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Assegnazione della sede di servizio ai vincitori di concorso pubblico: deroga al principio del rispetto dell´ordine di graduatoria per i soggetti in possesso dei requisiti di cui all´art. 33, comma 3, L. 104/1992

Luigi Nicola Carafa.

Con la pronuncia in discorso il Consiglio di Stato, Sez. III, conferma la netta posizione assunta in precedenza con sentenza del 27 luglio 2020, n. 4779. 

La questione attiene, nell’ambito dell’assegnazione delle sedi di servizio ai vincitori di concorso pubblico, al rapporto tra il principio del rispetto dell’ordine di graduatoria (art. 28 c. 1 D.P.R. n. 487/1994, a norma del quale “Le amministrazioni e gli enti interessati procedono a nominare in prova e ad immettere in servizio i lavoratori utilmente selezionati, anche singolarmente o per scaglioni, nel rispetto dell'ordine di avviamento e di graduatoria integrata”) e quanto disposto dall’art. 33 c. 5 L. n.104/1992 (“Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”).  

Occorre premettere che l’art. 21 c. 1 L. 104/1992, rubricato “Precedenza nell'assegnazione di sede”, fonda il diritto di scelta prioritaria della sede di servizio (nonché, al comma 2, di trasferimento) per i cd. “titolari di L.104 propria”: tale circostanza ha in passato indotto parte degli interpreti a ritenere che l’art. 33 c. 5 della medesima legge (riferito ai c.d. “titolari di L.104 familiare”, di cui al c. 3, stesso articolo), stante l’assenza di qualsiasi riferimento all’assegnazione della sede, contemplasse esclusivamente la fattispecie del diritto al trasferimento. 

Il riferimento testuale “ove possibile”, peraltro, evidenzia chiaramente che – a differenza del disposto ex art. 21 cit. – trattasi, in questo caso, di interesse legittimo e non di diritto soggettivo. 

La problematica indicata riveste un particolare interesse, tenuto conto del mutamento di indirizzo nella giurisprudenza di settore.  

Una importante pronuncia, ormai risalente (Cons. Stato, Sez. IV, n. 5603/2011), assegnava specifico rilievo al predetto art. 28 c. 1 del D.P.R. cit.: sulla base di tale norma, il giudicante evidenziava, infatti, che “(…) Il criterio dell'assegnazione delle sedi di concorso ai vincitori secondo l'ordine di graduatoria assurge dunque al rango di principio normativo generale della materia che, quindi, opera anche nei casi in cui non sia espressamente previsto dal bando. In conseguenza, la scelta della sede tra quelle non ancora occupate da chi lo precede, è un legittimo interesse giuridico del vincitore. Eventuali deroghe al principio di cui sopra possono essere ammesse tra vincitori ex aequo: 1) a condizione che siano erano espressamente contemplate ab initio nel bando di concorso e con alterino la par condicio in senso sostanziale tra i concorrenti; 2) nel caso di cui all'art. 5 del regolamento n. 487/1994 concernente "i titoli che danno luogo a precedenza o a preferenza a parità di punteggio (da presentarsi con le modalità di cui al successivo art. 16); 3) quando un certo numero di sedi siano destinate -dal bando in base a disposizione normative- a particolari "quote riservatarie" di posti in favore di determinate concorrenti da collocarsi nell'ambito di una separata graduatoria svincolata dalla graduatoria generale. In altre parole, in sede di assegnazione delle sedi ai vincitori di concorso la P.A. non ha alcun potere discrezionale di "gestione", in quanto si tratta di un tipico procedimento concorsuale come tale strettamente regolato dal bando. Deve dunque essere escluso che (…) l'Amministrazione possa legittimamente derogare alla tassatività dell'ordine di graduatoria (…). Parimenti erronea è la sentenza sul punto concernente il rigetto della censura riguardante l'applicazione, nel caso, dell'art. 33 comma 5 l. 5 febbraio 1992 n.104. Al riguardo basti ricordare che il diritto di scelta della sede di lavoro, assicurato al lavoratore che assista con continuità un familiare handicappato convivente, non costituisce un titolo preferenziale o una prelazione (…), e non consente mai di sovvertire l'ordine di assegnazione delle sedi secondo la graduatoria finale. La norma (…) prevede (…) che l'esercizio del relativo diritto concerna esclusivamente posti di lavoro vacanti, ulteriori rispetto a quelli assegnati ai vincitori (…)”.  

