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Confisca per equivalente: la natura sostanziale ne impedisce l´applicazione retroattiva

Giulio Baffa 

Con la sentenza a Sezioni Unite n. 4145 del 31 gennaio 2023, la Corte di cassazione penale ha affrontato, in relazione alle ipotesi di confisca per equivalente, la questione sulla natura processuale ovvero sostanziale della disposizione di cui all’art. 578-bis c.p.p., rubricato “Decisione sulla confisca in casi particolari nel caso di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione” per cui «quando è stata ordinata la confisca in casi particolari prevista dal primo comma dell’articolo 240-bis del codice penale e da altre disposizioni di legge o la confisca prevista dall’articolo 322-ter del codice penale, il giudice di appello o la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione o per amnistia, decidono sull’impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell’imputato». Si tratta della c.d. confisca senza condanna, ossia della possibilità per il giudice di appello e per la Corte di Cassazione di procedere all’ablazione del prezzo o del profitto del reato ovvero dei beni di valore equivalente agli stessi (c.d. confisca per equivalente o di valore), in caso di declaratoria, all’esito del giudizio di impugnazione, di estinzione del reato per prescrizione ovvero per amnistia, sempre che si sia accertata la penale responsabilità dell’imputato.

Più nel dettaglio, il quesito posto all’attenzione dei Giudici di legittimità riguardava l’applicabilità dell’art. 578-bis c.p.p. ai fatti di reato commessi prima dell’entrata in vigore dell’art. 6, comma 4, D.lgs. n. 21 del 2018 – che ha introdotto, appunto, nel codice di rito l’art. 578-bis c.p.p. – e, relativamente alla confisca per equivalente di cui all’art. 322-ter c.p.p., ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore dell’art. 1, comma 4, lett. f), l. n. 3 del 2019 – che ha inserito nell’art. 578-bis c.p.p. le parole “o la confisca prevista dall’art. 322-ter c.p.”[1].

Il tema, infatti, lungi dall’avere una rilevanza meramente teorica e dogmatica, presenta rilevanti ripercussioni sul piano strettamente “pratico” in ragione delle differenti conseguenze in punto di estensibilità o meno dello statuto di garanzie della lagalità penale e, in particolare, del principio di irretroattività della norma penale sfavorevole.

Nell’apparato motivazionale della sentenza che qui si commenta, la Corte di cassazione assume quale necessario punto di partenza delle proprie argomentazioni una disamina sulla natura giuridica della confisca per equivalente: se la stessa assolva ad una funzione afflittivo-sanzionatoria ovvero meramente recuperatoria a carattere amministrativo[2].

In riferimento alla confisca per equivalente in materia di reati tributari di cui all’art. 1, comma 143, l. n. 244 del 2007 – che ha sostanzialmente esteso agli illeciti finanziari la disciplina prevista dall’art. 322-ter c.p. –, la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale degli artt. 200, 322-ter c.p. nonché dello stesso art. 1, comma 143, l. n. 244 del 2007 per contrasto con l’art. 25, secondo comma, Cost. e con l’art. 7 CEDU, in caso di applicazione reatroattiva della confisca per equivalente a fatti pregressi, cioè a reati tributari commessi prima dell’entrata in vigore della modifica del 2007, ha ritenuto la questione manifestamente infondata. Più esattamente, il Giudice delle Leggi, con l’ordinanaza n. 97 del 2009 – pure richiamata nella sentenza che qui si commenta –, concorda sulla natura afflittiva della confisca per equivalente, conclusione già confermata del resto in più occasioni dalla giurisprudenza della Corte di cassazione[3]: «la mancanza di pericolosità dei beni che sono oggetto della confisca per equivalente, unitamente all’assenza di un “rapporto di pertinenzialità” (inteso come nesso diretto, attuale e strumentale) tra il reato e detti beni, conferiscono all’indicata confisca una connotazione prevalentemente afflittiva, attribuendole, così, una natura “eminentemente sanzionatoria”, che impedisce l’applicabilità a tale misura patrimoniale del principio generale dell’art. 200 cod. pen., secondo cui le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione, e possono essere, quindi, retroattive». Ed ancora: «il secondo comma dell’art. 25 Cost. vieta l’applicazione retroattiva di una sanzione penale, come deve qualificarsi la confisca per equivalente, e che la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto in contrasto con l’articolo 7 della Convenzione l’applicazione di una sanzione riconducibile proprio ad un’ipotesi di confisca per equivalente»[4]-[5].

