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Non può beneficiare della “particolare tenuità del fatto” il correo che abbia concorso in una lesione di entità non minimale al bene tutelato, pur avendo apportato un contributo minimo alla realizzazione del reato

Simone Rizzuto

 

Con la sentenza n. 21183, resa all’esito dell’udienza del 10 gennaio 2023 e depositata in Cancelleria il 18 maggio 2023, la Terza Sezione penale della suprema Corte di cassazione è intervenuta in merito alla impossibilità di applicare la causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) nell’ipotesi nella quale il compartecipe nel reato, pur avendo offerto un contributo causale di minima entità rispetto alla consumazione dell’illecito penale, abbia inferto un’offesa non trascurabile al bene-interesse normativamente preservato.

La vicenda giudiziaria, in particolare, originava dall’esercizio di un’attività di gestione non autorizzata di rifiuti, ricondotta nel paradigma normativo dell’art. 256, comma 1, lett. a), del d. lgs. 152 del 2006, rispetto alla quale il ricorrente, in concorso con un’altra persona, veniva assoggettato a sanzione penale da parte del Tribunale di Piacenza. Il soggetto agente, infatti, sulla scorta della ricostruzione processuale, raccoglieva e trasportava per conto di terzi circa una tonnellata di materiale ferroso di scarto.

Avverso la condanna, emessa nell’ambito del giudizio di merito, veniva interposto ricorso per Cassazione, con il quale il difensore dell’imputato censurava, mediante la proposizione di tre distinti motivi, la mancata applicazione dell’art. 133-bis c.p. – lamentando la violazione dei criteri di determinazione della sanzione pecuniaria inflitta – l’esclusione della causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p. e la mancata concessione della sospensione condizionale della pena.

In relazione alla prima doglianza defensionale, i giudici di legittimità, muovendo dal presupposto normativo in forza del quale «[…] l’art. 133-bis c.p. è norma che, nel regolare i criteri di determinazione della pena pecuniaria (unica sanzione irrogata a carico del G. nella presente occasione), impone al giudicante di tenere conto, onde aumentare ovvero diminuire anche oltre i limiti dettati dalla forcella edittale la pena pecuniaria al cui pagamento l'imputato sia stato concretamente condannato, delle condizioni economiche dello stesso […]», ancorano la declaratoria d’inammissibilità del motivo alla eterogeneità e scarsa conferenza delle spiegate difese rispetto alla regiudicanda, con precipuo riguardo al contributo asseritamente «non travalicante» di quest’ultimo, connotante, «a tutto voler concedere, gli estremi della connivenza non punibile». La difesa, più nel dettaglio, nel biasimare l’incongruità dell’ordito motivazionale, enfatizzava la circostanza secondo la quale il giudice di merito avrebbe «fatto riferimento, onde escludere la lievità del fatto, non tanto alla condotta dell’imputato, il quale si sarebbe limitato a mettere a disposizione un suo veicolo a motore ad un congiunto che avrebbe poi materialmente effettuato la raccolta ed il trasporto dei rottami ferrosi, quanto alla entità ponderale di questi ultimi».

Quanto alla violazione di legge rappresentata dall’esclusione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., il supremo Consesso di legittimità, negando – in linea con il Giudice di merito – che l’apporto del ricorrente potesse assumere i contorni della connivenza non punibile, sottolinea come non sia dirimente la circostanza – valorizzata dalla difesa – che l’apporto concorsuale dell’agente sia stato di marginale importanza ai fini della realizzazione del fatto-reato, «[…]posto che, avendo il legislatore inteso adottare, in caso di concorso di persone nel reato, la cosiddetta teroria monista, si è in tal modo inteso attribuire l’evento a carico di tutti i concorrenti, giacchè il reato è di tutti e di ciascuno che vi presero parte e che ne vollero la realizzazione, perché è il risultato della comune cooperazione morale e materiale, onde la solidarietà nel delitto importa la solidarietà nella pena, trovando l’importanza dell’apporto materiale offerto da ciascuno dei partecipanti al reato l’unica e compiuta disciplina specializzante nelle disposizioni di cui all’art. 112 c.p., aggravatrice della pena per coloro che, nel riparto dei ruoli concorsuali, hanno rivestito una posizione di eminenza, e di cui all’art. 114, mitigatrice della pena per coloro il cui apporto causale è stato di minimo rilievo […]». Muovendo da una premessa teorico-dogmatica di tal fatta, il dictum giudiziale del Tribunale piacentino viene considerato dagli Ermellini immune da vizi, «[…] tenuto conto della considerevole entità ponderale del materiale ferroso illecitamente trasportato, ben oltre una tonnellata, deponente per una non minimale lesione inferta al bene-interesse tutelato dalla norma […]», a prescindere dall’apporto personale dell’agente rispetto alla consumazione dell’illecito penale.