All’indirizzo in questione aveva successivamente aderito il TAR Lazio, Sez. I-bis, Ord. n. 1035 dell’11.02.2019, pur avendo sottolineato la “non univocità degli orientamenti giurisprudenziali della questione”; nonché, dopo qualche mese, la Sez. I con sentenza del 27.05.2019.  

Il ricorso al Consiglio di Stato per la riforma di tale ultima pronuncia forniva l’occasione alla Sez. III (sent. n. 4779 del 27.07.2020) di prendere una netta posizione, in contrapposizione all’orientamento in precedenza sposato dalla Sez. IV. In particolare, il giudicante denunciava l’erroneità tanto dell’assunto per cui l'assegnazione delle sedi dovesse avvenire secondo l'ordine di graduatoria (considerato quale principio normativo generale della materia), quanto del ritenere inderogabile tale criterio, in relazione alle assegnazioni delle sedi di servizio disposte ai sensi dell'art. 33 c. 5, L. n.104/1992: “[…] 7.3. È tuttavia evidente l'erroneità di un simile assunto (…) se inteso in modo tanto radicale e aprioristico (…), perché l'ordine della graduatoria, pur avendo valenza generale in materia, non è assolutamente inderogabile né può ritenersi impermeabile (…) alle prevalenti esigenze di salute che (…) possono giustificare l'agevolazione di cui all'art. 33, comma 5 (…) e l'attribuzione anche della prima sede al dipendente che presti assistenza ad un parente o affine afflitto da handicap grave. 7.4. Se è vero infatti che l'art. 33, comma 5 (…), a differenza dell'art. 21 (…), non configura un diritto assoluto alla scelta della sede più vicina al domicilio della persona da assistere (…), tuttavia il suo esercizio (…) non può essere subordinato in modo perentorio alle esigenze dell'ordine stabilito in graduatoria, addirittura assurta al rango di principio inderogabile, giacché l'esercizio di tale facoltà di scelta, in quanto agevolazione per la persona malata e non certo privilegio per il parente che l'assiste, deve essere possibile (…), tanto al momento dell'assunzione e quindi, all'esito di una procedura concorsuale, sulle sedi destinate ai vincitori, che in costanza di rapporto (…). 7.5. Si tratta di un elementare principio di civiltà giuridica, che non intende certe scardinare il principio meritocratico (…) (art. 97 Cost.), ma che vuole preservare (…) le (…) aspettative di quanti abbiano una reale esigenza di assistere un parente gravemente malato, in nome di un superiore principio solidaristico, che è componente essenziale del diritto alla salute (artt. 2, 3, secondo comma, e 32 Cost.), senza che l'opposto ragionamento, inteso a privilegiare in modo aprioristico l'ordine della graduatoria (…) venga a concretizzare un atteggiamento persino discriminatorio (…) contro il dipendente che abbia esigenza di assistere un parente malato. 7.6. Questo Consiglio di Stato (…) ha ribadito il proprio costante e risalente orientamento - contraddetto solo da isolate e non condivisibili pronunce (…) - secondo cui la disciplina della L. n. 104 del 1992 trova fondamento nei principî di solidarietà sociale, di rango costituzionale, e ha carattere derogatorio rispetto alla ordinaria regolamentazione dell'assegnazione delle sedi di servizio ai dipendenti, sia in via di prima assegnazione che di successivo trasferimento (…). Spetta certo agli specifici ordinamenti settoriali e (…) alla contrattazione collettiva (…) disciplinare nel dettaglio l'assegnazione preferenziale del posto al dipendente, che vanti un'esigenza come quella protetta dall'art. 33, comma 5 (…)”.  