La medesima linea interpretativa è stata seguita dalla giurisprudenza della Corte Edu la quale, muovendo dalla nozione autonoma di “materia penale”[6] (nozione che, a partire dalla celeberrima sentenza Engel[7], non considera decisiva la qualifica formale di una sanzione ma dà rilievo all’intrinseco punitivo della stessa), ha qualificato la confisca per equivalente prevista dall’ordinamento italiano come sanzione “penale”, tale da richiedere quindi l’estensibilità del catalogo di garanzie dell’art. 7 Cedu per le sanzioni criminali in senso stretto[8]. Né l’assenza di una condanna “in senso formale” (come, ad esempio, una sentenza proscioglitiva per intervenuta prescrizione del reato dalla quale comunque emerga l’accertamento della responsabilità dell’imputato – nozione “sostanziale” di condanna) varrebbe di per sé ad escludere l’esistenza di “pena” in senso stretto[9].

Tornando al quesito posto alla Sezioni Unite sulla natura sostanziale ovvero processuale della disposizione dell’art. 578-bis c.p.p., i Giudici di legittimità hanno cura di precisare come il fatto che una norma, collocata tograficamente nel codice di rito, non disciplini i contorni tipici di una fattispecie incriminatrice, non sia sintomico, per ciò solo, della natura esclusivamente processuale della disposizione, assoggettata al principio tempus regit actum. Non è un caso che la giurisprudenza della Corte Costituzionale abbia riservato all’area del diritto processuale penale (soltanto) le norme giuridiche aventi ad oggetto l’attività degli organi statali diretta all’accertamento dello ius puniendi e abbia affermato che il divieto di retroattività miri ad assicurare al destinatario della norma una ragionevole prevedibilità delle conseguenze sanzionatorie della sua condotta, estendendo lo statuto di garanzie della legalità penale a tutte quelle norme che riconnettano, alla commissione di un fatto di reato, un qualsiasi effetto punitivo-sanzionatorio[10].

Con specifico riguardo al caso in eseme, dunque, non era ragionevolmente prevedibile, al momento della commissione del fatto di reato, e al di fuori di una pronuncia di condanna in senso formale, l’applicazione di una sanzione criminale, come la confisca per equivalente, a meno di non veicolare effetti punitivo-criminali “a sorpresa” in evidente contrasto con l’art. 25, secondo comma, Cost., con l’art. 7 Cedu e, quindi, con l’art. 117 Cost.[11].

In questo senso, l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, muovendo da una funzione ripristinatoria della confisca per equivalente, l’art. 578-bis c.p.p. avrebbe natura processuale, poiché non introduce nuovi casi di confisca, ma si limita a definire la cornice procedimentale entro cui può essere disposta la confisca senza condanna[12], non sembra prendere in considerazione il fatto che l’art. 578-bis c.p.p. abbia (anche) natura “costitutiva” in quanto attributiva del potere, in precedenza precluso al giudice, di mantenere la confisca per equivalente (da qualificare quale sanzione penale) anche a fronte di una declaratoria di estinzione del reato per prescrizione. Ne deriva il principio di diritto per cui: “la disposizione dell’art. 578-bis cod. proc. pen. ha, con riguardo alla confisca per equivalente e alle forme di confisca che presentino comunque una componente sanzionatoria, natura anche processuale ed è, pertanto, inapplicabile in relazione ai fatti posti in essere anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 6, comma 4, d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21, che ha introdotto suddetta disposizione».

 

[1] Il primo comma dell’art. 322-ter c.p., introdotto con la l. n. 300 del 2000 e modificato con la l. n. 190 del 2012, prevede per i reati contro la pubblica amministrazione l’istituto della c.d. confisca per equivalente: nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 320, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto. Si tratta, detto altrimenti, di una confisca che ha ad oggetto non, direttamente, il prezzo o il profitto del reato, ma beni di valore equivalente agli stessi.

[2] Se, infatti, si classifica come una misura di sicurezza patrimoniale, si deve ritenere applicabile tutta la disciplina prevista per le misure di sicurezza da parte del codice penale. L’art. 200 c.p., in particolare, stabilisce che le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione, ammettendo dunque una loro applicazione retroattiva.

[3] Ex pluribus Cass. Pen., Sez. Un., 26 giugno 2015, n. 31617.

[4] Il riferimento è alla sentenza Corte Edu, 9 febbraio 2004, causa n. 307-A/1995, Welch c. Regno Unito.

[5] In questi stessi termini, v. Corte cost., ord. 16 novembre 2009, n. 301, sempre in materia di reati tributari, Corte cost., 26 maggio 2010, n. 196, relativamente all’ipotesi di confisca per equivalente prevista dall’art. 186 del c.d. Codice della strada e Corte cost., 7 marzo 2017, n. 68, relativamente all’ipotesi di confisca per equivalente prevista dall’art. 187-sexies D.lgs. n. 58 del 1998 (T.U. in materia di intermediazione finanziaria).

