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L'e-mail non contestata ha valore di piena prova del patto aggiunto al contratto

Francesca Lucia Maria Racioppi

La tematica concernente l’efficacia probatoria delle comunicazioni elettroniche, con precipuo riferimento alle email c.d. "semplici" — ossia prive di posta elettronica certificata ovvero di firma digitale qualificata — continua a rappresentare un ambito di vivo interesse teorico e applicativo, specie allorché tali strumenti vengano utilizzati nell’ambito di rapporti contrattuali sottoposti a requisiti formali ad probationem.

In tale prospettiva si colloca l'importante intervento della Terza Sezione Civile della Corte di cassazione, la quale, con la sentenza n. 14046 del 21 maggio 2024, ha offerto un contributo interpretativo di rilevante spessore, volto a delineare i criteri cui deve attenersi il giudice di merito nella valutazione dell’idoneità delle comunicazioni elettroniche a integrare prova scritta, ai sensi e per gli effetti richiesti nei contratti che, come quello assicurativo ex art. 1888 c.c., necessitano della forma scritta ad probationem.

La pronuncia si segnala, oltre che per il rigore argomentativo, per la sua portata sistematica, poiché affronta il nodo — sempre più attuale alla luce dell’evoluzione tecnologica — del coordinamento tra la disciplina codicistica delle forme contrattuali e le previsioni contenute nel quadro normativo sull'amministrazione digitale.

La Corte, richiamando consolidati principi in tema di documenti informatici e firme elettroniche, ha ribadito che anche l’email semplice ovvero priva di sottoscrizione qualificata può, in astratto, assurgere al rango di scrittura privata, laddove sia possibile ricondurne il contenuto in modo certo ed inequivoco alla paternità dell’autore, sulla base di un complesso di elementi obiettivi e concordanti, valutabili ex art. 116 c.p.c.

Con tale arresto, la Suprema Corte mostra di voler adottare un approccio funzionalista e sostanzialistico, capace di valorizzare gli strumenti della prassi negoziale quotidiana, senza sacrificare le esigenze di certezza e affidabilità cui assolve la forma scritta nel contesto contrattuale.

IL CASO E LE DECISIONI DI MERITO

La vicenda trae origine dalla richiesta di indennizzo avanzata da un autotrasportatore in seguito al furto di medicinali veicolati in regime di copertura assicurativa. La compagnia, opponendosi al riconoscimento dell’indennizzo, invocava l’applicazione di una clausola contrattuale escludente la copertura per prodotti farmaceutici. Di contro, l’assicurato sosteneva che tale limitazione fosse stata successivamente superata mediante un’estensione della garanzia, concordata tramite uno scambio di email tra il proprio broker e un funzionario della compagnia assicurativa.

In primo grado, il Tribunale di Milano accoglieva la domanda dell’assicurato, ritenendo che la corrispondenza intercorsa, via email tra le parti, valutata nel contesto del comportamento complessivo da esse tenuto, fosse sufficiente a dimostrare l’intervenuta estensione della copertura assicurativa e, dunque, gli estremi di un accordo modificativo consensuale del contratto originario.

Di contrario avviso la Corte d’Appello di Milano, la quale, richiamando il disposto dell’art. 1888 c.c. — che esige la forma scritta ad substantiam per la validità del contratto di assicurazione e delle sue modificazioni — ha escluso che email ordinarie, prive di firma elettronica qualificata o digitale, potessero integrare una valida prova scritta. Il Collegio, aderendo a un’interpretazione formalistica della norma, ha ritenuto insussistente l’estensione della polizza, negando conseguentemente il diritto all’indennizzo.

LA QUESTIONE GIURIDICA SOTTOPOSTA ALLA SUPREMA CORTE

Il nodo interpretativo deferito alla Corte di Cassazione — già oggetto di riflessione nella precedente ordinanza interlocutoria n. 19394/2023 — concerneva l’idoneità di una email "semplice" a soddisfare il requisito della forma scritta ad probationem ex art. 1888 c.c. e,  più in generale, la sua efficacia probatoria alla luce del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’Amministrazione Digitale).

LA SOLUZIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Con la sentenza n. 14046 del 21 maggio 2024, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ha cassato con rinvio la decisione d’appello, censurandone l’approccio eccessivamente formalistico. La Corte ha ritenuto erronea l’esclusione aprioristica della rilevanza probatoria dello scambio di email, intercorso tra il broker dell’assicurato e il funzionario della compagnia assicurativa, motivata unicamente dalla mancanza di sottoscrizione digitale e dall’omessa verifica concreta delle caratteristiche del documento informatico in termini di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità, come richiesto dall’art. 20 del Codice dell’Amministrazione Digitale.