Il primo comma dell’art. 131-bis c.p., infatti, annovera fra i requisiti generali di applicabilità di tale causa di non punibilità in senso stretto – pacificamente dotata di carattere sostanziale, anche alla luce della sedes materiae prescelta dal legislatore, nonostante la natura giuridica "ibrida" e gli immediati precipitati processualistici dell’istituto – la particolare tenuità dell’offesa arrecata al bene giuridico e la non abitualità del comportamento dell’agente, desunte tanto dalle modalità di estrinsecazione della condotta criminosa, quanto dall’esiguità del danno o del pericolo, valutate ex art. 133, comma 1, c.p., anche alla luce del contegno mantenuto dall’agente dopo la consumazione del crimine preso di mira, in ossequio alle modificazioni apportate al primo comma dell’art. 131-bis c.p. dalla cd. riforma Cartabia (d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, attuativo della l. 134/2021).

L’esegesi divisata dai giudici di legittimità, dunque, appare in linea con il disposto dall’art. 131-bis c.p., intimamente correlato al principio generale di necessaria offensività del fatto costituente reato, espressione, a sua volta, di un diritto penale a base oggettiva, strettamente polarizzato sull’azione materiale dell’autore del crimine e sulla carica lesiva della stessa.

Dalla disamina del referto motivazionale in commento, peraltro, emerge come la valutazione del contegno del soggetto agente si ponga in simmetria con l’autorevole divisamento giurisprudenziale in forza del quale, ai fini della configurabilità dell’istituto della particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p., risulta essere sempre indefettibile un vaglio complessivo e congiunto di tutte le variabili del caso concreto, con particolare riguardo alle modalità di manifestazione della condotta, al grado di colpevolezza e alla gravità del danno (o del pericolo) inferto all’oggettività giuridica ex lege salvaguardata (cfr. Cass. pen., Sez. IV, 9 gennaio 2020 – 19 febbraio 2020, n. 6551, CED 278347; Cass. pen., Ss. Uu., 25 febbraio 2016 – 6 aprile 2016, n. 13681, CED 266591).

Dall’ortodossa ermeneusi del dato normativo, quindi, deve ritenersi che non già la mera condotta, bensì l’intero fatto, preso in considerazione in ogni componente, oggettiva e soggettiva, deve essere ritenuto non meritevole di sanzione penale, a cagione di una carica offensiva particolarmente (e complessivamente) tenue.  

In relazione, infine, alla esclusione del beneficio della sospensione condizionale della pena, la Cassazione – validando, ancora una volta, il percorso motivazionale divisato dal Tribunale di merito – osserva come tale statuizione discenda dalla corposa biografia penale del ricorrente, infirmata, soltanto in maniera generica, dalle allegazioni defensionali relative alla sussistenza di un unico – e non bene dettagliato – precedente penale non specifico dell’imputato; tale ultima circostanza, tuttavia, ad avviso della Corte, risulta essere del tutto irrilevante, poiché «la dichiarata ostatività dei precedenti penali gravanti sull'imputato non è condizionata dal fatto che essi siano riferiti ad un'imputazione tipologicamente omogenea o meno rispetto al reato per il quale si è ora proceduto».

A corollario delle argomentazioni sinteticamente richiamate, giunge, in conclusione, la declaratoria d’inammissibilità di tutti i motivi di ricorso, accompagnata, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., dalla condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali, oltre che della somma di euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.

Argomento: Della non punibilità per particolare tenuità del fatto. Della modificazione, applicazione ed esecuzione della pena
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Pen., Sez. III, 18 maggio 2023, n. 21183)

stralcio a cura di Annapia Biondi 

Articoli Correlati: art. 131 bis c.p. - art. 114 c.p.

“(…) Avendo il legislatore inteso adottare, in caso di concorso di persone nel reato, la cosiddetta teoria monistica, si è in tal modo inteso attribuire l'evento a carico di tutti i concorrenti, giacché il reato è di tutti e di ciascuno di quelli che vi presero parte e che ne vollero la realizzazione, perché è il risultato della comune cooperazione morale e materiale, onde la solidarietà nel delitto importa la solidarietà nella pena, trovando l'importanza dell'apporto materiale offerto da ciascuno dei partecipanti al reato l'unica e compiuta disciplina specializzante nelle disposizioni di cui all'art. 112 cod. pen., aggravatrice della pena per coloro che, nel riparto dei ruoli concorsuali, hanno rivestito una posizione di eminenza, e di cui all'art. 114, mitigatrice della pena per coloro il cui apporto causale e stato di minimo rilievo. Fatta questa premessa, appare del tutto corretta la decisione del Tribunale piacentino di escludere, tenuto conto della considerevole entità ponderale del materiale ferroso illecitamente trasportato, ben oltre una tonnellata, deponente per una non minimale lesione inferta al bene-interesse tutelato dalla norma, la applicabilità in favore del OMISSIS della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. quale che sia stato il suo apporto personale alla commissione del reato.”

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