della dichiarazione falsa, vi era stato un accertamento dell'ufficio comunale competente che aveva ravvisato un abuso, consistente nell'installazione di cinque lampioni non autorizzati nell'area circostante il fabbricato, e che l'amministratore era stato diffidato a provvedere ma non aveva adempiuto alla prescrizione.” “(…) 2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce (…) l'eventuale falsità sarebbe inidonea ad ingannare l'amministrazione proprio perchè questa era ben consapevole del ritenuto abuso da diversi anni. Si verterebbe dunque in un caso di falso innocuo.” “(…) L'innocuità del falso, che attiene alla tipicità del fatto materiale, non va confusa con la sua presunta inutilità, profilo che tutt'al più attinge l'ambito della prova del dolo del reato: l'innocuità del falso riguarda infatti, esclusivamente, l'inesistenza dell'oggetto tipico della falsità di modo che questa riguardi un atto assolutamente privo di valenza probatoria (Sez. 5, n. 28599 del 07/04/2017, Bautista, Rv. 270245) a prescindere dall'uso che dell'atto oggetto di falsificazione venga fatto (Sez. 3, n. 34901 del 19/07/2011, Testori, Rv. 250825). Ed ancora, ai reati di falso sono estranee le nozioni di danno e di profitto, essendo sufficiente, per il perfezionamento delle rispettive fattispecie, il mero pericolo che dalla contraffazione o dall'alterazione possa derivare alla fede pubblica, che è l'unico bene giuridico protetto dalle norme incriminatrici dettate in materia. Nel caso di specie nemmeno il ricorrente dubita della valenza probatoria della dichiarazione falsa di cui si discute e si intrattiene, non a caso, sull'assenza di danno: che l'atto falso abbia conseguito o meno gli effetti prefissati è, invece, del tutto irrilevante.”

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