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L´escludibilità da una gara dell´operatore economico che ha presentato domanda di concordato in bianco
Francesco Anastasi.
Con sentenza n. 9 del 27 maggio 2021 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale si è pronunciata relativamente al tema dell’escludibilità da una gara di un operatore economico che abbia presentato domanda di concordato in bianco.
La controversia era stata istruita in primo grado dinnanzi al TAR per l’Emilia-Romagna dalla concorrente seconda classifica contestando una ipotesi di violazione dell’art. 80 comma 5 lett. b) del Codice dei Contratti, in considerazione del fatto che la mandante del RTI aggiudicatario avrebbe presentato domanda di concordato con riserva ex art. 161 co. 6 l.fall., in corso di gara. Accogliendo la tesi del predetto operatore economico, il Tribunale di prime cure accoglieva il ricorso.
Avverso la sentenza di primo grado era stato proposto appello dalla società mandante sul presupposto che quest’ultima avesse comunicato alla Stazione appaltante l’avvenuto deposito dell’istanza ex art. 161 co. 6 l.fall. e il tribunale fallimentare avesse previamente autorizzato la stipula del contratto di appalto.
Successivamente, era stato anche proposto un secondo appello da parte della società mandataria. Accolta la domanda cautelare e sospesa l’esecutività della sentenza di primo grado, il Consiglio di Stato, V sezione, riuniti gli appelli rimetteva, ai sensi dell’art. 99 c.p.a., all’Adunanza Plenaria, il tema della rilevanza della presentazione della domanda di concordato in bianco per la valida partecipazione alla gara.
Più in dettaglio erano sottoposte all’esame della Adunanza Plenaria diverse questioni:
- Se a seguito di presentazione di domanda di concordato in bianco si debba procedere all’esclusione dalle procedure di affidamento di pubbliche commesse;
- Se la partecipazione a una procedura concorsuale sia atto di straordinaria amministrazione da previamente autorizzare a cura del Tribunale fallimentare in caso di presentazione di concordato in bianco;
- In quale fase debba intervenire tale autorizzazione;
- Se si possa procedere alla sostituzione della mandante in caso di concordato, o se debba essere estromessa; se una volta estromessa le altre imprese componenti il RTI possano evitare l’esclusione nel caso in cui i restanti operatori economici soddisfino i requisiti di partecipazione.
La trattazione del tema da parte dell’Adunanza Plenaria prende le mosse da una valutazione di sistema del panorama normativo. Come noto, infatti, il rapporto tradizionale tra procedure concorsuali e procedure ad evidenza pubblica è sempre stato di antinomico: se da un lato, la normativa fallimentare ha una finalità restitutoria e satisfattoria dei creditori, dall’altro lato, le procedure di appalto hanno la finalità di individuare e selezionare un contraente della P.A. che sia quanto più stabile ed affidabile nel tempo.
Questa evidente antinomia è stata progressivamente erosa da una significativa riforma del diritto concorsuale italiano che, a partire dalle riforme del 2005/2006, è stata finalizzata a mutare l’approccio all’insolvenza privilegiando l’aspetto recuperatorio volto ad assicurare il ritorno in bonis dell’imprenditore e la continuità dell’impresa.
La soluzione del contrasto, tuttavia, non è stata di facile risoluzione.
In questo contesto, invero particolarmente scivoloso, un preciso indirizzo non è giunto, al legislatore italiano, neanche dal diritto europeo. Infatti, le direttive europee del 2014 pur contemplando il fallimento e le altre procedure concorsuali tra i possibili motivi di esclusione hanno sempre rimesso agli Stati membri e alle loro amministrazioni la scelta se escludere i concorrenti che si trovano in tali situazioni.
Nonostante questo mutato atteggiamento del diritto fallimentare, tuttavia, l’orientamento del legislatore italiano nel rapporto tra le procedure concorsuali e quelle ad evidenza pubblica è stato tendenzialmente binario: si prevedeva l’esclusione obbligatoria e automatica per l’operatore economico in stato di fallimento, liquidazione coatta, concordato preventivo ammettendo come unica eccezione l’ipotesi di concordato con continuità aziendale.
Questa tesi fortemente sostenuta dall’orientamento più restrittivo, non ha però incontrato l’accoglienza del Supremo Consesso.
A contrario, l’Adunanza Plenaria ha sostenuto che la presentazione di una domanda di concordato in bianco o con riserva non possa considerarsi causa di automatica esclusione né inibisca la partecipazione alle procedure per l’affidamento dei contratti pubblici.
Questa conclusione deriva da una lettura puntuale dell’art. 186 bis comma 4, in forza del quale la partecipazione alle gare pubbliche è consentita purché sia autorizzata dal Tribunale “acquisito il parere del Commissario giudiziale, ove già nominato”.
L’ultimo inciso “ove già nominato” sarebbe idoneo a estendere l’applicazione della disciplina anche al concordato in bianco, atteso che in questo caso, la nomina del commissario giudiziale non è obbligatoria ma è una facoltà lasciata al tribunale.
