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Servitù prediali di parcheggio. Le Sezioni Unite ne ammettono la costituzione mediante convenzione in presenza di tutti i requisiti dello ius in re aliena
Emanuela Esposito
La Suprema Corte, nella sua più autorevole composizione, con la sentenza n.3925, ha posto fine all’annoso dibattito della configurabilità e liceità della servitù prediale di parcheggio enunciando che “lo schema previsto dall’art. 1027 c.c. non preclude la costituzione, mediante convenzione, di servitù avente ad oggetto il parcheggio di un veicolo sul fondo altrui purché, in base all’esame del titolo e ad una verifica in concreto della situazione di fatto, tale facoltà risulti essere stata attribuita come vantaggio in favore di un altro fondo per la sua migliore utilizzazione e sempre che sussistano i requisiti del diritto reale e in particolare la localizzazione”.
Nel caso di specie, con atto pubblico veniva costituita una “servitù di parcheggio temporaneo, transito e manovra di automezzi in genere” a favore di un fondo adiacente, e, successivamente, l’acquirente del fondo servente contestava la validità della servitù, e, ritenendola priva dei requisiti di legge, chiedeva la nullità del contratto. Il Tribunale e la Corte d’Appello di Venezia rigettavano la domanda, affermando la sussistenza nell’atto costitutivo dei requisiti tipici della servitù (specificità, determinatezza e inseparabilità rispetto ai fondi dominante e servente). Avverso tale sentenza il proprietario del fondo servente proponeva ricorso alla Corte di Cassazione, che ha portato alla pronuncia delle Sezioni Unite.
Preliminarmente, giova ricordare che, ai sensi dell’art.1027, c.c., la servitù prediale (dal latino praedium = fondo) consiste nel peso imposto sopra un fondo (detto servente) per l’utilità di un altro fondo (detto dominante) appartenente a diverso proprietario. Si tratta di un diritto reale di godimento su cosa altrui, espressione dell’elasticità del diritto di proprietà, che viene scisso nelle sue facoltà, in quanto alcune di queste vengono attribuite al titolare del diritto reale di godimento, senza che il proprietario del fondo dominante sia del tutto esautorato del suo potere.
La servitù prediale presenta, inoltre, precisi caratteri: altruità della cosa (trattandosi di “ius in re aliena”); utilitas, cioè il vantaggio che il fondo dominante trae dalla servitù che “può consistere anche nella maggiore comodità o amenità del fondo dominante (art.1028, c.c.)”; assolutezza (tale cioè da creare una situazione erga omnes, esercitabile in termini di vero e proprio possesso; immediatezza (non necessita dell’altrui cooperazione); inerenza al fondo (il diritto di servitù è opponibile a tutti coloro che vantino diritti sui fondi potenzialmente configgenti con la servitù a prescindere dunque dalle modificazioni soggettive nella sua titolarità); specificità o determinatezza, localizzazione (intesa quale individuazione del luogo di esercizio della servitù affinché non si incorra nella nullità del contratto per indeterminatezza dell’oggetto o per svuotamento di fatto del diritto di proprietà).
Le servitù possono essere costituite ai sensi dell’art. 1031 c.c. volontariamente o, in alcuni casi, sono imposte dalla legge (cc.dd. “servitù legali” o “pubbliche”) o dall’autorità (cc.dd. “coattive”). Mentre quest’ultime sono tipiche e nominate, è discusso se nelle servitù volontarie la tipicità riguardi solo lo schema di cui all’art. 1027 c.c. – lasciando la determinazione del contenuto/utilità del diritto all’autonomia contrattuale delle parti -, ovvero anche la c.d. utilitas.
Secondo i principi generali, l’autonomia privata è ristretta alla scelta tra i diritti reali previsti dalla legge (c.d. numerus clausus) e nei limiti del contenuto essenziale da questa delineato (tipicità), e, dunque, pur essendo ipotizzabili molte forme di rapporti relativi al godimento dei beni, non tutte configurano diritti reali. La volontà privata non può creare nuove figure di diritti reali, in quanto l’atipicità può riguardare il contenuto ma non attenere al tipo.
Il principio della tipicità dei diritti reali, pertanto, nell’ambito delle servitù, assume una certa elasticità, nel senso che la volontà dei privati, entro il tipo, lo schema, della “servitù”, può in concreto stabilire una serie indefinita di vincoli reali, corrispondenti a diverse utilizzazioni e, quindi, a diversi contenuti (ex art. 1027 c.c.): in altre parole, il tipo regolato dal codice è la servitù, ma non anche la singola servitù, che può essere anche non nominata dalla legge. I privati, infatti, possono perseguire interessi meritevoli di tutela, nella libera autonomia contrattuale, definendo e configurando, in base alle necessità, il peso imposto al fondo servente cui è correlato il vantaggio per il fondo dominante.
