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La sindacabilità della delibera del Consiglio dei Ministri nei procedimenti di VIA

Maria Carmela Capra.

I Giudici di Palazzo Spada, con il dictum in esame, hanno fornito la chiave di lettura della fondamentale distinzione concettuale che intercorre tra atto di alta amministrazione e atto politico, ponendone in risalto il duplice profilo sostanziale e processuale, che, inevitabilmente, tale differenza involge. 

Sotto il profilo sostanziale, l’atto di alta amministrazione, quale species del genus degli atti amministrativi, concreta il raccordo della funzione politica e della funzione amministrativa della P.A., quest’ultima intesa come realizzazione dei fini determinati dal potere politico. Mentre, l’atto politico, quale atto di suprema direzione dello Stato, concreta l’esercizio della funzione politica intesa come individuazione dei fini di interesse generale che lo Stato vuol conseguire. Peculiarità del primo tipo di atto è la vincolatività nel fine, quella del secondo tipo di atto è la libertà nel fine. Sotto il profilo processuale, l’atto di alta amministrazione è caratterizzato dalla sindacabilità da parte del G.A. perché dotato di lesività, l’atto politico è caratterizzato dall’insindacabilità perché sfornito di lesività diretta. 

Di rilievo il seguente inciso, in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA), quale strumento per vagliare ex ante la compatibilità dell’attività antropica con il superiore principio di sviluppo sostenibile, in ragione della tutela ambientale (art. 4, c. 3, Codice dell’ambiente D.Lgs. 152/2006 - Relazione della Commissione Europea del 27 luglio 2009 sull’applicazione e l’efficacia della direttiva n. 85/337/CEE): “Pur non trattandosi di atto politico, bensì di atto di alta amministrazione, è del tutto evidente come una deliberazione assunta dal Consiglio dei Ministri su una questione essenzialmente amministrativa, eleva l’esame di tale questione ad un livello di comparazione anche politico-istituzionale degli interessi pubblici coinvolti, tenendo conto del parere di una pluralità di enti ed organi, anche di rilievo costituzionale”. 

Da ciò, ne consegue, una prima riflessione sostanziale, non irrilevante, che configura la delibera di VIA come un provvedimento che si potrebbe definire di natura mista, quindi, a metà strada tra l’atto politico e l’atto di alta amministrazione, presentando aspetti di entrambi. 

Di poi, la IV Sezione del C.d.S, in riforma parziale della sentenza impugnata, per avere il giudice di prime cure operato ”uno “sconfinamento” del sindacato giurisdizionale nel merito amministrativo, avendo la sentenza sostituito una propria valutazione a quella rientrante nell’esclusivo esercizio di potere discrezionale dell’Amministrazione”, allineandosi al Giudice nomofilattico ordinario, ha statuito che: “… la giurisprudenza (da ultimo, Cass. sez. un., 12 luglio 2019, n. 18829), dalla quale non vi è ragione di discostarsi nella presente sede, ha affermato che la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata ai sensi dell’art. 14-quater l. 7 agosto 1990, n. 241, è atto di alta amministrazione sul quale il sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo “ha natura estrinseca e formale e si esaurisce nel controllo del vizio di eccesso di potere, nelle particolari figure sintomatiche dell’inadeguatezza del procedimento istruttorio, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, arbitrarietà, irragionevolezza della scelta adottata o difetto di motivazione, e non si estende all’esame diretto e all’autonoma valutazione del materiale tendente a dimostrare la sussistenza dei relativi presupposti”. Continuando: “non può sconfinare, quindi, nell’esame del merito della scelta adottata, riservata all’autonoma valutazione discrezionale dell’Amministrazione”. 

Quanto precede, implica, necessariamente, l’analisi di un ulteriore rapporto dicotomico, che si sviluppa tra discrezionalità e merito amministrativo, concetti spesso utilizzati erroneamente come sinonimi. Difatti, la non agevole linea di confine si rintraccia nell’ampiezza della facoltà di scelta e nelle norme che regolano l’una e l’altro. Precisamente, nella cd. discrezionalità, la facoltà di scelta tra più comportamenti leciti lasciata alla P.A. dal legislatore si muove nei limiti imposti da norme (giuridiche) di buona amministrazione, mentre, il cd. merito amministrativo, consente una maggiore libertà nella scelta che si muove nel rispetto di norme (extragiuridiche) quali opportunità e convenienza. Quindi, la violazione delle norme che regolano la discrezionalità, in quanto giuridiche sono sindacabili dal G.A., viceversa, quelle che regolano il merito, in quanto extragiuridiche sono insindacabili, salvo le ipotesi eccezionali e tassative di giurisdizione estesa al merito. 

Nel caso scrutinato: “L’esercizio del potere discrezionale, dunque, avviene al livello della sua più ampia esplicazione, di modo che, onde non trascendere nel “merito amministrativo” – che costituisce il limite oggettivo del sindacato giurisdizionale di legittimità – quest’ultimo deve attentamente limitarsi a quell’esame “estrinseco e formale”, innanzi richiamato”. 

Anche a tal proposito, ne deriva una seconda riflessione, processuale, che vale la pena evidenziare e che depone ancora per la natura mista del provvedimento di VIA, laddove risulta sindacabile nell’esercizio discrezionale della funzione  ed insindacabile nella parte che attiene al cd. merito amministrativo.  

Argomento: ambiente
Sezione: Consiglio di Stato

(Cons. St., sez. IV, 27 settembre 2021, n. 6473)

Stralcio a cura di Aniello Iervolino

" la giurisprudenza (da ultimo, Cass. sez. un., 12 luglio 2019, n. 18829), dalla quale non vi è ragione di discostarsi nella presente sede, ha affermato che la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata ai sensi dell’art. 14-quater l. 7 agosto 1990, n. 241, è atto di alta amministrazione sul quale il sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo “ha natura estrinseca e formale e si esaurisce nel controllo del vizio di eccesso di potere, nelle particolari figure sintomatiche dell’inadeguatezza del procedimento istruttorio, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, arbitrarietà, irragionevolezza della scelta adottata o difetto di motivazione, e non si estende all’esame diretto e all’autonoma valutazione del materiale tendente a dimostrare la sussistenza dei relativi presupposti”; non può sconfinare, quindi, nell’esame del merito della scelta adottata, riservata all’autonoma valutazione discrezionale dell’Amministrazione. Pur non trattandosi di atto politico, bensì di atto di alta amministrazione, è del tutto evidente come una deliberazione assunta dal Consiglio dei Ministri su una questione essenzialmente amministrativa, eleva l’esame di tale questione ad un livello di comparazione anche politico-istituzionale degli interessi pubblici coinvolti, tenendo conto del parere di una pluralità di enti ed organi, anche di rilievo costituzionale. L’esercizio del potere discrezionale, dunque, avviene al livello della sua più ampia esplicazione, di modo che, onde non trascendere nel “merito amministrativo” – che costituisce il limite oggettivo del sindacato giurisdizionale di legittimità – quest’ultimo deve attentamente limitarsi a quell’esame “estrinseco e formale”, innanzi richiamato. Ai fini della deliberazione, inoltre, non vi è ragione di escludere sia che la Presidenza del Consiglio dei Ministri possa procedere, ove necessario o opportuno, ad una propria autonoma istruttoria ovvero a confronti preliminari con le amministrazioni coinvolte, sia che – ai fini dell’esame da parte del Consiglio dei Ministri – queste ultime possano precisare o integrare le ragioni motivazionali a sostegno delle proprie rispettive posizioni."

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