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Cannabis: quando la coltivazione è penalmente rilevante e quando no?

Jessica Bianchin 

La pronuncia trae origine dalla Sentenza della Cassazione Penale, Sezione VI, del 21 marzo 2023 n. 11901, che si è trovata a risolvere il quesito se è possibile distinguere tra coltivazione di cannabis penalmente rilevante e non, in base ad una valutazione in merito alla produttività della stessa. I fatti oggetto della pronuncia riguardavano la condanna di un soggetto, al reato di cui all’articolo 73 del D.P.R. 309 del 1990, per aver coltivato una pianta di cannabis nel giardino privato della propria abitazione. Nel caso in esame, ciò che aveva portato la Corte d’Appello a ritenere l’imputato colpevole del reato di coltivazione di cannabis era la grandezza della pianta, alta 1 metro e 60, e dalla quale era possibile estrarre circa n. 160 dosi. A seguito di ciò, la Corte si è interrogata sul punto, e si è chiesta se la grandezza ed eventuale produttività la coltivazione di una pianta di cannabis potesse far sorgere, in capo al coltivatore della stessa, il reato di cui all’articolo 73 del D.P.R. 309/ 1990, oppure se, a seguito della modesta redditività, tale condotta potesse essere ritenuta non penalmente rilevante. Nella fattispecie in esame, la pianta di cannabis era stata coltivata nel giardino di un’abitazione privata, ed inoltre, l’imputato, coltivatore della stessa, non disponeva di nessuna attrezzatura specifica per poter potare in modi specifici e speciali la pianta, ma utilizzava strumenti rudimentali. Per di più, il reo risultava non avere nessun collegamento con il mercato degli stupefacenti. Tali elementi, valutati nel loro insieme, hanno fatto ritenere alla Corte, dunque, che tale pianta fosse stata coltivata solo per fare un uso esclusivamente personale. Sulla base di tale orientamento, richiamando la sentenza nr. 12348 del 2019, la Corte si è chiesta, perciò, se è possibile distinguere tra coltivazione penalmente rilevante, dotata di una produttività non stimabile a priori con un sufficiente grado di previsione, e coltivazione penalmente non rilevante, caratterizzata da una produttività prevedibile come modestissima. Tale analisi può essere fatta soltanto qualora sussistano dei presupposti oggettivi, i quali devono essere tutti compresenti nella medesima fattispecie. Questi presupposti sono: la minima dimensione della coltivazione, il suo svolgimento in forma domestica e non industriale, la rudimentalità delle tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, la mancanza di indici di un inserimento dell’attività nell’ambito del mercato degli stupefacenti, l’oggettiva destinazione di quanto prodotto all’uso personale esclusivo del coltivatore. Nel caso di specie, alla luce di tali principi, gli elementi oggettivi appena analizzati, pur valutati congiuntamente, per la Cassazione, dunque “convengono nel senso della riconducibilità all’ipotesi della coltivazione tipica, penalmente rilevante, in  contrario deponendo, l’assenza di indici che contentano di ipotizzare un concreto collegamento con il mercato degli stupefacenti, a fonte di un’oggettiva destinazione ad uso personale, la rudimentalità dell’attività di coltivazione, risolventesi nella messa a dimora di un unica piantina, dalla limitata sfera di produttività, non tale da rendere concretamente prospettabili margini di imprevedibilità e da oltrepassare la sfera di quell’oggetto a destinazione, di per sè non contraddetta dal principio attivo in atto ricavabile da quella pianta”. In presenza di tutti questi elementi, allora, si può ritenere che la coltivazione, oggetto della valutazione, possa ritenersi non penalmente rilevante. Elemento, invece, ritenuto insufficiente è la circostanza che la coltivazione sia intrapresa con l’intenzione soggettiva di soddisfare esigenze di consumo personale. Alla luce di ciò la S.C. ha sancito che l’assenza di indici che consentano di ipotizzare un concreto collegamento con il mercato degli stupefacenti, la rudimentalità dell’attività di coltivazione - soprattutto quando trattasi di una sola pianta di cannabis - e la limitata sfera di produttività della stessa, sono elementi oggettivi sufficienti a far ritenere che la coltivazione di quella pianta ad uso personale e pertanto non rientrati nell’ipotesi della coltivazione tipica di cui all’art 73 del D.P.R. 309 del 2019. Dunque, a seguito di tutto ciò analizzato fin d’ora, la Corte ha annullato la Sentenza della Corte d’Appello, perché, nel caso di specie, il fatto non sussiste.

Argomento: Sostanze stupefacenti
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Pen., Sez. VI, 21 marzo 2023, n. 11901)

Stralcio a cura di Giovanni de Bernardo 

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“(…) 2. (…) La Corte ha confermato la condanna del ricorrente, pur ravvisando l'ipotesi della lieve entità, ritenendo configurabile una coltivazione illecita di cannabis: a tal fine ha, essenzialmente, valorizzato la circostanza del rinvenimento di un'unica piantina messa a dimora nel cortile esterno, alta m. 1.60, con produzione di un principio attivo, tratto da foglie e fiori essiccati, corrispondente a circa 160 dosi. Nel contempo la Corte ha dato conto dell'irrilevanza del fatto che la coltivazione artigianale/domestica sia oggettivamente destinata ad uso personale. Ciò posto, deve rilevarsi che sul complesso tema dell'inquadramento dell'attività di coltivazione e sul rapporto tra tale attività e destinazione ad uso personale della sostanza stupefacente ricavata è intervenuta una significativa pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di cassazione (Sez. U, n. 12348 del 19/12/2019, dep. 2020, Caruso, Rv. 278624), che costituisce un decisivo parametro di valutazione. Le Sezioni Unite hanno posto al centro dell'analisi il profilo della tipicità, escludendo che potesse dirsi decisiva la mera destinazione soggettiva ad uso personale e dando invece rilievo al profilo oggettivo-strutturale, correlato alla compresenza di plurimi elementi, che devono convergere nel senso dell'esclusione del reato. In particolare è stata valorizzata la prevedibilità della potenziale produttività, quale parametro che consente di distinguere fra coltivazione penalmente rilevante, dotata di una produttività non stimabile a priori con sufficiente grado di precisione, e la coltivazione penalmente non rilevante, caratterizzata da una produttività prevedibile come modestissima. E' stato però sottolineato che tale parametro, per poter operare con sufficiente certezza, deve essere ancorato a presupposti oggettivi - in parte già individuati dalla giurisprudenza (…) - che devono essere tutti compresenti, quali: la minima dimensione della coltivazione, il suo svolgimento in forma domestica e non in forma industriale, la rudimentalità delle tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, la mancanza di indici di un inserimento dell'attività nell'ambito del mercato degli stupefacenti, l'oggettiva destinazione di quanto prodotto all'uso personale esclusivo del coltivatore, essendo per contro insufficiente la circostanza che la coltivazione sia intrapresa con [continua ..]

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