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Circa la configurabilità dell'affidamento del privato sul legittimo esercizio del pubblico potere e circa il risarcimento in caso di aggiudicazione di appalto revocata

Gianpiero Gaudiosi.

Residuano ancora oggi contrasti ermeneutici in merito alla configurabilità di un «legittimo e qualificato affidamento» del privato in relazione ad una procedura ad evidenza pubblica, il cui provvedimento di aggiudicazione sia poi rimosso.

Se può ritenersi in abstracto acquisito l’insegnamento che, già a partire dagli albori degli anni ’60, estende lo schema della culpa in contrahendo alle pubbliche amministrazioni, gli arresti della giurisprudenza amministrativa rivitalizzano incessantemente il dibattito nella materia de qua, rendendone incerti i confini nelle singole applicazioni pratiche.

È il caso della vicenda sottesa alla sentenza in commento. Il G.A. è stato chiamato a pronunciarsi con riferimento alla revoca dell’aggiudicazione di un appalto pubblico di lavori (scilicet del provvedimento favorevole al privato), in quanto fatto (potenzialmente) generatore di responsabilità precontrattuale in capo all’ente appaltante. Revoca che l’amministrazione comunale nel caso di specie aveva disposto in esecuzione di una sentenza di annullamento pronunciata su ricorso presentato dall’unico altro concorrente in gara e motivata in ragione dell’ambigua formulazione delle clausole del bando, da cui era scaturita l’esclusione dell’impresa ricorrente.

Sul punto, ravvisata l’esistenza di orientamenti confliggenti, la questione è stata deferita alla Plenaria. In effetti, a un indirizzo che tradizionalmente negava in circostanze siffatte la configurabilità di un danno ingiusto, in considerazione della non spettanza (giudizialmente accertata) del bene della vita ambìto dal ricorrente, si contrapponeva una corrente favorevole a riconoscerne la risarcibilità, pur corredandola dell’onere in capo al danneggiato di fornire esaustiva prova di tutti gli elementi costitutivi della domanda di ristoro patrimoniale ex art. 2697 c.c.

Per quanto concernente l’an della sussistenza di un legittimo affidamento, l’orientamento valorizzato dalla Sezione rimettente – è nel senso di escludere qualsivoglia aspettativa qualificata in capo all’impresa, sul presupposto secondo cui «la soccombenza in sede giurisdizionale non può mai ridondare in una lesione di un affidamento legittimo».

Così opinando, sul versante del collegamento con il potere, la Sezione remittente reitera in sostanza il ragionamento teso a mantenere nettamente separate – in quanto divergenti sul piano causale – le fattispecie di lesioni promananti da un atto (id est, annullamento giurisdizionale) da quelle generate da meri comportamenti. Distinzione ripresa altresì dalla pronuncia in commento come si dirà infra.

Con riferimento al primo dei quesiti deferiti, il massimo Consesso amministrativo àncora la risposta affermativa aderendo al solido impianto argomentativo e

concettuale costruito in sede nomofilattica già con la Plenaria n. 6/2005, riecheggiata più di recente dalla n. 5 del 2018. I precedenti appena ricordati destano notevole interesse giacché per la prima volta paiono superarsi alcuni dogmi classici della giurisprudenza amministrativa.

Le due pronunce da ultimo richiamate, difatti, riconoscono la possibilità di invocare, pure a fronte di revoca legittima della gara, una responsabilità precontrattuale in capo all’amministrazione – quale responsabilità da comportamento illecito che non necessariamente si traduce in provvedimenti illegittimi – coerentemente con il principio secondo cui «le regole di legittimità amministrativa e quelle di correttezza operano su piani distinti».

Da siffatto principio deriva altresì che, non intercorrendo tra i due ordini di regole alcun rapporto di pregiudizialità, «l’accertamento di validità degli atti impugnati non implica che l’amministrazione sia esente da responsabilità per danni».

