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Furto di energia elettrica: resta procedibile d´ufficio anche dopo la Riforma Cartabia

Rossella Marchese

Il reato di furto di energia elettrica destinata a servizio pubblico costituisce l’oggetto della sentenza pronunciata dalla Corte di cassazione n. 9452/2023. Con il presente arresto la Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’imputato ritenuto responsabile “con doppia conforme”  del delitto di furto di energia elettrica, con l’aggravante di aver commesso il fatto su cose destinate a servizio pubblico ai sensi del comma 7-bis dell’art. 624 c.p. e con la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale.

Nello specifico, l’imputato (ormai condannato) sottraeva energia elettrica dai bagni pubblici di proprietà del Comune per poter illuminare la propria bancarella adibita alla rivendita di fiori. Il reato in questione si deve ritenere tuttora procedibile d’ufficio nonostante le modifiche introdotte dalla riforma Cartabia. Infatti, se è vero che la novella ha introdotto significative modifiche al regime di procedibilità dei delitti di furto, rendendoli procedibili a querela, è altrettanto vero che la stessa prevede significative eccezioni nel caso in cui la persona offesa risulti incapace, per età o infermità, oppure ove ricorrano una delle circostanze ex art. 625, numeri 7 e 7-bis. Nel caso di specie, la condotta contestata ricopre l’aggravante di cui all’art. 625 numero 7 in quanto commessa su energia elettrica destinata a servizio pubblico.

Il ricorrente ha articolato quattro motivi di lagnanza.

Il primo motivo denunciava violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alle prove raccolte circa l’attribuzione della condotta furtiva a lui medesimo, in quanto la prova precipua raccolta a carico del ricorrente proveniva da una dichiarazione di un testimone operante, appartenente all’Arma dei Carabinieri, il quale ha riferito che fosse stato lo stesso ricorrente a indicare la propria bancarella come quella in favore della quale era stato effettuato l’allaccio abusivo. Questa modalità, secondo la difesa, si poneva in contrasto con l’art. 195, co. 4 c.p.p. e con l’art. 62 c.p.p., correlando il divieto per gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria di deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite dai testimoni con le modalità di cui agli artt. 352 e 357, co. 2, lettere a) e b) con il diritto dell’imputato di non rendere dichiarazioni autoaccusatorie. L’argomentazione appena esposta è stata ritenuta infondata dalla Corte dal momento che i militari, una volta arrivati sul posto, avevano ricevuto immediatamente la dichiarazione autoindiziante da parte dell’imputato, ben prima dell’inizio delle indagini. Invero, la Cassazione, in più occasioni, considera legittima la testimonianza indiretta dell’ufficiale o agente di polizia giudiziaria sulle “dichiarazioni di contenuto narrativo ricevute dall’imputato” rese, come in questo caso, “non solo al di fuori del procedimento, ma anche prima del formale inizio delle indagini, con la conseguenza che le stesse sono liberamente valutabili dal giudice di merito, assumendo la valenza di fatto storico percepito e riferito dal teste”.

Con il secondo motivo, ritenuto infondato dalla Corte, l’imputato lamenta l’assenza di univocità in giurisprudenza circa l’attribuzione all’energia elettrica di una funzione di pubblico servizio, contestando in nuce l’esistenza dell’aggravante di cui all’art. 625 n. 7 c.p.; né potrebbe contestarsi l’aggravante dell’aver commesso il fatto su cose esposte a pubblica fede, atteso che la cassetta di derivazione si trovava in un locale chiuso e non accessibile.

Il terzo motivo denuncia che, qualora il giudice avesse escluso l’applicazione della recidiva e avesse operato un bilanciamento con le circostanze attenuanti, la pena massima del reato contestato non avrebbe superato i 6 anni e dunque, lo stesso si sarebbe prescritto. L’argomento è stato rigettato dalla Corte precisando che, in verità, la determinazione del trattamento sanzionatorio era stata operata proprio in esito a tale operazione di bilanciamento “in equivalenza” tra le contestate aggravanti (recidiva e art. 625 n. 7 c.p.) e le attenuanti. Del resto, l’art. 69 co. 4, seppure con i numerosi correttivi apportati dalla Corte costituzionale nel corso degli anni, sancisce un divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sull’aggravante della recidiva reiterata, non potendo colui nei cui confronti è stata dichiarata la recidiva reiterata mai beneficiare delle riduzioni di pena associate alle attenuanti eventualmente rilevante nel caso concreto.