Nel dettaglio, l’articolato percorso motivazionale della Suprema Corte si snoda lungo quattro direttrici fondamentali:

  1. Natura giuridica della email: la Corte riconosce che l’email, anche se priva di firma elettronica qualificata, integra un documento informatico ai sensi dell’art. 2712 c.c. e, come tale, può costituire oggetto di prova nel processo civile.
  2. Effetto probatorio in assenza di contestazioni: la Corte ha chiarito che la contestazione sollevata dalla compagnia assicurativa circa la mancanza delle sottoscrizioni, ai sensi dell’art. 1888 c.c. concerne, esclusivamente, il profilo formale inerente la prova scritta, senza tuttavia configurarsi di per sé quale disconoscimento della provenienza o del contenuto dell’email ai sensi dell’art. 214 c.p.c. o del Codice dell’Amministrazione Digitale. Come puntualizzato dalla stessa Corte, infatti, “ … se non ne sono contestati la provenienza od il contenuto, [le email] formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate …”.
  3. Valutazione in caso di contestazione: anche in presenza di una contestazione specifica, riguardo alla provenienza o al contenuto, il documento informatico non può essere espunto dal compendio probatorio, senza che il giudice proceda a una verifica concreta della sua qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità.
  4. Criterio della libera valutazione: sia l'art. 20, comma 1-bis, del CAD (relativo all'idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta) sia l'art. 21, comma 1, del CAD (riguardante il valore probatorio del documento informatico con firma elettronica semplice) stabilivano, all'epoca dei fatti, che tale valutazione fosse "liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di [qualità,] sicurezza, integrità ed immodificabilità".

Di conseguenza, la Cassazione, in punto di diritto, ha statuito che: "la Corte d’appello non avrebbe potuto scartare in introitu, dal materiale probatorio, la e-mail (...) in base ai soli rilievi della pacifica carenza della firma elettronica qualificata o digitale o della mancata adozione dei modelli o stampati usualmente impiegati (...). Avrebbe certamente potuto giungere a tale risultato (...) ma solo all’esito delle puntuali valutazioni prescritte dagli artt. 20 e 21 d. lgs. 82/05 e, cioè, esaminando analiticamente le caratteristiche oggettive del documento informatico sotto il profilo: a) della qualità; b) della sicurezza; c) della integrità; d) della immodificabilità."

La Corte ha, infine, ribadito un principio di consolidata giurisprudenza, già affermato con la sentenza n. 18118 del 2022, secondo cui la forma scritta ex art. 1888 c.c. assume natura ad probationem e non ad substantiam. Ne discende che le modificazioni contrattuali possono validamente trovare prova anche mediante documenti diversi dalla polizza assicurativa, a condizione che tali mezzi siano idonei a dimostrare, con certezza, l’esistenza e il contenuto dell’accordo intervenuto tra le parti.

OSSERVAZIONI CONCLUSIVE E RICADUTE APPLICATIVE

La sentenza in esame riveste un ruolo di rilievo strategico nella definizione del valore probatorio delle email ordinarie, specie in ambiti, quale quello assicurativo, in cui la prassi contrattuale si avvale diffusamente di comunicazioni informali e non ritualizzate. La Suprema Corte, abbandonando un approccio formalistico, promuove una prospettiva sostanzialistica che valorizza l’effettiva riferibilità e attendibilità del documento informatico, anziché condizionarla a rigidi requisiti formali.

Ne consegue un obbligo, per il giudice di merito, di non escludere, in radice, la rilevanza probatoria delle email “semplici”, ma di sottoporle a un rigoroso esame critico fondato su parametri normativi puntuali, in linea con le disposizioni del Codice dell’Amministrazione Digitale. Tale indirizzo ermeneutico, oltre a garantire una più piena effettività della tutela giurisdizionale, offre alle parti e agli operatori del diritto un quadro interpretativo coerente con l’evoluzione delle modalità comunicative e di conclusione degli accordi nel contesto digitale contemporaneo.

Argomento: Del contratto
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. III, 21 maggio 2024, n. 14046)

stralcio a cura di Ciro Maria Ruocco

“(…) 3. - Con il secondo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2712 c.c., anche in relazione degli artt. 2702 e 1888 c.c., nonché “omessa pronuncia sui motivi che avrebbero potuto portare ad affermare il riconoscimento dell’efficacia di prova scritta e quindi di idoneità alla modifica estensiva della polizza assicurativa della e-mail inviata dal funzionario di […], in forza del principio della libera valutazione del giudice circa la sussistenza dei requisiti, anche in quanto scrittura non disconosciuta da […]”. Nella illustrazione del motivo il ricorrente (richiamando, come accennato, talune delle deduzioni già svolte a sostegno del primo motivo) deduce in sostanza che un messaggio di posta elettronica “ordinaria” costituisce ai sensi dell’art. 2712 c.c. un “documento informatico” che, se non disconosciuto, forma piena prova dei fatti in esso rappresentati. E poiché la provenienza della e-mail di estensione della copertura non era stata contestata, la Corte d’appello avrebbe dovuto ritenere soddisfatto il requisito della forma scritta. Le condizioni richieste dalla legge affinché un documento informatico potesse ritenersi uno “scritto”, idoneo a soddisfare il requisito della forma ad probationem del contratto assicurativo, erano stabilite all’epoca dei fatti di causa (novembre 2009) dagli artt. 20 e 21 del D.Lgs. 82/2005 (nel testo applicabile ratione temporis, cioè successivo al D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159, ed anteriore alle modifiche di cui al D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235). Tali norme distinguevano i documenti informatici sottoscritti con firma elettronica “semplice”, da quelli sottoscritti con firma elettronica “qualificata” o “digitale”. Il nostro caso riguarda un documento con firma elettronica “semplice”. Per questi documenti l’art. 20, comma 1-bis, D.Lgs. 82/05 stabiliva: “l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di (qualità,) sicurezza, integrità ed immodificabilità” (l’abrogazione del sostantivo “qualità”, sopravvenuta nelle more del [continua ..]

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