Una volta acclarata la riconducibilità dell’operato dell’amministrazione – quand’anche essa agisca in applicazione dei moduli autoritativi ed impersonali propri dell’evidenza pubblica – al novero dei precetti comportamentali codificati dall’art. 1337 c.c. e ravvisato nelle forme della responsabilità precontrattuale il solo grimaldello idoneo a scardinare la potenziale irresponsabilità delle stazioni appaltanti nella fase pubblicistica delle procedure competitive, l’A.P. focalizza l’attenzione sul concetto di affidamento.

Recenti e consolidate ricostruzioni giurisprudenziali hanno elevato l’istituto a situazione giuridica soggettiva autonoma tutelabile attraverso il rimedio del risarcimento del danno, fermo che proprio la tutela dell’affidamento rappresenta principio generale regolatore dell’agere amministrativo.

L’istituto dell’affidamento è classicamente declinato anche in termini di criterio interpretativo delle dichiarazioni negoziali, allo scopo di conformare le vicende relative alla circolazione dei beni all’impronta solidaristica e adeguare, sul piano delle regole di validità degli atti, l’assetto di interessi all’apparenza creata da fatti, comportamenti o dichiarazioni.

Nell’ambito del diritto amministrativo, la nozione trova il proprio avallo normativo nella previsione scolpita dall’art. 1, comma 2-bis della l. n. 241/90. La norma anzidetta – valorizzando la dimensione partecipativa del procedimento – estende i doveri di correttezza e buona fede alla attività dell’amministrazione (tanto in sede procedimentale quanto provvedimentale).

Da ciò, la Plenaria considera siffatti obblighi valevoli a far sorgere aspettative in capo al privato e soggiunge – dirimendo un altro rilevante aspetto, giacché foriero di

notevoli criticità interpretative – che consimili aspettative possano sorgere «non solo in caso di atto legittimo, come nella fattispecie decisa dall’Adunanza plenaria nelle sopra menzionate sentenze…ma anche nel caso di atto illegittimo, poi annullato in sede giurisdizionale».

Date le suesposte premesse, l’A.P. enuncia quindi il seguente principio di diritto: «nei rapporti di diritto amministrativo, inerenti al pubblico potere, è configurabile un affidamento del privato…non solo per comportamenti contrari ai canoni di origine civilistica…ma anche per il caso di provvedimento favorevole annullato su ricorso di terzi». Ne deriva che, caducata l’aggiudicazione, residua il fatto incancellabile degli “affidamenti” suscitati nell’impresa, prima graduata, ravvisabili, dapprima, nella “possibilità” di diventare affidataria del contratto e in un secondo momento (sopraggiunta l’aggiudicazione) nella disponibilità di un titolo che la abiliti ad accedere alla stipula del contratto medesimo.

Il secondo dei quesiti investe le condizioni di accesso alla tutela risarcitoria. Invero, si tratta di stabilire se l’amministrazione, nell’adottare un provvedimento favorevole al privato, assuma una obbligazione di risultato – preordinata a far conseguire stabilmente il bene della vita all’interessato – o piuttosto una obbligazione di mezzi, traducibile quale dovere di fare tutto il possibile per farglielo conseguire, entro i limiti imposti dalla buona fede.

Orbene, per comune acquisizione del diritto civile, la tutela risarcitoria per responsabilità precontrattuale si atteggia a presidio del più generale interesse di ordine economico a che sia assicurata la serietà dei contraenti nelle attività preparatorie e prodromiche al perfezionamento del vincolo negoziale. Lo stesso dicasi per la responsabilità precontrattuale applicata al procedimento pubblicistico, che costituisce parte integrante delle trattative e non si colloca al di fuori di esse, come riteneva l’ormai superata concezione binaria dell’evidenza pubblica.

Leggendo in maniera sistematica i principali orientamenti della giurisprudenza sia amministrativa che civile sul tema, la Plenaria evidenzia che, affinché l’affidamento sia qualificabile come legittimo, occorre che il livello di definizione delle trattative abbia reso la conclusione del contratto uno “sbocco prevedibile”.

Nel caso specifico della procedura di gara non assume rilievo dirimente l’emanazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva, bensì il concreto grado di sviluppo raggiunto dalla singola procedura al momento della revoca.