Con il quarto motivo, la difesa arguisce che le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo erano tali da poter giustificare l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Nel caso di specie, si osserva che, le modifiche all’art. 131-bis c.p. sono intervenute dopo la pronuncia della Corte d’Appello sul fatto commesso dal ricorrente, escludendo l’applicabilità dell’istituto sulla base di argomentazioni differenti rispetto a quelle adottate dalla presente Corte. Infatti, la corte di secondo grado ha escluso l’applicabilità del 131-bis sulla base della pena massima del reato commesso, superiore nel massimo a cinque anni. Oggi, invece, il limite di applicabilità è indicato nel minimo edittale, che non dev’essere superiore a due anni. Alla luce di quanto appena esposto, ben si sarebbe potuta rilevare l’applicazione della legge più favorevole all’imputato ex art. 2, co. 4 c.p. in materia di successione di leggi penali nel tempo. Tuttavia, nel caso in esame, è la “recidiva qualificata riferita – per come emerge in atti – a una pluralità di furti, ossia di reati della stessa indole di quello per cui si procede” a escludere la possibilità di applicare l’istituto della particolare tenuità, poiché “l’aver commesso più reati della stessa indole costituisce elemento di abitualità”, integrando così il motivo ostativo rilevato dalla lettera dell’art. 131-bis c.p.

Argomento: riforma Cartabia
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Pen., Sez. IV, 07 marzo 2023, n. 9452)

Stralcio a cura di Lorenzo Litterio

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“1. Si premette che, […], il reato per cui si procede deve ritenersi tuttora procedibile d'ufficio, pur a fronte delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 150/2022 al regime di procedibilità dei delitti di furto: ed invero, la procedibilità a querela disposta dalla novella legislativa é esclusa ove la persona offesa risulti incapace, per età o per infermità, oppure qualora ricorra taluna delle circostanze ex articolo 625, numeri 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede, nonché 7-bis; nel caso di specie l'aggravante di cui all'art. 625 n. 7 é contestata in relazione al fatto che la condotta fu commessa su un bene, come l'energia elettrica, destinato a servizio pubblico […] e, pertanto, il reato rimane perseguibile d'ufficio. […] In base a quanto si legge nella sentenza impugnata, il teste operante […] ha riferito che, allorché i militari arrivarono sul posto, il […] riferì loro che la bancarella che fruiva dell'allaccio era sua. […], atteso che – […] - l'interessamento dei Carabinieri per la situazione in corso doveva ritenersi riferito alla natura abusiva dell'allaccio […] deve dedursi che i militari stessero conducendo i primi accertamenti in ordine a un'ipotesi di delitto di furto di energia elettrica; e nella specie, a ben vedere, l'affermazione del […] rivolta agli operanti, con la quale egli affermava di essere il titolare della bancarella a favore della quale veniva sottratta l'energia elettrica assume, […], un valore indirettamente autoindiziante, o comunque decisivo ai fini dell'attribuzione soggettiva della condotta furtiva. Tuttavia deve pure considerarsi che la giurisprudenza considera legittima, perché riconducibile agli "altri casi" di cui all'art. 195, comma quarto, cod. proc. pen., la testimonianza indiretta dell'ufficiale o agente di polizia giudiziaria sulle dichiarazioni di contenuto narrativo ricevute dall'imputato non solo al di fuori del procedimento, ma anche prima del formale inizio delle indagini, con la conseguenza che le stesse sono liberamente valutabili dal giudice dì merito, assumendo la valenza di fatto storico percepito e riferito dal teste […]. Nel caso di specie, gli accertamenti in corso di espletamento nell'immediatezza dei fatti contestati non possono ovviamente assimilarsi al formale inizio delle indagini, con la conseguenza che [continua ..]

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