[6] In argomento v. per tuti F. Viganò, Il nullum crimen conteso: legalità “costituzionale” vs. legalità “convenzionale”?, in Dir. pen. cont., 5 aprile 2017, 1 ss.

[7] Corte EDU, Plenaria, 8 giugno 1976, ric. n. 5100/71, Engel and Others v. the Netherlands.

[8] I criteri diagnostici che la Corte di Strasburgo ha enucleato per la riconoscibilità della natura penale di una sanzione possono riassumersi: a) nella conseguenzialità dell’adozione della misura rispetto alla condanna per un reato; b) nella natura e scopo della misura; c) nella qualificazione operata dal diritto interno (o, in sua vece, dalla giurisprudenza); d) nelle relative procedure di applicazione ed esecuzione; e) nel grado di afflittività che la connota. Così, per tutte, Corte Edu, 9 febbraio 2004, causa n. 307-A/1995, Welch c. Regno Unito.

[9] Corte Edu, G.C., 28 giugno 2018, G.I.E.M. e altri c. Italia. Tra i numerosi commenti alla pronuncia de qua, si segnala M. Bignami, Da Strasburgo via libera alla confisca urbanistica senza condanna, in Quest. giust., 10 luglio 2018;

[10] Corte cost., 12 febbraio 2020, n. 32.

[11] In argomento, v. la Corte Edu Corte EDU, G.C., 17/09/2009, Scoppola c. Italia.

[12] Per tutti, Cass. Pen., Sez. VI, 9 gennaio 2020, n. 14041.

Argomento: Confisca
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Pen., SS.UU., 31 gennaio 2023, n. 4145)

Stralcio a cura di Ilaria Romano

“1. La questione di diritto per la quale il ricorso è stato rimesso alle Sezioni Unite è la seguente: "Se la disposizione dell'art. 578-bis c.p.p. sia applicabile, in ipotesi di confisca per equivalente, ai fatti commessi anteriormente all'entrata in vigore dell'art. 1, comma 4, lettera f), L. 9 gennaio 2019, n. 3, che ha inserito nella stessa le parole "o la confisca prevista dall'art. 322-ter c.p. "". Avuto riguardo alla formulazione del quesito (…) le Sezioni Unite ritengono opportuno (…) precisare che la questione rimessa, quanto al dato cronologico, deve essere perimetrata, nella sua portata generale ai reati ricompresi nell'originaria formulazione dell'art. 578-bis c.p.p. e commessi anteriormente all'entrata in vigore dell'art. 6, comma 4, D.Lgs. n. 1 marzo 2018, n. 21 - che ha introdotto, appunto, nel codice di rito l'art. 578-bis c.p.p. - ossia ai fatti di reato commessi prima della data del 6 aprile 2018 (…) e non anche ai reati commessi tra la predetta data e quella del 13 gennaio 2019, data di entrata in vigore dell'art. 1, comma 4, lett. f), L. 9 gennaio 2019, n. 3, che ha inserito nell'art. 578-bis c.p.p. le parole "o la confisca prevista dall'art. 322-ter c.p. ". (…) 4. Le Sezioni Unite ritengono che (…) debba propendersi in via interpretativa per (…) [l’] indirizzo che nega l'applicabilità dell'art. 578-bis c.p.p., con particolare riguardo alla confisca per equivalente, per i fatti commessi prima dell'entrata in vigore dell'art. 6, comma 4, D.Lgs. n. 21 del 2018 (o, per la confisca (di valore) prevista dall'art. 322-ter c.p., per i fatti commessi prima dell'entrata in vigore dell'art. 1, comma 4, lettera f) L. n. 3 del 2019). 4.1. Per dare conto di ciò, appare necessario, sia pure sinteticamente, stabilire la natura giuridica della confisca per equivalente (o di valore). (…) [L]a Corte costituzionale ha chiarito che (…) "il comma 2 dell'art. 25 Cost. vieta l'applicazione retroattiva di una sanzione penale, come deve qualificarsi la confisca per equivalente, e che la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo ha ritenuto in contrasto con l'art. 7 della Convenzione l'applicazione di una sanzione riconducibile proprio ad un'ipotesi di confisca per equivalente (…)" (Corte Cost., sent. n. 97 del 2009). (…) (…) [A]ssume particolare rilievo la sentenza n. 68 del 2017 con la quale la Corte costituzionale ha [continua ..]

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