In tale contesto descrittivo, si pone la discussione relativa alla possibilità di costituire, mediante contratto con effetti reali, una servitù prediale avente ad oggetto un parcheggio per veicoli. In altre parole occorre valutare se la facoltà di parcheggiare l’auto può essere considerata un “utilitas” per il fondo dominante (cui deve corrispondere il peso per il fondo servente).
Tradizionalmente la Corte di Cassazione, ha negato la possibilità di costituire servitù di parcheggio, in quanto difetterebbe il requisito della “realitas”, intesa come inerenza al fondo dominante dell'utilità, così come al fondo servente del peso, in quanto “la comodità di parcheggiare l’auto per specifiche persone che accedono al fondo, non può valutarsi come una utilità inerente al fondo stesso, trattandosi di un vantaggio del tutto personale dei proprietari" (Cass. n. 1551 del 2009). Il nostro ordinamento non prevede la facoltà, per i privati, di costituire servitù meramente personali (c.d. servitù irregolari), intese come limitazioni del diritto di proprietà gravanti su di un fondo a vantaggio non del fondo dominate, ma del singolo proprietario di quest’ultimo, e di conseguenza, tali accordi venivano inquadrati come diritti personali di godimento, privi di efficacia reale e opponibilità erga omnes.
A partire dal 2017, la giurisprudenza di legittimità registra, invece, un’inversione di tendenza perché, ammette, a certe condizioni, la costituzione della servitù di parcheggio, affermando che si configura il diritto reale di servitù solo se in base all'esame del titolo e ad una verifica in concreto della situazione di fatto, la facoltà di parcheggiare risulti essere stata attribuita come vantaggio in favore di altro fondo per la sua migliore utilizzazione. In questa prospettiva, il carattere della realità non può essere escluso: “è il caso del fondo a destinazione abitativa, il cui utilizzo è innegabilmente incrementato dalla possibilità, per chi sia proprietario, di parcheggiare l'auto nelle vicinanze dell'abitazione. L’utilità per le persone e l’utilità per i fondi non sono alternative, ma ben possono coesistere”.
È evidente, allora, che la verifica se ci si trovi in presenza di servitù di parcheggio o di diritto personale di godimento impone l'esame del titolo e della situazione in concreto sottoposta al giudizio, al fine di stabilire se sussistano i requisiti del ius in re aliena, sopra elencati.
Le Sezioni Unite, al fine di risolvere il contrasto giurisprudenziale sopra esposto, si sono pronunciate nel febbraio del 2024, superando l’orientamento restrittivo e, in linea con la giurisprudenza successiva al 2017, hanno aderito alla tesi favorevole della configurabilità, a determinate condizioni, della servitù volontaria avente ad oggetto un parcheggio per auto, enunciando il principio di diritto indicato in epigrafe.
La Suprema Corte, al fine di distinguere tra diritto reale e diritto personale di godimento, ha posto l’attenzione, soprattutto, su due requisiti indispensabili: il destinatario dell’utilità e la localizzazione. E’ necessario, affinché possa parlarsi di servitù, che dall’atto costitutivo risulti evidente che l’utilità si riferisca al fondo dominante e non alla persona e che sia dettagliatamente individuato il luogo di esercizio della facoltà di parcheggio, affinché non si incorra nella indeterminatezza dell'oggetto e nello svuotamento di fatto del diritto di proprietà.
L’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, valorizzando il concetto di tipicità strutturale, ma non contenutistico della servitù, esalta il fondamentale principio dell'autonomia negoziale (art. 1322 cc) che, ovviamente, non sfocia in una libertà illimitata, in quanto dovrà sempre confrontarsi con il limite della meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti.
Letta in quest’ottica, la sentenza in esame riveste un ruolo fondamentale nell’evoluzione e modernizzazione del diritto civile, in quanto evidenzia la capacità degli istituti giuridici di adattarsi alle mutate esigenze sociali e segna un punto di svolta significativo nella disciplina delle servitù prediali.
Sezione: Sezioni Unite
(Cass. Civ., Sez. Un., 13 febbraio 2024, n. 3925)
Stralcio a cura di Giorgio Potenza
Keywords: predialità - servitù di parcheggio - utilitas