Questa Tale conclusione, ad avviso dell’Adunanza Plenaria, è peraltro confortata dalla relazione illustrativa all’art. 372 del Codice della crisi d’impresa e dall’orientamento prevalente della Corte di Cassazione (sul punto Cass. Civ. Sez. I n. 14713/2019, Cass. Civ. Sez. I, n. 7117/2020).
Questo primo approdo, che risolve la prima delle questioni sollevate, consente all’Adunanza di risolvere, progressivamente gli ulteriori interrogativi posti alla sua attenzione.
Difatti, è sempre l’art. 186 bis comma 4, l. fall. a sottoporre la partecipazione ad una gara pubblica al controllo giudiziale del tribunale fallimentare. La citata disposizione tuttavia non deve necessariamente, ad avviso della Suprema corte, significare che la partecipazione è sempre da considerarsi un atto di straordinaria amministrazione. Piuttosto l’atto di partecipazione ad una gara d’appalto che in astratto potrebbe pure qualificarsi come atto di ordinaria amministrazione, in quel contesto assume i contorni di un atto che necessita una discovery ulteriore dovendo l’imprenditore fornire maggiori e più idonee informazioni sul contenuto del piano in preparazione. Risolto anche il secondo quesito, se ne trae la conclusione per il terzo.
Infatti, questa circostanza fa sì che l’autorizzazione debba necessariamente intervenire in una fase anteriore alla conclusione della procedura ad evidenza pubblica e prima che sia formalizzata l’aggiudicazione da parte dell’amministrazione. Naturalmente, quand’anche fosse stata rilasciata l’autorizzazione per la partecipazione alla procedura a evidenza pubblica, nel caso in cui il Tribunale ritenga non sussistano i presupposti per l’ammissione al concordato dell’impresa e quest’ultima non sia ammessa a tale procedura, si attiverà l’ordinario iter fallimentare con esclusione dell’operatore economico dalla gara di appalto.
Affrontati, e risolti, nei termini predetti, i precedenti quesiti, l’Adunanza Plenaria si interroga sull’ultimo e più complesso tema, quello inerente alla modificabilità della composizione del raggruppamento. Trattandosi di un tema particolarmente delicato il Supremo consesso ha affrontato in maniera sistemica il quesito sottopostole.
È stato rilevato come la regola dell’immodificabilità del raggruppamento risponde, in via generale ad una duplice esigenza, fortemente avvertita sia a livello nazionale che, a livello europeo: evitare che la stazione appaltante si trovi ad aggiudicare la gara e a stipulare il contratto con un soggetto del quale non abbia potuto previamente verificare i requisiti generali e speciali di partecipazione.
Questa regola doveva essere letta, nell’orientamento dell’Adunanza Plenaria, in maniera funzionale, nel senso cioè di non precludere la modifica soggettiva in assoluto, ma di ammetterla in senso riduttivo, solo internamente e senza innesti dall’esterno, sempre purché la stessa non sia finalizzata ad eludere controlli in ordine al possesso dei requisiti (sul punto A.P. n. 8/2012; Cons. Stato V sezione, n. 1379/2020, 1031/2018).
Occorre segnalare che l’Adunanza Plenaria aveva, già, avuto modo di rilevare con sentenza n. 8 del 4 maggio 2012, come il principio di immodificabilità soggettiva persegua lo scopo di consentire alla stazione appaltante di verificare il possesso dei requisiti da parte dei soggetti che partecipano alla gara. In questo senso, l’obiettivo era quello di precludere modificazioni soggettive, in grado di impedire verifiche preliminari ovvero che tali verifiche possano essere vanificate. Le deroghe previste devono trovare un solido fondamento normativo, a livello europeo e nazionale, e rispondere anzitutto, seppur non solo, ad un preciso interesse pubblico, che giustifichi la deroga alla riapertura dell’appalto alla concorrenza per il venir meno della identità giuridica tra soggetto che ha formulato la proposta, che si aggiudica la gara e che esegue il contratto.
Alla luce di queste considerazioni pertanto l’art. 48 del Codice dei Contratti, ad avviso dell’Adunanza Plenaria, deve essere interpretato nel senso che “la formulazione attuale consente la sostituzione nelle fasi gara del mandante di un raggruppamento temporaneo di imprese, che abbia presentato domanda di concordato in bianco o con riserva a norma dell’art. 161, co. 6, l.fall., e non sia stata utilmente autorizzato dal tribunale fallimentare a partecipare a tale gara, solo se tale sostituzione possa realizzarsi attraverso la mera estromissione del mandante senza che sia consentita l’aggiunta di un soggetto esterno al raggruppamento”.
Avendo definito anche l’ultimo quesito sottoposto alla sua attenzione, il Consiglio di Stato in sede di Adunanza Plenaria ha rinviato, per la decisione della controversia, al giudizio della V sezione. La sentenza definitiva di chiusura del contenzioso non è stata pubblicata entro la fine dell’anno 2021.
Sezione: Adunanza Plenaria
(Cons. di Stato, Ad. Plen., 27 maggio 2021, n. 9)
Stralcio a cura di Aniello Iervolino
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