L’analisi della citata pronuncia rivela un deciso cambio di prospettiva da parte del Consiglio di Stato, rispetto alla sentenza n. 5603 del 18.10.2011: l’inquadramento della L. 104/1992 nell’ambito di un “superiore principio solidaristico, che è componente essenziale del diritto alla salute”, infatti, comporta che tale disciplina si imponga, con specifico riguardo all’art. 33 c. 5, “tanto al momento dell’assunzione (…) quanto in costanza di rapporto”. Ciò, tuttavia, non muta la natura della situazione giuridica soggettiva in esame, che rimane quella di interesse legittimo (a differenza del diritto assoluto scaturente dall’art. 21 L. n. 104/1992): a fronte della persistente rilevanza delle esigenze organizzative della PA, subisce – di converso – un evidente ridimensionamento il c.d. principio dell’ordine della graduatoria, oramai ritenuto un criterio pienamente passibile di bilanciamento (e soccombenza) in riferimento all’esercizio della prerogative riconosciute in forza dell’art. 33 c. 5, L. 104/1992. In conclusione, tale norma dovrebbe trovare applicazione immediata e diretta anche laddove non espressamente inserita tra le regole disciplinanti il concorso, secondo la regola dell’eterointegrazione del bando ex art.1339 c.c. (in linea con Consiglio di Stato, Sez. III, 14.06.2018, n. 3681).  

L’orientamento descritto viene confermato dalla pronuncia n. 1331 del 15.02.2021, in discorso, la quale ribadisce che il diniego della P.A. alla richiesta di scelta prioritaria della sede, da parte del vincitore di concorso titolare di L. n.104/1992 ex art. 33 c. 5, possa ritenersi legittimo solo in presenza di motivate esigenze organizzative; di converso, un aprioristico diniego basato sul rispetto del principio dell’ordine della graduatoria risulta senz’altro passibile di censura, in quanto contrastante con una normativa (L. n. 104/1992) avente fondamento nel principio, di rango costituzionale, della solidarietà sociale. E dunque, nell’ambito dell’assegnazione delle sedi di servizio ai vincitori di concorso pubblico, deve ritenersi senz’altro rientrante nella piena discrezionalità dell'Amministrazione la considerazione delle situazioni personali di coloro che versano nelle condizioni di cui all’art. 33 c. 3 L. n.104/1992, e – nello specifico – delle relative preferenze. 

Argomento: concorso
Sezione: Consiglio di Stato

(Cons. St., sez. III, 15 febbraio 2021, n. 1331) 

Stralcio a cura di Luigi Nicola Carafa

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5.1.- L'art. 33, comma 5, L. n. 104 del 1992 dispone che il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità (coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero a talune condizioni anche entro il terzo grado) ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere (che non sia ricoverata a tempo pieno) e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.  Il diritto di scelta della sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere si atteggia indubbiamente quale "interesse legittimo", in quanto l'inciso "ove possibile" attribuisce al datore di lavoro la discrezionalità di verificare la compatibilità dell'interesse del dipendente ad assicurare continuità assistenziale al familiare con le esigenze organizzative ed economiche dello stesso datore di lavoro, che segnatamente nel caso di rapporti di lavoro pubblico si configurano come interessi pubblici.  5.2.- La norma trova applicazione sia in caso di trasferimento del dipendente, sia in caso di prima assegnazione: nessun discrimine in tal senso è contenuto nella lettera dell'art. 33, comma 5, della L. n. 104 del 1992 e non rappresenta un ostacolo il fatto che si tratti di un "interesse legittimo" e non di un "diritto soggettivo" (Consiglio di Stato sez. III, 10/11/2015, n.5113; Cassazione civile sez. lav., 03/08/2015, n.16298).  La giurisprudenza favorevole alla applicabilità del beneficio anche in fase di prima assegnazione ha rilevato anche che "la necessità di garantire l'avvicendamento del personale non può costituire valida ragione per ledere il preminente diritto all'assistenza spettante al disabile" (Consiglio di Stato n. 5113/2015 cit.).  In qualche caso, è stato solo richiesto che l'assistenza continuativa fosse già in atto al momento dell'assunzione e della assegnazione alla prima sede di servizio escludendo che la necessità dell'assistenza si concretizzi successivamente all'assegnazione suddetta (Consiglio di Stato sez. VI, 22/06/2011, n.3759).  5.3.- Neppure, ad avviso del Collegio, può rappresentare un limite invalicabile all'applicazione dell'art. 33, comma 5, in fase di prima assegnazione della sede di servizio, "la natura, evidentemente funzionale e temporanea del beneficio riconosciuto al familiare del disabile", come [continua ..]

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