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Autorizzazione paesaggistica e silenzio assenso tra PP.AA.
Anna De Vito.
Con sentenza 29 marzo 2021, n. 2640 il Consiglio di Stato si è pronunciato, ancora una volta, in ordine all’ambito di applicazione dell’istituto del silenzio-assenso previsto dall’art. 17 bis della L. n. 241/1990.
Trattasi di un arresto che consente di riflettere sulla natura applicativa dell’istituto in questione e, nello specifico, di come debba essere escluso nella fase istruttoria del procedimento amministrativo la quale “rimane regolata dalla pertinente disciplina positiva, influendo soltanto sulla fase decisoria, attraverso la formazione di un atto di assenso per silentium con la conseguenza che l’amministrazione procedente è, comunque, tenuta a condurre un’istruttoria completa e, all’esito, ad elaborare uno schema di provvedimento da sottoporre all’assenso dell’amministrazione co-decidente (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 14 luglio 2020, n. 4559)”.
Tale assunto, difatti, secondo tale orientamento, risulta applicabile anche nel caso in cui si tratti di un procedimento che riguardi il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146, co. 5, del D.lgs n. 42/2004 (“Codice dei beni culturali e del paesaggio”).
Il Consiglio di Stato, con la pronuncia in commento, si è soffermato sulla circostanza che, in relazione all’autorizzazione paesaggistica, in caso di mancato rilascio del parere della Soprintendenza, non risulta idonea l’applicazione del principio del silenzio-assenso di cui all’articolo 17 bis innanzi richiamato giacché tale istituto va ritenuto applicabile soltanto nelle relazioni tra Amministrazione “procedente” e quelle chiamate a rilasciare pareri, concerti e nulla osta.
Nella diversa ipotesi in cui il parere è il risultato di un “rapporto “interno” fra le amministrazioni chiamate a co-gestire l’istruttoria e la decisione in ordine al rilascio di tali assensi (nel caso di specie, Regione Sardegna e Soprintendenza)” che vede, dunque, la partecipazione sia della Regione che della Soprintendenza nella fase istruttoria del procedimento, la natura vincolante del parere, da rilasciarsi nel termine previsto normativamente di sessanta giorni, perde la sua efficacia “se reso tardivamente e per di più può essere pretermesso in caso di sua mancata espressione, secondo quanto previsto dal comma 9 dell’art. 146”.
Tale orientamento è granitico nell’affermare che la disciplina legislativa, benché trattasi di un processo di cooperazione fra ente statale e regionale, assegna il potere decisorio sul rilascio dell’autorizzazione paesaggistica alla Regione.
In prosieguo, il Consiglio di Stato ha, coerentemente, precisato che il decorso del termine previsto normativamente non recide la possibilità che la Soprintendenza possa esprimersi in maniera tardiva ovvero dopo il rilascio del provvedimento autorizzativo da parte della Regione, in previsione dei lavori di una Conferenza di servizi.
Tuttavia, in un tale scenario, “il parere in tal modo espresso perderà il proprio valore vincolante e dovrà essere autonomamente e motivatamente valutato dall’Amministrazione preposta al rilascio del titolo”.
Per conseguenza, il rilascio tardivo del parere della Soprintendenza non incide sul legittimo rilascio dell’autorizzazione da parte dell’Amministrazione chiamata a decidere.
Diversamente, il risultato sarebbe quello di produrre “l’effetto di “espropriare” delle proprie prerogative l’amministrazione (la Regione) che è normativamente competente a provvedere in ordine alla richiesta di autorizzazione paesaggistica”.
Da tale arresto giurisprudenziale se ne deduce che i procedimenti, sebbene pluristrutturati ad istanza di parte, non rientrano nel campo applicativo dell’art. 17 bis e che la finalità di tale normativa è riscontrabile, presumibilmente, in una tutela rafforzata degli interessi pubblici “sensibili”, scongiurando, in tal modo, il formarsi di taciti atti di assenso endoprocedimentali che minerebbero il potere decisorio della competente P.A.
Sezione: Consiglio di Stato
(Cons. St., sez. IV, 29 marzo 2021, n. 2640)
Stralcio a cura di Rossella Bartiromo
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