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E' legittimo il licenziamento del dipendente ritardatario

Roberto Landi

L’ordinanza de qua si innesta in materia di licenziamento per giustificato motivo soggettivo, legittimando il provvedimento espulsivo del lavoratore a cui venivano formalmente contestati reiterati ritardi, assenze ingiustificate (per omesso inoltro di certificazione medica), nonché la recidiva in ordine a sanzioni disciplinari conservative irrogate nel biennio precedente.

La misura irrogata risulta proporzionata alla condotta del dipendente, il cui modus operandi difetta della diligenza professionale confacente all’esercizio di un impiego. Difatti, il mancato rispetto dell’orario lavorativo configura un inadempimento contrattuale, la cui gravità è parametrata al ruolo ricoperto e alla durata dell’assenza ingiustificata dal posto di lavoro. Come rilevato dagli Ermellini, un siffatto contegno è sintomatico di inaffidabilità e di totale noncuranza delle disposizioni ricevuta, nonché “dei provvedimenti disciplinari di natura conservativa che [...] avrebbero dovuto costituire un campanello d’allarme, un’ammonizione a tenere comportamenti più corretti nel futuro”; pertanto, compromesso il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e dipendente, è integrato il giustificato motivo soggettivo che avalla il recesso datoriale ed il susseguente licenziamento disciplinare con preavviso[1].

Quanto al rilievo temporale degli addebiti, la Suprema Corte enuncia il seguente principio: “L’espressione adoperata dall’art. 7, ultimo comma, St. lav., secondo cui ‘Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione’, secondo il suo inequivoco tenore letterale, impedisce di far leva sui precedenti disciplinari dopo due anni dalla applicazione delle sanzioni e consente, al contrario, di tener conto e cioè di valutare detti precedenti entro il biennio ‘ad ogni effetto’, quindi anche ai fini della ‘contestazione’ disciplinare. La locuzione ‘ad ogni effetto’, per la sua ampiezza e per l’assenza di qualsiasi preclusione o limite, in nessun modo può essere letta come riferita al solo provvedimento di licenziamento, così da far coincidere, come preteso dall’attuale ricorrente, il dies ad quem del biennio con la decisione di recesso datoriale (n.d.r.)”.

Ciò premesso, la Cassazione, mutuando il decisum della Corte d’Appello, include la prima sanzione conservativa (nota del 9.1.2017, spedita il 10.1.2017) nella dinamica fattuale rilevante ai fini del licenziamento, fissando quale dies ad quem del termine biennale previsto dall’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori, la missiva di contestazione (10.1.2019), anziché l’intimazione del provvedimento espulsivo (4.2.2019).

La recidiva contestata sussiste proprio per effetto della decorrenza retrodatata del termine di cui supra dalla contestazione dell’addebito che legittima il recesso datoriale e non dell’adozione del provvedimento espulsivo.

[1] Peraltro, la reiterazione della condotta negligente non è elemento essenziale ai fini di una misura espulsiva, giacché anche un singolo ritardo – connotato da particolare rilievo e recante un vulnus significativo alla controparte datoriale – può rappresentare una giusta causa di licenziamento. In merito, la Corte di Cassazione ha confermato il licenziamento senza preavviso del ricorrente ritardatario, la cui inadempienza ha privato un istituto di credito del servizio di sicurezza per un considerevole lasso temporale (Cass. Civ., sez. Lav., 15 ottobre 2024, n. 26770).

Argomento: Del rapporto di lavoro
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. Lav., 11 novembre 2024, n. 28929) stralcio a cura di Giovanni Pagano

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“1. La Corte d’appello di Napoli ha (…) rigettato l’impugnativa del licenziamento per giustificato motivo soggettivo intimatogli dalla – omissis – spa con lettera del 4.2.2019.   2. La Corte d’appello ha premesso che al Omissis con lettera del 10.1.2019, era stato contestato il mancato rispetto dell’orario di lavoro nei giorni 4, 12 e 24 dicembre 2018 nonché la recidiva in relazione ai provvedimenti irrogativi di sanzioni disciplinari conservative, con note rispettivamente del 9.1.2017, 20.2.2017 e 27.9.2018; ha ritenuto sussistente la recidiva; ha osservato che della prima sanzione conservativa (nota del 9.1.2017, spedita il 10.1.2017) si potesse tener conto ai fini del licenziamento dovendosi considerare quale dies ad quem del termine di due anni, previsto dall’art. 7, St. Lav., la lettera di contestazione (10.1.2019) e non il momento di adozione del provvedimento espulsivo; ha giudicato legittima la sanzione conservativa irrogata con nota del 27.9.2018 (per omesso invio di certificazione medica a giustificazione dell’assenza del 13.8.2018) e superflua la verifica della legittimità della sanzione applicata con nota del 20.2.2017, posto che l’art. 48, lett. g) del c.c.n.l. (…) consente il licenziamento con preavviso in caso di “recidiva in qualunque delle mancanze contemplate nell’art. 47, quando siano stati comminati due provvedimenti di sospensione…”; ha valutato la sanzione espulsiva proporzionata alla gravità della condotta contestata (mancato rispetto dell’orario) e alla recidiva, anch’essa contestata.   11. L’espressione adoperata dall’art. 7, ultimo comma, St. lav., secondo cui “Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione”, secondo il suo inequivoco tenore letterale, impedisce di far leva sui precedenti disciplinari dopo due anni dalla applicazione delle sanzioni e consente, al contrario, di tener conto e cioè di valutare detti precedenti entro il biennio “ad ogni effetto”, quindi anche ai fini della “contestazione” disciplinare. La locuzione “ad ogni effetto”, per la sua ampiezza e per l’assenza di qualsiasi preclusione o limite, in nessun modo può essere letta come riferita al solo provvedimento di licenziamento, così da far coincidere, come [continua ..]

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