Tali coordinate consentono alla Plenaria di meglio perimetrare i tratti caratterizzanti l’affidamento meritevole di tutela. In primo luogo, deve essere “ragionevole” e non inficiato da colpa. Diversamente, la conoscenza o conoscibilità di una causa di invalidità del contratto “delegittimerebbe” il concorrente a confidare nella positiva

conclusione delle trattative. Inoltre, pur temperando l’approccio assolutizzante della Sezione rimettente – improntato a una logica automatistica – la Plenaria prende atto che l’elemento della colpevolezza dell’affidamento è diversamente modulabile a seconda che l’annullamento dell’aggiudicazione sia disposto d’ufficio dall’amministrazione ovvero in sede giurisdizionale. Ipotesi quest’ultima contraddistinta dal fatto che il beneficiario assume la qualità di controinteressato nel giudizio di annullamento ed è posto nelle condizioni non solo di conoscere la possibile illegittimità degli atti amministrativi e prevedere il conseguente annullamento del provvedimento a sé favorevole ma anche di avversare l’altrui ricorso. Il che non impedisce a priori il configurarsi di un affidamento tutelabile ma implica che sia ipotizzabile solo prima della notifica dell’atto introduttivo del giudizio.

Trasposte nel caso concreto le surriferite direttrici ermeneutiche, la Plenaria esclude qualsivoglia addebito di responsabilità in capo al Comune, atteso che l’originaria aggiudicataria definitiva, in qualità di controinteressata nel giudizio di annullamento, «oltre ad acquisire consapevolezza della caducità del provvedimento conclusivo a sé favorevole, ha inoltre potuto difendere la legittimità delle clausole del bando di gara che hanno comportato l’esclusione dell’altro concorrente».

Argomento: affidamento
Sezione: Adunanza Plenaria

(Cons. St., Ad. Plen., 29 novembre 2021, n. 21)

Stralcio a cura di Rossella Bartiromo

"[…] L’affidamento nella legittimità dei provvedimenti dell’amministrazione e più in generale sulla correttezza del suo operato è riconosciuto dalla risalente giurisprudenza di questa Adunanza plenaria come situazione giuridica soggettiva tutelabile attraverso il rimedio del risarcimento del danno. L’affermazione di principio può essere fatta risalire alla sentenza del 5 settembre 2005, n. 6[…] Sul presupposto che nell’applicare le norme sull’evidenza pubblica quest’ultima è anche soggetta alle «norme di correttezza di cui all’art. 1337 c.c. prescritte dal diritto comune», e malgrado la legittimità dell’intervento in autotutela, l’Adunanza plenaria ha riconosciuto il risarcimento per la lesione dell’affidamento maturato dall’aggiudicataria sulla conclusione del contratto, una volta che la sua offerta era stata selezionata in gara come la migliore ed era stato emesso a suo favore il provvedimento definitivo. Negli stessi termini l’Adunanza plenaria si è più di recente espressa con la sentenza 4 maggio 2018, n. 5. 3. Secondo i principi formulati nei precedenti ora richiamati, le regole di legittimità amministrativa e quelle di correttezza operano su piani distinti, uno relativo alla validità degli atti amministrativi e l’altro concernente invece la responsabilità dell’amministrazione e i connessi obblighi di protezione in favore della controparte. Oltre che distinti, i profili in questione sono autonomi e non in rapporto di pregiudizialità, nella misura in cui l’accertamento di validità degli atti impugnati non implica che l’amministrazione sia esente da responsabilità per danni nondimeno subiti dal privato destinatario degli stessi. […]  4. Più di recente la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha statuito, con affermazione di carattere generale, che l’affidamento «è un principio generale dell’azione amministrativa che opera in presenza di una attività della pubblica amministrazione che fa sorgere nel destinatario l’aspettativa al mantenimento nel tempo del rapporto giuridico sorto a seguito di tale attività» (Cons. Stato, VI, 13 agosto 2020, n. 5011). Pur sorto nei rapporti di diritto civile, con lo scopo di tutelare la buona fede ragionevolmente riposta [continua ..]

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