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L'estorsione commessa con minaccia "silente" da affiliato ad associazione di stampo mafioso integra l'aggravante di cui all'art. 628 co.3 n. 3 c.p. in ragione della provenienza qualificata della condotta intimidatoria

Argomento: Dei delitti contro il patrimonio
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Pen., Sez. I, 2 ottobre 2023, n. 39836)

stralcio a cura di Annapia Biondi

“(…) In tale direzione, si è ritenuto che l'aggravante dell'impiego del metodo - di natura oggettiva- è configurabile nel caso di condotte che presentano un nesso eziologico immediato rispetto all'azione criminosa, in quanto logicamente funzionali alla più pronta e agevole perpetrazione del crimine, non essendo pertanto integrata dalla sola connotazione mafiosa dell'azione o dalla mera ostentazione, evidente e provocatoria, dei comportamenti di tale organizzazione (v. Sez. I n. 26399 del 28.2.2018, rv 273365). In altre parole, in caso di estorsione, ad essere incriminata in tal caso è la maggior forza dell'intimidazione - derivante dalla pregressa opera di riduzione delle altrui difese in virtù dell'esistenza del gruppo mafioso - tesa a determinare una più intensa coartazione psicologica (già Sez. VI n. 21342 del 2.4.2007, rv 236628) e ciò anche nell'ipotesi in cui il destinatario, per sua scelta, mantenga un atteggiamento reattivo (Sez. I n. 14951 del 6.3.2009, rv 243731).” “(…) Ora, nel caso di soggetto associato che realizzi (anche in concorso) una estorsione si è ritenuto, in generale, che le due aggravanti (utilizzo del metodo e pregressa appartenenza del soggetto alla associazione) siano in un rapporto di possibile coesistenza : in tema di estorsione, la circostanza aggravante di cui all'art. 7 del D.L. n. 152 del 1991, convertito nella legge n. 203 del 1991, può concorrere con quella di cui all'art. 628, comma terzo, n.3, cod. pen., richiamata dall'art. 629, comma secondo, cod. pen., essendo le stesse ancorate a presupposti fattuali differenti: la prima, infatti, presuppone l'accertamento che la condotta di reato sia stata commessa con modalità di tipo mafioso, pur non essendo necessario che l'agente appartenga al sodalizio criminale, mentre la seconda si riferisce alla provenienza della violenza o minaccia da soggetto appartenente ad associazione mafiosa, senza la necessità di accertare in concreto le modalità di esercizio di tali violenza o minaccia né che esse siano attuate utilizzando la forza intimidatrice derivante dall'appartenenza alla associazione mafiosa (v. Sez. V n. 2907 del 23.10.2013, dep.2014, rv 267580).” “(…) Il rapporto tra le due disposizioni di legge non va pertanto impostato - in assoluto nel senso della specialità o dell'assorbimento, ma ciò non toglie che in [continua ..]

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