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Commette riciclaggio colui che rende disponibile il proprio conto corrente agli autori del reato presupposto di frode informatica per farvi convergere il denaro da questi ricavato

Andrea Castaldo

 

La sentenza della Corte di Cassazione oggetto di commento delinea la sussistenza del reato di riciclaggio ai sensi dell’art. 648 bis cod. pen. in riferimento a coloro i quali hanno trasferito denaro proveniente da delitto non colposo, quale la frode informatica, e hanno compiuto altre operazioni finanziarie tali da ostacolare l’identificazione della provenienza illecita delle somme stesse.

I ricorrenti congiuntamente premettono che la condotta da loro realizzata configuri elemento del reato di frode informatica, chiedendo l’annullamento della decisione del Gip del Tribunale di Torino che, invece, aveva qualificato le loro condotte come riciclaggio.

Il reato di riciclaggio è previsto dall’art. 648 bis cod. pen., per cui si persegue “chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa, con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da 5.000 a euro 25.000”.

Quindi, il reato suddetto si configura anche con la semplice condotta di colui che accetta di essere indicato come beneficiario economico di beni che, nella realtà, appartengono a terzi e sono frutto di attività delittuosa, in quanto tale condotta, pur non concretizzandosi nel compimento di atti dispositivi, è comunque idonea a ostacolare l’identificazione della provenienza del denaro.

Nel caso di specie, i soggetti coinvolti e condannati per riciclaggio avevano messo a disposizione il proprio conto corrente al fine di farvi confluire somme di denaro provenienti da varie truffe informatiche realizzate da altro soggetto.

Evidenziano i giudici della Cassazione come «l’autore della frode informatica aveva già conseguito il profitto, con la percezione fraudolenta delle somme di denaro corrisposte dalle vittime di quel reato (…) così che la successiva operazione di immissione del denaro sui conti correnti degli imputati è una condotta oggettivamente ulteriore e successiva, idonea a configurare il reato di riciclaggio, mancando il concorso alla realizzazione del reato presupposto».

Quindi, il reato di frode informatica di cui all’art. – art. 640 cod. pen. – poteva dirsi già consumato e perfezionato dal suo autore, quando gli imputati hanno posto a disposizione il proprio conto corrente, senza pertanto realizzare alcun contributo utile alla realizzazione della frode. Così come richiede la clausola di riserva delineata nel dettato dell’art. 648 bis cod. pen. (“Fuori dei casi di concorso nel reato…”) manca, nel caso sottoposto ai supremi giudici, il concorso degli imputati alla realizzazione del reato presupposto di frode informatica.

Ogni condotta successiva posta in essere in via autonoma da soggetti terzi, che non abbiano contribuito alla realizzazione del reato presupposto, integra la fattispecie di riciclaggio.

Rileva, nel caso di specie, come sottolinea la Cassazione, la sola «esigenza di “ripulire” il denaro proveniente dal delitto di frode informatica, ostacolando l’identificazione della provenienza delittuosa del medesimo; con una condotta, dunque, esattamente inquadrabile in una delle tipiche ipotesi previste dall’art. 648 bis cod. pen.».

Altresì, più approfonditamente, la Corte di Cassazione sottolinea che il delitto di frode informatica si consuma nel momento in cui il soggetto agente consegue l’ingiusto profitto con relativo danno patrimoniale, sicché la condotta del soggetto che ha messo a disposizione il proprio conto corrente per ricevere direttamente la somma di denaro sottratta utilizzando le credenziali della persona offesa si è inserita nella fase di esecuzione del reato di frode informatica e non costituisce un evento successivo.

Invece, per la commissione del delitto di riciclaggio necessariamente l’autore non deve aver concorso nel delitto presupposto e la condotta deve essere finalizzata ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro.

La Corte di Cassazione, in conclusione, dichiara inammissibili i ricorsi presentati e afferma il principio di diritto secondo cui integra il delitto di riciclaggio ex art. 648 bis cod. pen., e non la frode informatica, «la condotta di chi, senza aver concorso nel delitto presupposto, metta a disposizione il proprio conto corrente per ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro, da altri precedentemente ricavato quale profitto conseguito del reato di frode informatica, consentendone il trasferimento tramite bonifici bancari».

Argomento: Dei Delitti Contro il Patrimonio
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Pen., Sez. II, 6 luglio 2023, n. 29346)

stralcio a cura di Annapia Biondi 

“(…) Dalle imputazioni emerge che l’autore della frode informatica aveva già conseguito il profitto, con la percezione fraudolenta delle somme di denaro corrisposte dalle vittime di quel reato. Vale rimarcare come la percezione delle somme per effetto della frode segna il momento perfezionativo del reato, con il conseguimento dell’ingiusto profitto.” “(…) Gli autori dei delitti presupposti avevano autonomamente conseguito il profitto del loro reato, così che la successiva operazione di immissione del denaro sui conti correnti degli imputati è una condotta oggettivamente ulteriore e successiva, idonea a configurare il reato di riciclaggio, mancando il concorso alla realizzazione del reato presupposto, così come impone, in generale, la clausola di riserva prevista dall’art. 648 bis cod. pen.. La loro condotta si colloca, invece, in un momento successivo, quando sorge l’esigenza di “ripulire” il denaro proveniente dal delitto di frode informatica, ostacolando l’identificazione della provenienza delittuosa del medesimo; con una condotta, dunque, esattamente inquadrabile in una delle tipiche ipotesi previste dall’art. 648 bis cod. pen. Va, dunque, affermato che integra il delitto la condotta di chi, senza aver concorso nel delitto presupposto, metta a disposizione il proprio conto corrente per ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro, da altri precedentemente ricavato quale profitto conseguito del reato di frode informatica, consentendone il trasferimento tramite bonifici bancari.”

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